Startup in Italia: il nuovo report 2025 del Politecnico di Milano fotografa un settore in crescita, ma ancora fragile

Il Circular Economy Report 2025 elaborato da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, presentato durante Ecomondo a Rimini, offre una fotografia aggiornata dell’ecosistema italiano dell’economia circolare. Secondo lo studio, nel 2025 sono circa 150 le startup attive in Italia nel settore, distribuite in modo tutt’altro che omogeneo sul territorio e con una forte concentrazione nel Centro-Nord.

La Lombardia guida la classifica accogliendo oltre il 30% delle realtà censite, seguita da Emilia-Romagna (11%), Piemonte (10%), Veneto e Puglia (entrambe al 7%). Un quadro che conferma il peso delle regioni più industrializzate e innovative, ma evidenzia anche quanto il Sud sia ancora marginale nel comparto.


Strutture leggere, ricavi limitati: lo stato dell’arte del settore

Il report mostra come la maggior parte delle startup circolari italiane operi con strutture organizzative snelle e flessibili. Quasi la metà non ha ancora dipendenti diretti (44% nel ciclo tecnico e 61% nel ciclo biologico), affidandosi in larga parte a professionisti esterni e consulenti. Oltre il 30% lavora invece in piccoli team, con un massimo di cinque dipendenti.

Il tema economico resta uno snodo critico: l’82% delle startup è ancora in fase di avviamento, con fatturati nulli o marginali. Solo il 18% ha superato la soglia dei 200.000 euro annui, identificata come il valore medio di produzione per impresa.


Finanziamenti: netto divario tra ciclo tecnico e ciclo biologico

Sul fronte degli investimenti, le differenze tra i due principali ambiti della circular economy sono evidenti. Le startup del ciclo tecnico – quindi attive su riciclo, upcycling, materiali, industria 4.0 circolare – hanno raccolto oltre 15 milioni di euro tra il 2020 e il 2025. Decisamente più modesti, invece, i finanziamenti destinati al ciclo biologico, che non superano i 2 milioni di euro complessivi.


Cosa significa tutto questo per il futuro della circular economy italiana?

Il quadro che emerge è quello di un settore vivace, giovane, in fase di sperimentazione, ma tutt’altro che consolidato. Le startup italiane dell’economia circolare mostrano creatività e capacità progettuale, ma devono ancora trasformare l’innovazione in scala industriale e reale valore di mercato.

La sfida dei prossimi anni dipenderà dalla capacità di:

  • attrarre capitali pazienti e specializzati,
  • uscire dalla logica della micro‐impresa,
  • creare filiere circolari stabili tra pubblico e privato,
  • beneficiare delle direttive europee che spingono sulla transizione ecologica.

L’Italia è già tra i Paesi più attivi in Europa sul piano del recupero dei materiali, ma il salto di qualità passerà inevitabilmente dalla scalabilità delle soluzioni startup-driven.

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