Joseph Tusiani si racconta. La sfida di una giovane regista e la storia del poeta delle due terre

Intervista  alla regista e produttrice Sabrina Digregorio

ROMA – In un panorama culturale in cui il declino inarrestabile sembra dietro l’angolo, s’intravede un raggio di sole, un gesto per impedire che il sipario cali per sempre sulle arti. Il 10 marzo presso la sala Trevi, a Roma si terrà l’anteprima nazionale del film-documentario “Finding Joseph Tusiani – the poet of two lands”, un’opera quanto mai interessante e fuori dal coro dei soliti blockbuster o film finanziati che costano milioni di euro e che non vedono mai la luce. L’opera fortemente voluta dalla regista e produttrice Sabrina Digregorio e che vede il sostegno della Regione Puglia e della Provincia di Foggia, narra l’affascinante percorso di vita e professionale del poeta Joseph Tusiani. Per molti questo nome potrebbe non evocare nulla e invece proprio dietro questa manciata di sillabe si cela un grande uomo e un eccellente poeta, capace di cambiare per sempre la cultura italiana e di donarle lustro nel mondo.

La sua produzione poetica in quattro lingue (italiano, latino, inglese e dialetto garganico) è talmente ampia che non basterebbe un articolo per citarla tutta. Ciò che colpisce di più del lavoro della Digregorio su Tusiani è la capacità di mettere in luce la grande sensibilità e genialità del poeta stesso, il documentario, infatti, non risulta noioso e melenso, ma anzi accompagna lo spettatore in un viaggio a ritroso attraverso la memoria e la metrica poetica, la poesia, infatti, nella sua massima potenza diventa il Virgilio di questa narrazione in cui destini, storia contemporanea e letteratura si mescolano in una commistione quasi commovente. Tra una battuta e l’altra si ripercorre la genesi della grande emigrazione ma si scopre anche un’intensa storia d’amore tra Frances Winwar (Francesca Vinciguerra) e lo stesso Joseph Tusiani, un’incontro memorabile e toccante fatto di affinità elettive e poesia che cambierà per sempre i loro destini. Proprio in occasione di una prova tecnica dell’anteprima che si terrà sabato 10 con l’intervento via Skype di Joseph Tusiani da New York e con quello in sala del giornalista Furio Colombo, abbiamo fatto alcune domande alla regista e produttrice Sabrina Digregorio.

Come sei venuta a conoscenza della fantastica storia di Joseph Tusiani e cosa ti ha affascinato fino a spingerti a realizzare un documentario?       
L’idea nasce fondamentalmente da una mia passione e ricerca per la letteratura di viaggio e di migrazione, leggendo letteratura biografica e diaristica e scoprendo autori e autrici come Helen Barolini, Louise de Salvo, Blake Morrison, John Fante. Sono autori strettamente legati all’esperienza dell’emigrazione, che derivano da quello “spezzamento” Heideggeriano, dalla frattura e dallo strappo dalla propria terra d’origine. Ho voluto estendere la mia ricerca per scoprire di più il mio contesto culturale d’origine, la Puglia, il Gargano. Così sono arrivata alla scoperta di Joseph Tusiani. Dopo aver scritto il concept, sono riuscita a contattarlo, ho esposto la mia idea, lui era molto contento, lo vedeva nuovo come genere… Ma mi disse: ”Sabrina ma lei lo sa che la poesia è la cenerentola delle arti e non ha molti ammiratori e sostenitori?” ed io risposi: ”Lei lo sa che la cultura, l’arte sono le cenerentole di tutti gli interessi e non hanno molti ammiratori e sostenitori? Consideri che prima ci sono il gossip e il calcio”. Abbiamo riso insieme e poi è cominciata quest’avventura.

Viviamo in una società in continua evoluzione, che spesso dimentica il passato e la memoria, e che di frequente non valorizza la cultura, considerandola un bene di lusso. In che modo, la tua opera su Tusiani e sulla poesia credi possa contribuire a cambiare questa visione distorta?
La scelta di raccontare un dramma umano, la storia di un poeta attraverso anche l’incontro di due linguaggi cosiddetti non verbali, la poesia e il cinema insieme, è un modo per tutelare la memoria storica emozionandosi.
Attraverso la forma dialogica, una struttura orizzontale per superare il vecchio modo di costruire lo storytelling non attraverso l’utilizzo della classica intervista, ho voluto raccontare la vicenda di quest’autore importantissimo. Noi scopriamo e ci emozioniamo scoprendo l’autore attraverso l’incontro che avviene tra due generazioni e culture diverse, Daiana Giorgi dialoga con lui, pone domande per scoprirlo e ci svela la sua biografia. Tutto questo attraverso la poesia che ha un vero potere evocativo, capace di evocare la vita e i vissuti.

La poesia diventa un inno alla vita, in un’atmosfera e in una luce intima e ricercata. La fotografia tanto lavorata con Daniele Baldacci ha un’importanza notevole, accompagna le emozioni e lo spettatore o lettore, coinvolgendolo in questo racconto narrativo. Questo è il potere della cultura. Troviamo un poeta e scopriamo un uomo che riesce con la sua sensibilità a spiegare un mondo sempre più difficile da comprendere. Devo dire che durante le riprese ci sono stati momenti di sospensione e di forte emozione. Ricordo dei momenti molto interessanti durante le riprese, dopo un reading nel buio del set, o durante la commozione di Daiana, eravamo tutti immobili, io osservavo nel monitor i movimenti fino a dare lo stop e notavo il sospiro di sollievo di tutti, dei tecnici, subito dopo lo stop. Ricordo un momento in cui tutti avevano le lacrime agli occhi e un po’ imbarazzati, guardavano per terra, cercando un proprio momento, chi raccogliendo cavi, chi adoperandosi per sistemare il set. È stato interessante e ho pensato ecco il potere evocativo della poesia della cultura. La cultura non è un lusso, è una risorsa inesauribile. Non è petrolio. La cultura in Italia è forse il brand più grande che abbiamo, un bene che va assolutamente tutelato. Bisogna imparare ad amare la cultura e a sostenerla. Ecco il caso di Joseph Tusiani, noto in Usa e poco conosciuto in Italia. Come dice Furio Colombo che interviene anche nel film: ”Credo che la cultura accademica e il giornalismo colto italiano dovrebbero domandarsi come hanno potuto crearsi un simile vuoto.”  

Guardando il tuo documentario, ci si accorge di come nonostante il fluire del tempo, alcune dinamiche non cambino, ma anzi continuino a essere uguali e immobili a se stesse, mi riferisco alla tematica dell’immigrazione e alla malinconica distanza dalla propria terra natale. Potremmo definire il tuo lavoro non solo documentario d’autore, ma anche documentario divulgativo?
Credo che sia il pubblico a giudicare, si d’autore sicuramente ma forse anche divulgativo o didattico. Potrebbe suscitare l’interesse degli studiosi e teorici della traduzione giacché Tusiani è uno dei maggiori traduttori internazionali. Potrebbe essere interessante per coloro che cercano nel cinema nuove forme di rappresentazione dei vissuti, delle storie e delle emozioni. Potrebbe interessare gli amanti della poesia e della letteratura dei due mondi che avrebbero modo di scoprire un autore davvero notevole. Ma tornando alla prima parte della tua domanda, sì le cose con il fluire del tempo cambiano. Cambiano i governi, le leggi, i doveri e addirittura i diritti, eppure respiriamo un immobilismo che realmente esiste. L’immigrazione e l’emigrazione causano uno “strappo” molto forte e doloroso. Credo che oggi, sia necessario riflettere sulle scelte e le responsabilità della nuova migrazione. È assolutamente necessario l’incontro tra le culture, un momento di crescita essenziale. Ma deve essere una scelta e non un obbligo, l’internazionalizzazione delle relazioni umane è differente dalla fuga dei cervelli, delle professionalità e nei casi più estremi dall’abbandono della propria terra per fame. Dovremmo chiederci quali responsabilità e politiche dell’accoglienza sono realmente messe in atto per superare questa condizione. Io credo che ci sia tanto caos, tanto movimento, ma in quest’affanno il risultato è assolutamente l’immobilismo e si tende a conservare biecamente lo stato delle cose senza sviscerare le reali relazioni umane, che siano di scambio economico, politico, sociale e culturale. Viviamo in una “società liquida” come dice Bauman.

La casa di produzione che hai fondato si chiama Atena Films, un omaggio alle donne e al talento femminile. È difficile essere donna e fare cinema indipendente in Italia?
Atena Films è la costruzione di una nuova etica. Ho scelto come emblema la dea della sapienza e delle arti, una soluzione per raccontare le nuove storie valorizzando anche la memoria storica. Spesso in Italia si dice che manca la cultura e il costume dell’impresa, lo stesso cinema non è questo, non è industria o impresa.  Ma credo che sia necessario prima di tutto capire chi intraprende la cultura e cosa fa. Si Atena Films è assolutamente una neonata. Ci sono le difficoltà, perché nasconderlo, ma è una realtà costruttiva positiva e tutta al femminile. Spesso la donna è vista in chiave subordinata. A mio avviso la stessa rappresentazione cinematografica deve vedere la donna come parte attiva e agente della storia e non in chiave voyeuristica. Abbiamo tanto cinema da grandi incassi che mostra le donne come merce e non come intelligenze, ma è anche vero, e in questo una breve polemica mi sia concessa, che a distanza di pochissimi mesi abbiamo avuto una serie di vicende politiche che sono state uno spiacevole racconto dell’universo femminile. Ma credo nel processo di decolonizzazione ed emancipazione, perché la società si costruisce con una cooperazione coordinata e non subordinata, per la determinazione delle intelligenze, delle eccellenze, delle donne e di sicuro anche degli uomini.

Quali sono i tuoi progetti futuri? So che stai lavorando a un documentario su Mark Kostabi, e che con molta probabilità ci sarà una presentazione del lavoro su Joseph Tusiani a New York. Puoi darci qualche anticipazione?
Sì, “Full Circle -The Kostabi Story”. È un film documentario su Mark Kostabi, autore molto singolare ritenuto, come tutti sappiamo, uno dei uno dei figli dell’America di Andy Warhol. Anche questo film è girato tra New York e l’Italia. Un mondo onirico abitato da critici internazionali e da personaggi come Suzanne Vega e Michel Gondry visti attraverso il “The Kostabi Show” e un importante Ornette Coleman. Stiamo terminando la postproduzione e contemporaneamente pensiamo a una prima nella grande mela di “Finding Joseph Tusiani”. Al momento ci stiamo coordinando con le realtà newyorkesi.

“Finding Joseph Tusiani – The poet of two lands” (promo of documentary film)

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