Venezia 80. Classici. “Bellissima” (1951) di Luchino Visconti

Un film di più di settant’anni fa nel cui cast trovi mezzo cinema italiano degli anni d’oro. A cominciare dal regista: Luchino Visconti al suo terzo film dopo Ossessione e La terra trema, due titoli che non gli avevano procurato molta popolarità fra le platee di quegli anni, i primi del dopoguerra, nei quali il pubblico mostrava di preferire lo svago all’impegno sociale. 

Lo stesso accadde con Bellissima che alla prima milanese non riscosse molto favore, anche perché negli stessi giorni con enorme successo usciva sugli schemi il Don Camillo diretto dal francese Duvivier, il primo della fortunata serie ispirata ai racconti di Mondo piccolo di Giovanni Guareschi. 

Curiosamente, il pubblico francese si trovò a ricambiare il favore decretando un successo incredibile quando, di lì a poco, il film di Visconti uscì nei cinematografi parigini. 

In Bellissima troviamo, dunque, un nervoso Visconti, che condivise la sceneggiatura con tre suoi degni pari: Cesare Zavattini, Suso Cecchi d’Amico, e l’allora giovanissimo ma promettente Francesco Rosi. E interpreti di vario genere, fra attori professionisti e amici del regista chiamati a interpretare sé stessi  nei rispettivi ruoli: il regista Alessandro Blasetti, con tanto di stivali e frustino com’era solito muoversi sul set, lo scenografo Mario Chiari, lo sceneggiatore Luigi Filippo d’Amico, il presentatore radiofonico Corrado Mantoni, il produttore cinematografico Mario Cecchi Gori.

La vicenda del film è nota: Maddalena Cecconi, guardarobiera nel night romano La rupe Tarpea nella via Veneto di quella Roma che di lì a dieci anni diventerà simbolo della felliniana dolce vita, ha una figlia di sei anni sulla quale riversa tutte le sue speranze di riscatto sociale. Torna a casa all’alba quando il marito ferroviere si sveglia per andare al lavoro, e quando legge su un giornale l’annuncio di una casa cinematografica che cerca una bambina per un ruolo in un film si convince che è un’occasione da non perdere. 

Con una tenacia che a stento nasconde la disperazione, irrompe a Cinecittà, ottiene che la sua insignificante figlioletta venga sottoposta ad un provino, cerca raccomandazioni o solo vaghe assicurazioni fra la gente del set, incontra Walter Chiari che nei panni di un losco individuo approfitta della situazione, osa l’inosabile fino al prevedibile, tristissimo finale che eleva il film da commediola di periferia a simbolo di un ambiente, di un’epoca, di un mondo  e ne fa una pagina fra le più rappresentative del nascente neorealismo. 

Le cronache mondane dell’epoca insinuarono un breve flirt fra la Magnani e Walter Chiari che aveva fama di sciupafemmine (la conquista più importante che gli fu attribuita era addirittura Ava Gardner, patinata diva hollywoodiana il cui fascino era lontano anni luce dalla bellezza corrusca di una Magnani in costante polemica con gli uomini che incontrava, dal marito Goffredo Alessandrini all’amante Roberto Rossellini, all’attore Massimo Serato e altri ancora. 

Considerazioni queste che riguardano la donna Nannarella più benevola con sé stessa di quanto si possa dire della esigentissima attrice Magnani che sia sul set cinematografico che sulle tavole del palcoscenico non ha mai concesso nulla al caso. E il suo ruolo in Bellissima, una madre coraggio ante litteram, ne è la dimostrazione.

Però, per quanto non fosse nelle più rosee speranze del regista in fase depressiva e tanto meno nei sogni dell’attrice che non era mai soddisfatta del proprio impegno, è con un film come questo, apparentemente modesto, che la Magnani si è imposta nel mondo. Pochi anni dopo, nel 1956, Hollywood le dette l’Oscar per La rosa tatuata. In Italia è stata la più amata dal nostro pubblico, anche se il cinema non le ha poi dato grandi soddisfazioni.

 Ha recitato fino all’ultimo, chiudendo una carriera di grande qualità con una piccola serie televisiva del 1971 che ai telespettatori dell’epoca fece rimpiangere la Nannarella di Risate di gioia, di L’onorevole Angelina, per non dire di Roma città aperta. E ha fatto tanto teatro accanto ai maggiori attori del tempo e sotto la guida dei migliori registi. Una vita sulla scena, per la Magnani, di cui Bellissima è forse il momento più alto, meritatamente riconosciuto fra i classici restaurati che la Mostra di Venezia   nell’edizione 2023 alterna ai film in concorso.

In “Bellissima” oltre  a Walter Chiari,  recitavano Tecla Scarano, Nora Ricci e la piccola Tina Apicella. 

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