Domande e perché

Ho qualche domanda da porci. 

Non da “porci”, gli animali, anche se siamo stati trattati da tali. 

Ho qualche domanda da porre a me e a te, che ci guardiamo nel silenzio e non abbiamo ancora la forza di parlarci, urlare e curarci. Dove siamo stati? 

Non eravamo lì, in prima linea, mai distanti, accomunati dal comune senso di giustizia?

Eravamo lì, lo ricordo, non puoi dirmi di no. So che ci sei, anche se ti giri dall’altra parte e sposti lo sguardo sul mondo.

E’ come se ne fossi così immerso da non pensare di poterlo cambiare.

Eravamo li, magari a volte astratti, altre invece così concretamente intrisi di materia utopica da toccarla, da toccarci, con le mani, gli occhi, gli sguardi.

Ricordi? Certo che ricordi. 

Non potrai mai dimenticare, puoi rimuovere, ricontestualizzare, rifornire ogni angolo della tua personalità di innovazioni dovute all’adattamento, ma torno a chiederCi, cosa è accaduto?

Ricordi la mamma che ci raccontava dei giorni in piazza all’università? Quelle narrazioni sessantottine che tendevano all’infinito senza nessun tipo di ipotizzabile sosta o freno che fermasse quel treno… 

Ti ricordi le giornate di Enrico? Il suo ultimo discorso, lui che ci insegnò a non frenare neanche davanti alla morte. 

Sì, ricordi, senza dubbio, si vede da come ti sforzi a sbuffare, a resistere a quello che ti appartiene. 

Ti chiedo perchè hai smesso di crederci e, senza rabbia, ti spiegherò i miei mille perchè. 

 

I perchè di un qualcosa che è diventato moda, e di un Antiberlusconismo che oscura la storia, di figli che hanno perso la strada pensando che fosse tutto in equilibrio. 

Ti spiegherò di intellettuali immodesti, e del loro linguaggio forbito che dista così tanto dal minimalismo operaio. Di cervelli in fuga che rinuciano perchè la rinuncia è innanzi tutto nel loro cuore.

Ti spiegherò perchè è triste vedere “gli altri” occuparsi del sociale e attirare gente che come te e come me ha teso a dimenticare.

E delle querce che diventano rose da regalare all’ “Impero del Biscione” e  di democristiani che guidano la sinistra. 

Già la sinistra, il mondo del popolo, quello pubblico, non vendibile, dal valore inestimabile. L’agorà che ci teneva tutti assieme e che oggi sembra un ricordo appannato, sfumato. Andato via perchè la storia passa e porta via con sé quello che non serve più.

Avrei altre innumerevoli questioni da porti, ma forse ti sto annoiando. Una volta non era così, si passavano notti ad affrontare discussioni, a stilare striscioni, a pensare, congetturare, prevedere, credere. 

Non ci annoiavamo mai  davanti alla nostra politica, non ci arrendavamo di fronte al loro avanzare, sapevamo che era solo questione di tempo. Tempo di riemergere, risorgere e occupare. 

 

Sai, a volte penso, quando sono solo e incredulo, che siano stati bei tempi, tempi della  gioventù, e dell’adolescenza.

Poi, sconfortato, mi siedo, rifletto, mi calmo: leggo ancora un libro, guardo foto vecchie, penso che ci sono voluti migliaia di anni per arrivare dove eravamo giunti, e non era un film, era la realtà. 

Realtà dei sacrifici, dell’essere responsabili di sé stessi e di tutti. La realtà che ha sempre posto l’uno contro l’altro, servo e padrone, patrizio e plebeo, forte e debole.

Ora mi interrompi, dici che sono caduti i muri, che sono tempi andati, che sono un sognatore, che è così evidente che il mondo è cambiato e che non ne vale più la pena. Non ne trovi il senso.

 

Tu non sogni? Non soffri e non vedi soffrire? Non ti senti responsabile di te stesso e di chi hai attorno? 

Non credo che tu abbia ceduto, non credo al tuo artificiale individualismo. La tua è paura, è paura di soffrire come abbiamo sofferto assieme quando abbiamo visto che giorno dopo giorno i colori si sbiadivano. 

Ricordi il magone?

E tu come stai? 

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