“L’ultimo lupo”, la natura ha il suo grido. Recensione. Trailer

ROMA – Una pelle di lupo sventola, appesa a un palo, nella notte stellata. Si gonfia al vento della pianura. Sembra che l’animale sia a caccia, ingobbisca la schiena e spalanchi le zanne.

Pare si ribelli alla corda che lo lega al palo infitto tra le yurte, le tipiche tende, dei nomadi, nelle distese della Mongolia interna: una lotta per la libertà, per tornare a Tengger, il dio del Cielo, a cui appartiene da sempre. L’immagine, profonda e simbolica, è l’architrave poetica su cui si basa la più recente fatica cinematografica di Jean-Jacques Annaud, “L’ultimo lupo”. Un’evocazione suggestiva per un messaggio semplice ma carico di significato: la natura delle cose, il fondo ancestrale di ogni essere, non cambia. Al massimo, se le forze avverse hanno la meglio, muore e fa spazio ad altro. 

La storia ha inizio con il viaggio di Chen Zhen, giovane studente di Pechino, catapultato dalla Rivoluzione Culturale nel mondo crudele e selvaggio della Mongolia per trasferire la cultura cinese ai nomadi analfabeti. Le direttive delle civiltà comunista lo affidano, insieme a un amico della città, a una realtà che avrebbe dovuto correggere e che, al contrario, finirà per correggere le intransigenze di un’anima educata dalle rigide indicazioni della propaganda di Partito. Ciò che più di ogni cosa cambierà l’angusta mentalità di Chen è l’incontro con i lupi, gli animali più venerati della steppa. Spietati, intelligenti e fieri, vivono una vita di assoluta libertà, incuranti del rispetto per le opere dell’uomo perché soggetti all’unica legge che sentono propria: quella della natura. Così Chen, riconoscente dopo essere miracolosamente scampato a un branco famelico, salva un cucciolo dalla caccia spietata messa in atto dalle autorità cinesi. Ma comprenderà ben presto che il lupo non può sopportare catene, che la sua intransigenza nell’accudimento del cucciolo è un retaggio dell’educazione cittadina. E, infine, che l’essenza selvaggia e indipendente del predatore è la sola verità della steppa. 

Ne “L’ultimo Lupo” Annaud fa ricorso a tutte le risorse di una sapienza registica raffinata nel corso dei decenni. Catapulta lo spettatore negli sterminati paesaggi della Mongolia, veri protagonisti del film, tra inseguimenti e caccie, in scene di una complessità elevatissima. Da antologia l’inseguimento notturno del branco di lupi alla mandria di cavalli avvolti dalla tormenta di neve. Notevolissime anche le riprese, quasi documentaristiche, della vita animale. 

Lo spirito del libro da cui il film è tratto, quel “Totem del lupo” scritto da Lu Jiaimin nel 2004 sotto lo pseudonimo di Jiang Rong, emerge di prepotenza dalla trama dei paesaggi e dei primi piani, alternati con sapienza e misura. Il “Totem”, pubblicato nel 2004 e titolo più venduto nella Repubblica Popolare dopo il “libretto rosso di Mao”, ha attirato l’attenzione dello sconfinato pubblico cinese con la sottile critica alle storture della Rivoluzione Culturale e alle conseguenze ambientali di uno sfruttamento indiscriminato delle risorse della terra. 

  • DATA USCITA: 26 marzo 2015
  • GENERE: Avventura
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Jean-Jacques Annaud
  • SCENEGGIATURA: Jean-Jacques Annaud, John Collee
  • ATTORI: Feng Shaofeng, Shawn Dou, Ankhanyam Racchaam, Yin Zhusheng

FOTOGRAFIA: Jean-Marie Dreujou

  • MUSICHE: James Horner
  • PRODUZIONE: Edko Films, Loull Productions, Loull Productions
  • DISTRIBUZIONE: Notorious Pictures
  • PAESE: Cina, Francia

FORMATO: 3D

L’ultimo lupo – trailer

 

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