L’architetto…è uno degli strumenti umani posti al servizio del potere dominante, ha il mandato di consolidare le posizioni. L’architettura, oltre ad assolvere ad una sua diretta funzione, ha sempre avuto il compito di mantenere il potere…. (Hannes Meyer)
Il potere lo raccontano anche – e soprattutto – i luoghi che lo ospitano; le immagini raccontano quei luoghi e quelle architetture che il potere costruisce e dalle quali viene costruito.
Il progetto di Armin Linke nasce nel 2002, suggerito dalle foto realizzate durante la cerimonia di investitura dei vescovi in Vaticano, e viene sviluppato nel 2006 quando l’artista, con il sostegno del MAXXI, inizia una mappatura fotografica dei luoghi del potere religioso e politico.
Il frutto di questo lavoro è un libro e una mostra.
Il libro contiene settanta scatti accompagnati dai testi estratti dal libro di Giorgio Agamben – Il regno e la gloria: la mostra ne espone ventotto in una sala del Maxxi di Roma – spazio non neutro ma anch’esso partecipe della macchina celebrativa del potere.
La chiave di lettura di questa operazione è nel corto circuito provocato dalla scrittura di Agamben giustapposta alle immagini di Linke, e nel turbamento prodotto dall’accostamento di immagini di segno opposto spalmate sulle pareti bianche del museo che connotano la mostra come una autonoma istallazione artistica.
Le foto svelano la macchina rituale e i suoi palcoscenici illuminando strategie e processi con il quale il potere – politico, spirituale, culturale – celebra se stesso.
Raccontano il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati; raccontano lo Studio privato del Presidente della Repubblica e la Sala Stampa della Presidenza del Consiglio; la Moschea e la Sinagoga di Roma; ma anche i Depositi della Banca d’Italia e gli uffici della Direzione Rai: le stanze dei bottoni in cui si manifesta e si esercita il potere del Corpo dello Stato.
Dice Armin Linke: vorrei che la serie di foto in mostra non fossero guardate come una pure descrizione visiva della situazione italiana, ma fossero viste come simboli astratti di come si celebra la
coreografia del potere. Ho avuto la fortuna di poterli osservare a una velocità rallentata, in modo tale che le fotografie restituissero delle immagini molto diverse rispetto a quelle che siamo soliti vedere in televisione.
Esemplare è la costruzione scenografica della Sala Stampa della Presidenza del Consiglio connotata da colori – bianco e celeste – e forme che offrono una immagine rassicurante, rarefatta, ottimistica, lontana dagli umori e dai colori scuri, violenti o sporchi della realtà.
Il consenso, nella sua forma spettacolare, diventa la specificità delle democrazie occidentali.
La storia così si fa incerta al confine tra il vero e la finzione mediatica; gli attori del potere riempiono quegli spazi nel trionfo liturgico della loro autoglorificazione politica o spirituale.
Scrive Agamben:…il potere è andato assumendo in occidente la forma di una «economia», cioè di un governo degli uomini. Perchè ha bisogno della Gloria? Se esso è essenzialmente forza e capacità di azione e di governo, perché assume la forma rigida, ingombrante e “gloriosa” delle cerimonie, delle acclamazioni e dei protocolli? Qual è la relazione fra economia e Gloria?…
A questi interrogativi le foto di Linke offrono una loro parziale illustrazione dimostrando che la forma attuale e “democratica” del potere non ha al suo centro l’azione e capacità di governo, ma l’arcano che la governa è la «gloria», e che gli aspetti che lo connotavano massicciamente nel passato – cerimonie, liturgie, acclamazioni – stanno tuttora alla radice del potere in occidente; e che le stanze delle decisioni, ritratte vuote, offrono all’artista e al filosofo l’immagine e il simbolo più pregnante del potere: Il trono vuoto.
Giorgio Agamben Il Regno e la Gloria.