Banchieri con memoria e braccio corto

ROMA – Dopo aver letto che il presidente dell’Abi ha inviato una lettera ai top manager delle banche italiane per rammentare che il Fondo per il sostegno dell’occupazione nel settore del credito va alimentato anche con un contributo pari al 4% della retribuzione dei presidenti, degli amministratori e dei dirigenti apicali delle varie banche, ci viene spontaneo fare alcune considerazioni.

Infatti, se da un lato plaudiamo all’iniziativa del presidente Antonio Patuelli, peraltro assunta dopo varie sollecitazioni da parte delle organizzazioni sindacali, dall’altro non possiamo che sorprenderci di quanto “corta” sia la memoria e forse anche il braccio di chi il sistema bancario lo dirige.

La recente sottoscrizione del contratto, che inevitabilmente ha scontato la crisi gravissima che investe il Paese, ha sancito la creazione di un Fondo per l’Occupazione che nelle intenzioni delle Parti avrebbe dovuto essere alimentato attraverso un contributo proporzionale dell’intera categoria, affermando quindi per la prima volta un principio di solidarietà e sussidiarietà tra bancari e banchieri. Tuttavia, il fatto che tale contributo sia stato obbligatorio per coloro che percepiscono salari più bassi, rimanendo di fatto discrezionale per coloro che invece ricevono retribuzioni lorde annuali di alcune centinaia di migliaia di euro, ci fa comprendere come la tanto invocata applicazione del principio di equità lasci ancora molto a desiderare.

La lettera di “moral suasion”, resasi a quanto pare necessaria perché “l’andamento delle adesioni delle figure apicali alla contribuzione al Fondo Nazionale per il Sostegno dell’Occupazione nel settore del credito (F.O.C.) risulterebbe, allo stato, insufficiente rispetto alle attese”, dà la misura di come gran parte del management bancario quando fa riferimento a sacrifici necessari intenda sempre quelli degli altri ed in particolare dei lavoratori. Riteniamo quindi che accanto alla lettera del presidente dell’Abi, che ci auguriamo produca l’effetto sperato, vada sollecitato il senso di responsabilità e, perché no, anche il senso del pudore di chi, proprio perché alla guida delle aziende, deve dare un chiaro segnale a chi in quelle aziende quotidianamente ci lavora che almeno per una volta è in grado di far seguire alle parole e alle promesse i fatti.

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