Lana del Rey. Ultraviolence, il nuovo disco. Recensione. Video

ROMA – E’ da poco uscito il nuovo disco di Lana del Rey, “Ultraviolence” , probabilmente più maturo rispetto ai precedenti, sebbene Lana Del Rey sia sempre stata apprezzata. 

Lana é conosciuta come la “diva” di una certa malinconia, forse tipica del ricco, bello, annoiato. Di quei dandy che si sono fermati ai ricordi e che hanno perso ad ogni party un pò di se stessi nella corsa verso l’effimero. Ma bellezza e gioventù si rendono conto di dove si stanno perdendo, anche il personaggio più decadente conosce la fine della corsa. E Lana Del Rey nel suo “Ultraviolence” è la voce  che accompagna tutti quelli che si stanno guardando dentro, sopratutto se sono infelici. C’è quel quid che è la sua voce,  per alcuni un pò deprimente, la depressione che puoi vedere negli occhi di Michelle Pfeiffer in Scarface, dove un Tony Montana che le chiede di sposarlo, non potrà riscattarla da una vita agiata ma vuota, malgrado lei lo ami. 

E’ un pò quella noia di vivere, espressa benissimo dalla voce unica di Lana, che ogni tanto assale quelli a torto ritenuti felici, chiusi nelle loro case di Hollywood, magnifiche, se non fosse che han perso il contatto con l’umanità. L’effetto è ipnotico. Da spingerti a sentire le tracce più belle due, tre, quattro volte; tornare sul tasto rewind in modo compulsivo, ricordarsi che “costruiamo cattedrali, ma abbiamo la capacità di fare anche cose come queste che immortalano in modo universale degli stati d’animo”. 

Poi c’è un pezzo come “Shades of Cool”. Lo stile è d’altri tempi, arriva un timbro etereo che sembra alzarsi come nebbia, dissipare ogni dubbio; in un’atmosfera adolescenziale e romantica da villa del Grande Gatsby. 

Un brano come “West Coast”, con quello che non ti aspetti: un arrangiamento diverso dallo stile di Lana Del Rey,  più profondo,  che trasuda di ciò che gli americani intendono per “cool”. Ma a cantare è Lana Del Rey  e ci convince molto sopratutto il momento nel ritornello. “Brooklyn baby” è un pezzo che a parte il “da da da” può andare: una specie di riflessione personale della Del Rey. 

“Burning Desire”: la piccola perla che raccogliamo nei fondali oceanici dell’io e portiamo fuori. Voce dura, più consapevole, di un caldo diverso dalla sensualità cui siamo abituati, che ci culla: la canzone perfetta se cercate un brivido per sentirvi vivi. 

Insomma una Lana Del Rey che può sbocciare quale faro, luce, guidare se stessa e la sua musica, centralizzare tutti gli spettatori, tutti gli occhi, tutti gli ascolti.

Lana del Rey – Ultraviolence –  Video-audio

 

Valentina Marchetti

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