Venezia 72. “Rabin” e altre storie contro la violenza

LIDO DI VENEZIA (nostra inviata) Il 4 novembre 1995 il primo ministro israeliano laburista Yitzak Rabin muore a Tel Aviv, dopo un comizio sulla pace nella Piazza dei Re, per mano di un giovane colono della destra nazionalista ebraica.

Il 25enne fanatico religioso, arrestato sulla scena del crimine, voleva far saltare il processo di un avvicinamento pacifico con i palestinesi. Chi armò quella mano?  Questo è il tema affrontato dal film di Amos Gitai “Rabin, the last day”, in concorso oggi alla Mostra e che ripercorre, in maniera metodica e neutra, sulla base dei documenti ufficiali, l’intero percorso della Commissione d’inchiesta che si occupò dell’assassinio scandagliando non solo l’ambiente del fanatismo religioso, ma anche le sfere più alte della politica nazionale e internazionale. Il regista israeliano, che in circa 40 anni, ha approfondito i vari aspetti della storia del Medio Oriente, ricostruisce, in chiave documentaristica, le ultime 24 ore di Rabin fino al momento drammatico della morte che segnerà la fine di quel progetto di riconciliazione in cui il premier aveva fermamente creduto. Sono trascorsi 20 anni dal quel sanguinoso evento, e da allora, la cronaca ha continuato a informarci sull’allarmante diffusione della violenza e del terrorismo di matrice religiosa in un’escalation che sta abbattendo ogni confine territoriale; un propagarsi di assurda violenza che ormai non esclude più nessuno. Il film, alla proiezione per la stampa internazionale, è stato molto applaudito. Le due ore e mezzo del lungometraggio, che vede ben 70 attori avvicendarsi sul grande schermo, non si fanno sentire grazie alla maestria del regista che riesce abilmente a catturare l’attenzione dello spettatore inducendolo inevitabilmente alla riflessione, nella speranza di smuoverne la coscienza anche attraverso il cinema.

Altro film sul tema ebraico, visto in questi giorni alla Mostra nella sezione “Orizzonti”, è “Pecore in erba” dell’italiano Alberto Caviglia che affronta il fenomeno dell’antisemitismo attraverso la satira.
Un mockumentary sull’antiebraismo alla Woody Allen che ripercorre quei luoghi comuni radicati e diffusi nel tessuto connettivo della nostra società. Tra i protagonisti, oltre a Lorenza Indovina, numerosi volti noti che nel film impersonano loro stessi: Carlo Freccero, Corrado Augias, Vittorio Sgarbi, Enrico Mentana, Fabio Fazio, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Linus e Tinto Brass.

E per restare sul tema della discriminazione, sono arrivate al Lido Michelle Hunziker e l’avvocatessa Giulia Bongiorno che in una conferenza stampa, da loro stesse indetta e presieduta, hanno acceso i riflettori sulla Fondazione Doppia Difesa, di cui sono creatrici e promotrici, nata per assistere, sostenere e tutelare gratuitamente le donne vittime di abusi e violenze. 

Teresa Bartoli

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