Bruce Chatwin. In Patagonia

Nelle prime immagini del film Paris-Texas, di Win Wenders, un uomo percorreva le strade polverose del deserto texano alla ricerca del luogo dove era stato concepito. Il luogo era un piccolo paese sperduto del Texas dal nome insolito per quei luoghi: Paris, come la capitale francese. Perduta la certezza di sé, il protagonista cercava il luogo del suo concepimento per calmare l’angoscia divorante di poter essere venuto dal nulla: aveva perduto non solo la propria nascita ma addirittura la sicurezza del suo avvenuto concepimento.

Nella prima pagina di La Patagonia Chatwin rievoca se stesso bambino, incantato di fronte ad un pezzo di pelle di brontosauro trovato in Patagonia da un suo lontano parente. Il cugino della nonna, Charley Milward, era il capitano di una nave che andò a naufragare all’imbocco dello stretto di Magellano. In seguito egli si stabilì in Patagonia e trovò questo pezzo di pelle di un mega mammifero estinto migliaia di anni prima della comparsa dell’uomo nel continente sudamericano.

Il percorso di Chatwin, attraverso le terre patagoniche, è la ricerca delle tracce di questo epico parente attraverso la storia dei suoi incontri e dei luoghi da lui attraversati. Il racconto di Chatwin finisce con il ritrovamento di un lembo di pelle di brontosauro simile a quello intravisto a casa della nonna da bambino.

L’autore del libro, come il protagonista proustiano della Recherche e come il personaggio di Paris-Texas, persegue i ricordi come se trovasse pace solo nel ritrovare tracce ed oggetti, di questo mitico parente, negli immensi spazi della Terra del fuoco. E forse è meglio non addentrarci troppo nei perché egli fa e poi racconta questo suo vissuto. Possiamo solo chiederci se egli andò in Patagonia alla ricerca di una sua identità perduta e se credette di poterla ritrovare solo verificando l’esistenza delle cose, rimaste nei suoi ricordi coscienti. Possiamo solo chiederci se Chatwin fece questo viaggio per calmare la stessa angoscia dei personaggi citati e se, una volta ritrovati questi ‘oggetti inerti della mente’, egli si … diciamo … tranquillizzò.

Potrebbe essere una ricerca avvincete … potrebbe, ma forse per questa volta, è meglio abbandonare per un po’ questa ‘ossessione’, che vuole esplorare sempre il perché delle cose.

Questo libro ci regala la storia della Patagonia vista con uno sguardo molto particolare. Catwin racconta di centinaia di strani personaggi che, una volta preso possesso di questi spazi vuoti, li riempirono con case, mobili e altri manufatti identici a quelli che avevano lasciato in Europa. I colonizzatori della Patagonia non si separarono mai completamente dai luoghi dell’infanzia, ‘conquistarono’ queste terre sovrapponendovi pezzi del vecchio continente.

Ma il libro non è solo questo. Vi sono storie di uomini e donne leggendari, che hanno percorso queste zone desolate incrociando i loro destini con campesinos e latifondisti, come successe a Butch Cassidy, Sundance Kid e la loro bella amante Etta Place che continuarono il loro spensierato ménage á trois in questi spazi infiniti dove il vento è padrone.

Chatwin, in quest’opera che lo rese famoso, narra anche la tragedia più grande che appartiene a tutto il continente americano: la strage delle popolazioni autoctone e l’annichilimento identitario dei sopravvissuti attraverso vari strumenti come la ‘civilizzazione delle anime’ da parte dei religiosi cristiani.

Nel 1974  l’autore, percorrendo la Patagonia, già intravede le nubi minacciose che stanno oscurando l’America Latina: nel ’73 fu l’anno dell’assassinio di Salvador Alliende e del colpo di stato in Cile. Nel 1973 morì anche Pablo Neruda ultima speranza e cantore di chi non possiede il linguaggio verbale per ribellarsi: “raccontatemi tutto, ogni catena,  ogni frustata, io sarò la vostra voce”. Nel 1974  Isabelita Peron è già una marionetta gestita dai fili di coloro che diverranno i responsabili dell’angoscioso dolore per i  desaparecidos delle madri di Plaza de Mayo.

Altri echi riverberano nelle pagine del libro. Echi di una speranza finita tragicamente: il tentativo, da parte di alcuni illuminati della chiesa sudamericana, di cambiare la storia del popolo minuto attraverso la Teologia della Liberazione.  La teologia della Liberazione aveva come obiettivo la difesa dei poveri e dei diseredati, vale a dire di chi non era riconosciuto come essere umano dall’ordine sociale imperante nell’America latina. Punto di partenza di partenza di questa riflessione è la realtà sociale di tutti i paesi Sudamericani. Senza addentrarci troppo in questa Teologia, diciamo che i teorici di questo movimento evangelico, J. H. Cone, G. Gutierrez, F. Herzog, Leonardo Boff, indicano la miseria e soprattutto l’ingiustizia sociale come radice del peccato e quindi teorizzano la liberazione da esso attraverso l’affrancamento dei poveri dall’oppressione e dallo sfruttamento che i ceti agiati esercitano sugli strati più poveri della popolazione. Questo proponeva, la Teologia della Liberazione ma tutti coloro che avevano aderito a queste idee, sono stati, prima censurati dalla Santa Congregazione per la dottrina della fede, vale a dire quell’organismo che fino alla fine dell’ottocento si chiamava con il sinistro nome di Santa Inquisizione, poi delegittimati e quindi, come l’arcivescovo A. Romero assassinato nel 1980, ‘amorevolmente’ affidati al potere temporale dei vari caudillos sudamericani. Tutto questo accadeva mentre un altro movimento nato nella Spagna franchista, l’Obras de Dios, con idee antitetiche ai teologi della liberazione, colonizzava nuovamente le menti dei popoli latinoamericani.  Questa brutta storia, ancora tutta da raccontare, continua ancora oggi.

Sicuramente la speranza degli Amerindi non è ancora sopita: a Cuzco, in Perù  si stanno innalzando le statue colossali di antichi condottieri Incas che lottarono e morirono per salvaguardare la loro cultura dalla ferocia dottrinaria dei monaci cattolici i quali, protetti dai Conquistadores, ‘esportavano’ il verbo del loro dio ai pagani. Atahualpa, Tupac Amaru, Manco Inca ora si ergono fieri nelle piazze delle città a ricordare il passato eroico del popolo sudamericano, restituendogli in questo modo un’identità cancellata violentemente dai sacerdoti di una credenza che non ha mai rispettato l’essere umano pensante.

 

VII edizione Gli Adelphi, luglio 2006 – Pp 272, Euro 8,50

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