ROMA – «Lo scontro che si sta profilando» sull’articolo 18 «impone che abbiamo tutti molta generosità, mettendo da parte recriminazioni pur giuste, per realizzare la massima efficacia dell`azione da cui non ci attendiamo solo il ritiro di questa infame ‘riformà, quanto l`occasione per mandare definitivamente a casa Renzi: con l`azione parlamentare e con l`azione di piazza, con gli scioperi, spingendo la minoranza Pd a trarre le dovute conseguenze di quanto accade». Lo scrive Aldo Giannuli sul blog di Beppe Grillo in un post dal titolo «La battaglia per l’articolo 18».
«Renzi – si legge sul sito del leader del Movimento 5 Stelle – sta riuscendo dove non sono riusciti Monti e Berlusconi, lui, segretario del Pd, sta trattando la Cgil come uno straccio per la polvere: compagni del Pd cosa aspettate ad occupare le sedi e far sentire la vostra voce? O siete diventati tutti democristiani? Questo sarà uno scontro generale che avrà conseguenze che andranno molto oltre la questione in sé, esattamente come si pensa di fare dall`altra parte della barricata».
Secondo il blog di Grillo «il senso politico generale dell`operazione» che Renzi vuole fare con il Jobs act è di «avviare una nuova offensiva di ampia portata contro il lavoro e le sue garanzie. Dopo verrà l`attacco all`illicenziabilità della Pa, l`ulteriore taglio dei salari, l`ulteriore dequalificazione della forza lavoro e la definitiva espulsione del sindacato alle aziende. Tappe che vedremo succedersi rapidamente, una volta ottenuta la legittimazione di
una vittoria sulla questione dell`art. 18: quello che conta qui, più che la questione in sé, è la sua valenza simbolica».
«La Cgil oggi – ricorda il blog di Grillo – se ne lamenta, e si può capire, ma in fondo raccoglie quel che ha seminato: per tre anni è stata complice assidua delle sciagurate politiche rigoriste di Monti e di Letta, poi ha servito Renzi con zelo degno di miglior causa, sostenendolo massicciamente anche nelle ultime elezioni europee. Adesso riscuote il prezzo dei suoi servigi: viene licenziata come una colf, senza neanche i sette giorni di preavviso e da un Presidente del Consiglio che è anche il segretario del partito che loro votano».