L’Egitto tra due fronti

ROMA – Bisognerà ancora attendere per sapere se la crisi in Egitto si sbloccherà davvero. Il contestatissimo presidente, Mohamed Morsi, dopo aver accettato di revocare il decreto con il quale aveva esteso i propri poteri, ne ha annunciato un altro molto simile e a riconfermato il referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre, che gli oppositori chiedevano di rinviare.

E con una mossa a sorpresa, ha ordinato all’esercito di assumere fin da oggi i poteri della sicurezza, incluso quello di arrestare i civili, in collaborazione con le forze di polizia, fino all’annuncio dei risultati referendari. Un decreto che avrà effetto subito.

Ancora una volta, i militari saranno centrali nell’evolversi della situazione sul campo. Un segnale inquietante è già arrivato: questa mattina  una squadriglia di F16 dell’Aeronautica ha sorvolato il centro del Cairo. E’ la prima volta che queste esercitazioni avvengono in pieno giorno e sul centro della capitale. E sabato scorso, il portavoce delle Forze Armate aveva avvertito: se non si aprirà un vero dialogo, il paese rischia il caos, noi non consentiremo una deriva violenta e difenderemo sempre la popolazione, ha detto.

La mossa di Morsi quindi potrebbe essere proprio rivolta a blandire un centro di potere importante, che dalla caduta del presidente Hosni Mubarak, si è mantenuto neutrale. Nei giorni scorsi, però, la guardia repubblicana schierata a difesa del Palazzo presidenziale, ha lasciato affluire fin sotto il muro la folla dei manifestanti, che contestavano Morsi. Bisognerà vedere quanto peserà la tradizione laicista dei vertici delle Forze Armate, formatisi sotto il regime di Mubarak. Al centro dello scontro, infatti, è il testo della nuova Carta, approvato da un’Assemblea controllata per l’80% dai partiti islamici, a cominciare dai Fratelli musulmani, che introduce la sharia, la legge basata sui principi fondamentali della fede islamica.
Il Fronte di salvezza nazionale, che raggruppa i principali movimenti di ispirazione laica, chiama tutti a boicottare il voto:  “Fare un referendum ora vuol dire spingere il Paese verso un’ondata di violenze”, hanno dichiarato i leader in conferenza stampa.
Ma gli islamisti non cedono. “Prima la Sharia” è lo slogan della manifestazione convocata da diversi movimenti, davanti al ‘Media Production City’ del Cairo per contestare quei talk show che “danneggiano il Paese”. Gli organizzatori chiedono di boicottare alcuni canali televisivi e giornali, citati uno per uno, accusati di posizioni anti islamiche. Una vera offensiva dal sapore censorio.

Morsi, intanto, con un’altra mossa finalizzata a riconquistare consenso, ha sospeso la raffica di aumenti delle imposte su oltre 50 beni, tra cui benzina, elettricità, cemento e sigarette. Tutti aumenti annunciati ieri in vista del 19 dicembre, giorno in cui è attesa la decisione finale del Fondo Monetario Internazionale su un prestito di 4,8 miliardi di dollari al governo egiziano. Un altro fronte di crisi per Morsi.

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