Ca’ Foscari Short Film Festival. Alka Sadat racconta le donne nel cinema in Afghanistan

VENEZIA – Il Ca’ Foscari Short Film Festival ha inaugurato la sua undicesima edizione con un programma speciale che tratta della delicata condizione delle donne nel cinema in Afghanistan.

Un programma dedicato all’Herat Women’s International Film Festival, capitanato dalle voci femminili della sua fondatrice Roya Sadat e della coordinatrice Alka Sadat che, presente sul palco dell’Auditorium, ha spiegato: “Il festival è stata un’esperienza che ha permesso a molte donne di entrare nei cinema per la prima volta, è diventato un’occasione per loro di uscire e partecipare alla vita culturale del paese, mostrando la vera vita delle famiglie afghane.” Fondato nel 2013, l’HWIFF è il più importante festival dell’Asia Centrale dedicato al cinema delle donne ed è proprio mediante l’atto cinematografico che il festival si fa garante e sostenitore di tematiche sociali quali la parità di genere, l’identità sessuale e la violenza domestica. Sadat ha spiegato come l’obiettivo fondante del festival sia di far risaltare la forza delle donne in diverse situazioni della vita, promuovendo un’immagine positiva di coloro che lottano con dignità per apportare cambiamenti nel proprio ambiente, concentrandosi in particolare sulle donne nel cinema. Il festival è un evento annuale in Afghanistan che riunisce in uno scambio intellettuale continuo registi, amanti del cinema e attivisti internazionali. Quest’anno, per le note motivazioni geopolitiche, il festival non si è potuto svolgere ma ho trovato voce negli spazi veneziani del Ca’ Foscari Short Film Festival con la preziosa presenza di Alka Sadat. 

Quest’ultima non solo è coordinatrice dell’HWIFF, ma dal 2006 ha anche debuttato alla regia con First Number, un documentario che le è valso la conquista dell’Afghan Peace Prize Tutto ciò non sarebbe però stato possibile senza la presenza della sorella Roya, in quanto: “è stata la prima regista donna in Afghanistan: all’inizio è stato difficile perché diverse persone che conoscevamo avevano paura di noi, non si sentivano sicure perché non accettavano che una donna facesse questo lavoro. Però negli anni hanno imparato ad accettarlo e di sicuro ora, anche con la situazione politica che si è creata, ci saranno nuovi movimenti a supporto di questo tipo di cinema, le persone hanno imparato a conoscerlo e ad accettarlo, hanno capito che il nostro cinema poteva essere qualcosa di utile per la nostra società.” 

In occasione della presenza della regista, lo Short ha proiettato il suo più recente mediometraggio documentario: Afghanistan Night Stories (2015). Per la realizzazione del documentario la regista ha raccontato di aver preso parte in prima linea alla vita di un battaglione di soldati afghani, cuore della resistenza contro i talebani, raccontandone con sguardo empatico speranze, paure, amori, nostalgie dei singoli soldati che da civili vengono catapultati, per motivi economici e ideologici, faccia a faccia con una dura e cruda realtà di guerra che risponde alle leggi di una dicotomica sopravvivenza. Il documentario è importante in quanto per la prima volta viene riportata sullo schermo la testimonianza diretta di una realtà che prima non aveva trovato né spazio, né voce. Se da un lato il documentario mostra le condizioni di sopravvivenza dei soldati afghani in lotta per difendere la propria appartenenza, dall’altro pone l’accento sul ruolo delle donne afghane. Una tematica che ha come esempio l’esperienza sul campo di Alka come donna lavoratrice in un contesto maschile.

Nel presentare il documentario al festival, Alka Sadat ha raccontato di come la presenza dei talebani abbia determinato la distruzione dei cinema su suolo afghano, impedendo scambi di idee e confronti continui di cui gli incontri culturali sono intrisi e marginalizzando sempre più il valore culturale delle donne. Alla luce di queste repressioni, il festival nasce come voce e specchio della società afghana, rendendo visibili le istanze e le necessità delle donne e si presenta quindi come una possibilità per le donne afghane di partecipare attivamente alla vita culturale del paese: “Con i talebani erano scomparsi i cinema dalle città afghane, e per molto tempo non si potevano creare momenti di incontro culturale, soprattutto per noi donne. Perciò ci è venuto in mente di creare un festival che portasse avanti le istanze e le necessità delle donne e di tutta la società afghana. Inizialmente non avevamo nessun supporto, abbiamo cominciato contando solo sulle nostre forze, ma poi vedere il festival crescere come uno dei più importanti del paese, e non solo, è stata una grande soddisfazione.” L’incontro si è concluso quindi con una grande celebrazione del potenziale catartico del cinema e della sua forza per diventare un mezzo di liberazione all’interno di un contesto oppressivo.

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