Iraq. Violenze in aumento. E il petrolio è sempre al centro

Nuova ondata di attentati in Iraq. Almeno 17 persone sono rimaste uccise nel terzo giorno di violenze che stanno ulteriormente destabilizzando il già precario clima politico e accelerano la crisi che affligge il governo di Nuri al Maliki.

Da martedì il bilancio delle vittime è di 76 morti tra cui un parlamentare sunnita.
La crisi si inscrive nel conflitto tra sciiti e sunniti e gli attentati sembrerebbero una risposta ad una serie di manifestazioni di protesta da parte delle comunità sunnite nei confronti dell’operato del governo centrale, di Maliki, sciita. L’attentato più sanguinoso è avvenuto a 60 km a nord di Baghdad, Dujail, dove un’autobomba è esplosa di fronte ad una moschea sciita e, secondo fonti locali, avrebbe provocato nove morti e 56 feriti. Nella città sciita di Hilla, a sud di Baghdad, invece è esplosa un’autobomba provocando altri 5 morti e 15 feriti. Anche la stessa capitale è stata teatro di attacchi , nella zona occidentale con un bilancio di due morti per un ordigno piazzato a margine di una strada- ad Hawija e a Kerbala. Un ufficiale di polizia invece è rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con un commando miliziano nell’area di Tuz Khurmatu, al nord.
E la preoccupazione cresce anche per la tensione in aumento tra il governo centrale iracheno e quello del Kurdistan, dove si trova lo strategico centro petrolifero di Kirkuk. gli accordi siglati direttamente dalla regione autonoma con alcune compagnie petrolifere non sono piaciuti a Baghdad non ha gradito che ha avvertito i curdi che il loro comportamento si sta facendo ‘pericoloso’ e pianifica misure per contrastarlo. In questo quadro si inserisce il nuovo accordo di British Petroleum che avvierà estrazioni lungo la linea di confine ma nella zona amministrata dal governo centrale dell’Iraq.

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