Calipari, 9 anni fa moriva un superpoliziotto

L’agente del Sismi ucciso in Iraq il 4 marzo del 2005 dopo la liberazione di Giuliana Sgrena

MILANO – A Roma, i giardini interni dell’elegante e centrale piazza Vittorio Emanuele II, sono intitolati alla memoria di Nicola Calipari, ucciso da un militare statunitense il 4 marzo di nove anni fa dopo aver liberato la giornalista Giuliana Sgrena. La grande piazza ottocentesca si trova nel cuore del Rione Esquilino e i giardini che prendono il nome dell’alto funzionario del Sismi sono spesso pieni di bambini di varie etniche che giocano. Tra gli adulti sono pochi quelli che sanno chi sia quel Nicola Calipari.

Era un “superpoliziotto” che ha sacrificato la sua vita per salvarne un’altra. Negli Usa sarebbe stato immediatamente definito come un’eroe nazionale, un patriota. Nel nostro Paese, dopo le polemiche per la dinamica della sua morte, è calato sul funzionario un assordante e imbarazzante silenzio.

Nicola Calipari nasce a Reggio Calabria il 23 giugno 1953. Entra a far parte degli scout nel reparto “Aspromonte” del gruppo Reggio Calabria 1 dell’Associazione Scouts Cattolici Italiani (Asci). Dal 1965 segue tutto il percorso educativo fino a diventare, nel 1973, capo scout nei gruppi Reggio Calabria 1 e Reggio Calabria 3 Agesci. Laureato in giurisprudenza, nel 1979, si arruola in Polizia e diventa funzionario.

La sua carriera è rapida. Dal settembre 1979 al 1982 è nominato Commissario in prova, addetto alla Squadra Mobile prima e Dirigente della Squadra Volanti poi della Questura di Genova. Nel 1980 è collocato in aspettativa per svolgere il servizio militare. Dal 1982 al maggio 1989 ricopre vari incarichi fino a Dirigente della Squadra Mobile prima e Vice Capo di Gabinetto poi della Questura di Cosenza. Nel 1988 ha effettuato un periodo di missione di tre mesi per collaborare con la National Crime Authority australiana. Dal maggio 1989 al 1993 è in servizio alla Questura di Roma e dal 1993 al 1996 è Vice Dirigente della Squadra Mobile della Questura di Roma. Il suo rapporto con i giornalisti di cronaca nera è cordiale e sereno. Nel 1996 è Primo Dirigente della Questura di Roma e dal marzo 1997 al 1999 è Direttore del Centro Interprovinciale Criminalpol della Questura di Roma. Dal 1999 al novembre 2000 diviene Direttore della 3ª e della 2ª Divisione del Servizio Centrale Operativo (Sco) della Direzione Centrale per la Polizia Criminale. Dal novembre 2000 al marzo 2001 è Vice Consigliere ministeriale alla Direzione Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, di Frontiera e Postale del ministero dell’Interno. Dal marzo 2001 all’agosto 2002 Dirigente dell’Ufficio Stranieri della Questura di Roma. L’amministrazione della Polizia gli ha conferito molti riconoscimenti per le operazioni di polizia giudiziaria portate a termine in particolare, ad operazioni antidroga e di contrasto al traffico internazionale di armi.

Dopo oltre 20 anni di servizio in Polizia entra al SISMI nel 2002 e assegnato agli uffici operativi. Dall’agosto 2002 viene collocato in posizione fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, passando così al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare.

Successivamente diviene Capo della 2ª Divisione “Ricerca e Spionaggio all’Estero” del Sismi: di fatto si trattava del numero due nell’ambito operativo per le operazioni estere del Servizio d’intelligence (secondo solo al Direttore generale Nicolò Pollari) e viene assegnato alle operazioni in corso in Iraq. Diventa anche capo di una nuova organizzazione Smia (Sicurezza Militare Italiana Antimafia) ancora non approvato. Dopo la sua morte la Smia è decaduta ancor prima di incominciare.

Durante il suo incarico è responsabile, nei territori iracheni, per le trattative felicemente concluse per la liberazione delle operatrici umanitarie Simona Pari e Simona Torretta e dei tre addetti alla sicurezza Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio. Non si riesce invece a riportare a casa Fabrizio Quattrocchi ed Enzo Baldoni. È inoltre mediatore per la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, alla conclusione della quale viene ucciso da soldati statunitensi.

La sera del 4 marzo 2005 un’autovettura dei servizi segreti italiani con a bordo Giuliana Sgrena, l’autista Andrea Carpani e Nicola Calipari, giunta nei pressi dell’aeroporto di Baghdad, transita sulla “Route Irish” in direzione di un posto di blocco statunitense. La giornalista è stata appena rilasciata dai rapitori, a conclusione di una lunga trattativa condotta da Calipari, che aveva comunicato telefonicamente agli uffici del governo di Roma il felice esito dell’operazione, informando anche l’ambasciata.

La “Route Irish” è presidiata a causa delle frequenti azioni ostili nella zona (135 da novembre a marzo, per la maggior parte fra le 19 e le 21: ora in cui transitava l’auto del Sismi), e anche per il previsto passaggio dell’allora ambasciatore americano in Iraq John Negroponte. Approssimandosi alla zona vigilata, il veicolo è oggetto di numerosi colpi d’arma da fuoco; Calipari si protende per fare scudo col suo corpo alla giornalista e rimane ucciso da una pallottola alla testa. Anche la giornalista e l’autista del mezzo rimangono feriti. A sparare è Mario Lozano, addetto alla mitragliatrice al posto di blocco, appartenente alla 42ª divisione della New York Army National Guard. Altri soldati sono stati sospettati di aver partecipato alla sparatoria.

La vicenda ha creato forti attriti diplomatici fra Italia e Stati Uniti d’America, tanto che molti hanno subito richiamato la strage del Cermis (1998), che pure portò contrasti tra i due paesi, e la magistratura italiana ha aperto un’inchiesta sulla vicenda, incriminando il soldato Mario Lozano per l’omicidio di Calipari e il tentato omicidio di Giuliana Sgrena e dell’autista, Andrea Carpani, maggiore dei Carabinieri in forza al Sismi, entrambi rimasti feriti.

La differenza principale fra la versione italiana e Usa è costituita dalla velocità alla quale il veicolo italiano procedeva, che secondo gli statunitensi era di circa 100 km/h, mentre secondo gli italiani era di circa la metà. L’importanza di questo fattore risiede nella motivazione dell’azione dei soldati, che in caso d’alta velocità avrebbero potuto confondere l’auto con uno dei frequenti attacchi mediante auto-bomba.

Un’altra divergenza riguarda la richiesta di arresto del mezzo per controllo, che secondo gli statunitensi sarebbe stata operata correttamente, mentre secondo Giuliana Sgrena non vi sarebbe stata affatto, mancando la segnaletica e non essendovi stati cenni o altre indicazioni in questo senso. Secondo gli italiani le forze americane erano state correttamente avvertite; dall’altra parte si è ribattuto che gli italiani non avevano invece dato avviso alcuno delle loro attività nella zona.

La magistratura italiana ha tentato di processare il militare Usa ma il risultato è stato un umiliante nulla di fatto dinnanzi alla posizione di Washington: il soldato Lozano non può essere giudicato in Italia. Ecco l’inutile iter processuale.

La Procura della Repubblica di Roma il 19 giugno 2006 ha formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per il militare americano Mario Lozano, imputato per l’omicidio di Nicola Calipari e per il ferimento della giornalista Giuliana Sgrena. Il 25 ottobre 2007, la Terza Corte d’Assise di Roma ha prosciolto l’imputato Mario Lozano non potendo procedere per difetto di giurisdizione. La sentenza è stata successivamente impugnata dalla Procura di Roma avanti la Corte di Cassazione. Con sentenza del 19 giugno 2008, la Prima Sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura di Roma, confermando la mancanza di giurisdizione italiana sul caso.

 

Dopo la morte di Calipari la moglie Rosa Maria Villecco nel 2006 è stata eletta senatrice per il Partito Democratico.

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