Se adocchi all’asta un libro antico non è escluso che fra le sue pagine ingiallite non trovi un tesoro.
Ripiegata in otto, come un fazzoletto, e quindi ridotta alle proporzioni di un santino, ecco saltare fuori dall’oblio dei secoli un’incisione che risale al Seicento e che rappresenta una veduta altrettanto storica: l’eremo di Montevirginio, a pochi chilometri dalle rive del lago di Bracciano. (Dazebao ne ha parlato nel giugno di quattro anni fa in occasione di un restauro).
L’avventura l’ha vissuta un collezionista di Bracciano, Tiziano Santini, che ha fatto la sensazionale scoperta il 12 dicembre scorso: un regalo di Natale davvero fuori dell’ordinario.
L’incisione era fra le pagine di un libro del Seicento, un trattato sulla tortura, ma non ne faceva parte, perché di tutt’altro argomento: rappresenta, infatti, il “Sacro Eremo di Montecorvino”, riporta la data 1668 e la firma dell’incisore “G. Donck” dove G sta per Gerrit.
La data e la firma sono leggibili sulla cimosa della stoffa e quindi fugano ogni dubbio sulla sua autenticità. Ha la peculiarità di essere stampata su raso, cioè su una seta particolare che le conferisce riflessi che la carta non avrebbe dato. Scartato il libro sulla tortura, il collezionista ha acquistato l’incisione. Ora è custodita in una bacheca creata apposta, fra altri cimeli sacri o profani.
L’incisione rappresenta una veduta dell’edificio immerso fra i boschi e i campi coltivati. E’ dal 1668 che l’Eremo è un punto di riferimento della fede cristiana fra i castagni, le querce e i faggi del monte che nell’antico si chiamava Sassano e che da secoli prende il nome dal duca Virginio Orsini che in quella porzione del suo immenso feudo al confine fra le province di Roma e di Viterbo volle erigere e donare all’Ordine dei Carmelitani Scalzi un luogo di meditazione e di preghiera tuttora in attività. Nei giorni d’inverno di particolare luminosità dall’Eremo si vede la cupola di san Pietro, a Roma.
I primi eremiti di Montevirginio furono dieci. Così aveva stabilito Paolo Giordano, il figlio del duca Virginio che era morto improvvisamente nel 1615 senza poter vedere completata la fabbrica dell’Eremo. Nei secoli Montevirginio ha ospitato un numero sempre diverso di frati a seconda delle vicende terrene alle quali i suoi abitanti con il saio assistevano dalle inferriate delle cellette. Oggi sono rimasti in due, anzianissimi custodi di una regola che i Carmelitani avevano voluto fin dall’inizio più severa di quella degli altri ordini religiosi.
Oggi l’Eremo di Montevirginio fa ancora parlare di sé, con l’incredibile ritrovamento di un’incisione su seta che ne raffigura i contorni. Il raso è della stessa epoca dell’Eremo, sicuramente di fattura italiana, proviene forse dai laboratori tessili di Venezia o più probabilmente di Firenze (gli Orsini erano imparentati con i Medici).
A Bracciano, fino al 1682, era in attività la stamperia ducale di Giacomo e Andrea Fei, padre e figlio, che aveva stampato due libri determinanti per l’identificazione dell’incisione di Montevirginio: nel 1627 la Rosa Ursina di Juan Baptista de Lezana, consultore dei Carmelitani romani, (e che oggi si trova in un museo a New York) e la Reformatio Regolarium de’ Disciplina Religiosa stampato a Roma dai Fei nel 1645 con dedica al padre generale dei Carmelitani Gregorio Canali.
L’incisore Donck è autore anche di molti santini su carta pergamena e su stoffa, (una sua raccolta dedicata ad un santo gesuita è conservata presso l’università gesuita di Boston, negli Stati Uniti). E’ quindi probabile che l’artista fosse presente alla costruzione dell’Eremo. La stampa dell’incisione è stata prodotta da due lastre di rame incise, successivamente alla seta o altro tessuto pregiato, infine su carta.
L’incisione comprata all’asta è particolare: una simile ma stampata su carta è al nostro Archivio di Stato. Questa su seta è indubbiamente un esemplare preziosissimo, destinato ad un personaggio importante dell’epoca, certo un superiore dei carmelitani.
Il nostro collezionista, che da anni si dedica alla ricerca di reperti archeologici della zona di Bracciano, saputo dell’asta è corso a fare la sua offerta e se l’è portata via, sostiene soddisfatto, ad una cifra davvero contenuta: pare che i curatori dell’asta non conoscessero il valore dei quel fazzoletto di seta del Seicento, che ha tanta storia da raccontare.