Mercoledì 27 agosto al Palazzo del Cinema al Lido si aprirà l’82esima edizione della Mostra d’arte cinematografica della Biennale di Venezia. Il film scelto per l’inaugurazione delle proiezioni è La grazia di Paolo Sorrentino.
Ma del film si conoscono solo i nomi del regista e degli attori, nulla della storia che racconta, nulla del soggetto né della sceneggiatura: mistero assoluto. Uno strano modo di cominciare un festival: con il film del mistero!
D’accordo che ogni film è fantasia pura, tutta finzione e sullo schermo fa rivivere la “grande illusione”, come dal titolo del capolavoro di Jean Renoir del 1937 è nata la proverbiale definizione del cinema.
E dare un film segreto, oltretutto il favorito ad un premio importante, è impresa degna di un grande illusionista. Eppure, fino ad oggi, le cose stanno così.
Nulla si sa di che cosa tratta il nuovo film di Sorrentino. Il titolo, La grazia, non aiuta. Può essere di tutto: un film d’argomento religioso con una storia il cui protagonista riceve un aiuto celeste. Da bravo napoletano il regista è senz’altro devoto di san Gennaro, e potrebbe essersi affidato a lui per raccontare una vicenda surreale, di forte spiritualità.
Insomma, avrebbe girato il suo nuovo, attesissimo film, “per grazia ricevuta” come si legge sugli ex-voto affissi ai muri delle sacrestie e dei santuari. Oppure la “grazia” viene si dall’alto ma non dall’Altissimo: potrebbe essere una grazia giudiziale concessa da un capo di stato ad un povero diavolo nei guai con la giustizia. Insomma le ipotesi sono di segno opposto ma tutte poco convincenti.
Rimanendo alle poche notizie vere sfuggite alla ferrea regola del silenzio assoluto imposto dal regista ai suoi collaboratori durante e dopo le riprese, pare che si tratti di “una drammatica storia d’amore”. Un po’ poco ma meglio di niente.
Un particolare importante: lo rivela involontariamente durante un’intervista Efe Cakarel, fondatore di MUBI, il colosso dello streaming d’autore che si è aggiudicato i diritti mondiali per le vendite del film: secondo lui “La grazia è una storia d’amore nello stile di Truffaut, che Sorrentino sognava di fare da vent’anni”.
Siamo alle solite: quale maestro del cinema non ha un film nel cassetto che vorrebbe girare ma nessuno glielo ha mai permesso? Un nome per tutti: Federico Fellini. Il suo Viaggio di G. Mastorna è diventato proverbiale: un film mai girato ma sempre invocato.
Come famosi sono i sotterfugi ai quali il regista riminese ricorreva quando non voleva rivelare il contenuto del film che stava girando. Memorabili la telefonate di Angelo Rizzoli, il potente produttore meneghino, sui vari set di Fellini: “Ma insomma, Maestro, di che parla questo suo film? A me lo può dire, lo deve dire!” E Fellini, con la sua vocina suadente. “Commendatore, non si preoccupi, vedrà che quando è finito le piacerà”.
E il set di turno poteva essere quello di Otto e mezzo, di Roma, di Prova d’orchestra, di Satirycon, non faceva differenza: e mai Rizzoli riusciva a sapere come sarebbe stato il film che stava finanziando.
Con Sorrentino al posto di Fellini le cose non sono andate diversamente. Un piccolo indizio: si è saputo che il film è stato girato in Piemonte in particolare a Torino, con ripetute riprese al Castello del Valentino, a Palazzo Chiabrese, al Politecnico, al Museo Egizio, all’Accademia delle scienze dove il regista è stato particolarmente colpito dalla sala del Mappamondo. Un ciak è stato intravisto anche a Roma in piazza di Spagna.
Altre voci incontrollate insinuano che “il film è davvero qualcosa di speciale, di profondo, malinconico, e malvagiamente acuto nella sua contemplazione del potere, dell’influenza del peso della storia, il tutto raccontato con l’eleganza e l’arguzia di Sorrentino”. Così si è espresso uno della troupe che sembrava saperla lunga.
Qualcun’altro aggiunge: “Il film accenna a vicende politiche come gli ultimi giorni di un immaginario presidente italiano”. A farsi scappare questa generica allusione giudizio è uno della produzione, dell’entourage di Anna Maria Morelli, che produce i film per Fremantle in collaborazione con la compagnia di Sorrentino.
Nessuna indiscrezione, invece, dal cast che oltre a Tony Servillo, comprende Anna Ferzetti, Orlando Cinque, Massimo Venturiello, Milvia Marigliano, Giuseppe Gaiani, Vasco Mirandola. Evidentemente la consegna del silenzio è stata ferrea.
“Il film è lungo un’ora e mezza ma non so di che cosa tratta” mente spudoratamente uno degli interpreti: sembrano quei prigionieri che alle richieste del nemico rispondono ripetendo meccanicamente nome, grado e numero di matricola.
L’accenno all’immaginario presidente italiano fa correre il pensiero a Tony Servillo, che dei dieci film girati ad oggi da Sorrentino è strato protagonista di ben sette, nei panni dei più diversi personaggi.
Cantante cocainomane ne L’uomo in più del 2001; un mafioso ne Le conseguenze dell’amore nel 2004; Andreotti ne Il divo nel 2008; Silvio Berlusconi in Loro nel 2018, lo scrittore in declino Jep Gambardella ne La grande bellezza del 2014, il tenero genitore di Filippo Scotti in È stata la mano di Dio del 2021.
C’è da chiedersi: che sia lui il protagonista della “drammatica storia d’amore alla Truffaut” o l’immaginario presidente italiano? Ma anche qui bocche cucite.
E il regista che concede? Niente: “Lo saprete vedendo il film, e aggiunge in tono romantico:” Per alcuni registi i film sono come figli. Per me sono come le fidanzate: questa l’ho già lasciata e sto pensando alla prossima”. Diceva sul serio o barava?
Appuntamento in Sala Grande mercoledì 27. Les jeux sont faits.