Un treno per Darjeeling. Riflessioni sulle questioni secondarie

ROMA – Per chi si occupa di informazione quella appena trascorsa la possiamo definire una settimana di primo piano fra grandi eventi conclusasi alle prime ore di questa notte con il salvataggio di 500 migranti, stipati nel solito barcone bagnarola, finiti sugli scogli a poca distanza dal porto di Lampedusa.

I malcapitati avventurieri sono stati salvati grazie al tempestivo intervento di finanzieri, uomini della capitaneria, carabinieri, poliziotti, volontari, i quali a braccia si passavano tutti i disperati appena arrivati in Italia.
Mai come in questo momento ci rendiamo conto che la “Storia” viaggia come quel treno per Darjeeling che non conosce sosta né tempi d’attesa; il veloce incedere sulle rotaie non permette agli astanti tempi di pause e riflessioni, lo scorrere è dilapidatore di città, paesaggi e le lunghe corse verso mete intrise di più libertà si succedono con cura e destrezza.

Così è per le nostre vite che seppur intime compagne di avvenimenti e storie si ritrovano invasate nelle folli corse di un treno che non può tardare verso la sua meta, Darjeeling, appunto, così mentre la “Storia” inscrive nei nostri libri pagine su pagine e a noi non è dato il tempo di riflettere. Ma stamane decidiamo di catapultarci per un attimo fuori dai binari consueti per inoltrarci su strade secondarie.
Cerchiamo di capire ad esempio cosa è accaduto in questi primi dieci giorni di maggio nelle periferie romane.
Strade invase da spazzatura non raccolta sul modello napoletano, e come per Napoli il sindaco che rassicura la città che tutto avrà fine in poco meno di un week end.

E di fatto, almeno a vedere le strade, stamane, tanto è stato fatto ma tanto rimane ancora da fare, certo i sacchi sulle strade diminuiscono non così però per le polemiche e gli strascichi che, sindaco e istituzioni del caso, ne conseguiranno.
Tutto nasce quando dal primo maggio – forse qualche giorno prima -, tra San Giovanni e Centocelle, quadrante sud est della città,  mille tonnellate di rifiuti hanno letteralmente invaso le strade, accumulandosi intorno ai cassonetti strabordanti di immondizia e creando situazioni indecorose sia sul piano urbanistico che su quello igienico-sanitario.
I vertici dell’Ama giustificano il rallentamento del servizio alla chiusura della stazione di trasferenza dei rifiuti indifferenziati di via di Rocca Cencia, gestita dal Colari che secondo il Noe (Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, o più semplicemente nucleo operativo ecologico) non sarebbe stato a norma.

Di fatto, la Regione possiede solamente due impianti per la creazione di cdr (combustibile da rifiuti): uno a Rocca Cencia, di proprietà della Colari, e l’altro sulla Salaria, di proprietà dell’Ama.
Da qui l’ordinanza del sindaco Alemanno per il subitaneo passaggio di conasegne dall’impianto di Rocca Cencia a quella della Salaria.
Scelta che avrebbe riportato tutto alla normalità in due o tre giorni, con ovvi ringraziamenti nei riguardi dell’Ama pronta a prendere il testimone in tempi stretti.

Fin qui la cronaca ma quali le ripercussioni di questi giorni di scarso decoro della città?
Su tutti i cittadini del VI Municipio, territorio particolarmente colpito dall’emergenza, che hanno deciso di protestare contro il Comune di Roma e l’Ama per per chiedere spiegazioni e per dare visibilità mediatica al disagio vissuto negli ultimi giorni, come scritto a chiare lettere sulla pagina di facebook creata ad hoc per diffondere rapidamente la protesta.
La domanda per noi è perché mettere in secondo piano una simile notizia? E cosa si nasconde realmente dietro l’emrgenza rifiuti di questi giorni?

Secondo quanto dichiarato dal segretario regionale Idv del Lazio, Vincenzo Maruccio, il problema rifiuti di questi giorni non può essere legato ad un accidente del momento ma con ogni probabilità ad un problema ben più strutturalem, di fatto,la chiusura del sito di stazionamento indicata dall’Ama come causa principale dell’emergenza che coinvolge la città, non sarebbe sufficiente a spiegare la situazione. Infatti, da quando la Provincia, in seguito ai rilievi del Noe, ha emesso l’ordinanza per decretare la temporanea chiusura del centro, a quando il sindaco Alemanno ha autorizzato l’utilizzo di un sito analogo di proprietà dell’Ama per evitare intoppi nel sistema, sarebbe passato solo un giorno.

Un lasso di tempo troppo breve per spiegare due settimane di sporcizia e rifiuti, ai  problemi di questi giorni si devono aggiungere i mali atavici dell’azienda; una buona parte dei mezzi sono fermi per guasti, l’insufficienza dei mezzi di raccolta per assicurare un servizio efficiente in tutta della città.
Se è vero che i problemi della città di Roma si confondono con quelli di un’intera Regione, che va nella direzione opposta rispetto a quella di una corretta gestione dei rifuti ci si domanda quali direttive si stanno prendendo per migliorare un servizio pronto al collasso, visto che di impianti di riclaggio pubblici non se ne vede ombra: il business rimane nelle mani dei privati.

Gli impianti di incenerimento sono tre, quello di Malagrotta, di proprietà di Cerroni, che funziona a periodi alterni, quello di Colleferro, al centro di uno scandalo che ha contribuito ad avvelenare la già martoriata Valle del Sacco e, dulcis in fundo, l’impianto di San Vittore: archeologia industriale.
Poi ci sono le discariche: Malagrotta, Albano, Borgo Montello, Colleferro, Guidonia e Bracciano. E il conto alla rovescia è già iniziato.
La nostra riflessione si interrOmpe qui, il treno per Darjeeling non ci aspetta, Siria, Libia, Immigrati chiedono nuovi spazi, risalire sul convoglio è atto dovuto ma per un attimo i binari secondari han rubato la scena.

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