Partecipazione e libertà contro sviluppo economico impazzito e globalizzazione. IL VIDEO

ROMA – “C’è solo la strada su cui puoi contare /la strada è l’unica salvezza /c’è solo la voglia e il bisogno di uscire /di esporsi nella strada e nella piazza /perché il giudizio universale /non passa per le case /le case dove noi ci nascondiamo /bisogna ritornare nella strada /nella strada per conoscere chi siamo”.  Sono passati quasi quarant’anni, quasi quarant’anni fa Gaber cantava questa canzone … quarant’anni fa. Sono tanti quarant’anni.

Quarant’anni fa non c’era face book. Nei movimenti politici di base non si parlava di ‘non violenza’, e terrorismo e droga mietevano vittime fra quella generazione che aveva fallito la rivoluzione, forse perché Freud aveva decretato un ineludibile destino edipico per chi uccide i padri, anche se questi sono pederasti e assassini come Laio, o padri padroni come lo erano i padri fino agli anni ‘60 e oltre. Quarant’anni fa era già finito il sessantotto, morto nella culla dove era nato, e Gaber e pochi altri, se ne erano accorti.
Quest’anno il vento del Sud proveniente dal Nord Africa ha portato altri profumi che nell’Europa memore della violenza terroristica, si è trasformato in vento di rivolta pacifica contro l’ormai dissonante potere politico che non rappresenta più milioni di europei, soprattutto giovani, che oggi stanno riprendendo in mano la politica con la P maiuscola.
Vedendo i video, che arrivano solo ora dalla Spagna, mostrando la nascita del Movimento 15 Maggio, anche definito degli ‘Indignati’, ci si rende conto della qualità della ribellione, che sta cominciando a serpeggiare nella società civile. Questa neonata rivoluzione, che ormai ha preso la forma di un pacifico fiume inarrestabile, ha avuto piccoli affluenti, quasi invisibili, che in Italia sono stati il movimento Viola, L’Onda studentesca, le donne del ‘Se non ora quando’, la rivolta degli operai Fiat a Marchionne e molti altri ancora. Negli altri paesi questi movimenti hanno avuto altri nomi, ma c’è un comune denominatore che ha accomunato le ribellioni: queste reazioni civili sono rivolte non violente. La rete internet che, lo vediamo con il caso Di Pietro, è diventata occhio critico e giudice che sente con la pancia e risponde con la pancia, ha mostrato la ribellione pacifica. Inoltre ha fatto da collante, da cassa di risonanza, e non solo ha collegato e informato tempestivamente gli ‘eretici del Sistema’, ma ha anche mostrato, come nei casi di Madrid e Barcellona, la vile violenza del potere occultata dalle televisioni di stato.

Le idee del Movimento 15 Maggio, che hanno creato una spina dorsale culturale, sono semplici, chiare e comprensibili a tutti. Sui cartelli e nelle interviste ai ragazzi spagnoli c’è un rifiuto al ‘Sistema’ categorico che si è espresso in forme civili e assolutamente pacifiche. Dire “Non siamo né politici, né sindacati siamo solo cittadini indignati” è una forte affermazione politica che rifiuta le istituzioni perché queste sono incapaci di tutelare tutti i cittadini. Non è necessario mettere didascalie alle altre frasi prese qua e là nella folla di giovani “Siamo ormai convinti che i partiti politici sono al soldo di chi ha i soldi in questo paese”;  “Senza il nostro voto non siete nessuno, perché siete solo un ectoplasma, emanazione del popolo” “Essere umano come valore centrale”; “In difesa dei sogni”; “Non sappiamo se riusciremo a cambiare  la storia, sappiamo però che questa è la nostra storia”; “Derecha y izquierda: dos culos, misma mierda”. In questi giovani la visione della partitocrazia è molto chiara: una sinistra prona alle richieste del capitale globalizzato, non è sinistra, è un’accozzaglia di lacchè che fingendo di tutelare  bisogni ed esigenze di tutti in realtà tutela solo un’invisibile oligarchia che manovra per impossessarsi di tutto ciò che ancora rimane di bene pubblico. E questo a livello mondiale.

La sfida è enorme: si sta lottando per acqua, terra, risorse naturali, che, finora, sono in mano ad un pugno di individui bramosi, convinti che il pianeta appartenga a loro, finora, con il denaro ricavato dal bene pubblico di cui si sono impossessati, tengono in piedi ‘Il Sistema’: politici, giornalisti, caporali, faccendieri, sindacalisti, religiosi, criminalità organizzata, persino pseudo comitati di quartiere, tengono a bada un intera umanità raccontando loro favole astratte o ultraterrene, permettendo loro di giocare al gioco della democrazia liberale e capitalista, con automobili, telefonini, vestiti griffati, e di ‘divertirsi’ con partite di calcio, show televisivi urlati, cinema panettone e altri cibi adulterati che servono solo a non far pensare. Se poi qualcuno riesce a venire fuori da questa melma e lottare fino in fondo contro coloro che sostengono ‘Il Sistema’, viene emarginato o ucciso dai killer della criminalità organizzata la quale ha sempre fatto parte del ‘Sistema’.

Ma qualcosa lentamente sta cambiando “Camminiamo lentamente perché dobbiamo andare lontano” stava scritto in un cartello alla Puerta del Sol di Madrid. Moltissime persone hanno capito e molte altre stanno capendo che per fermare ‘Il Sistema’ e sovvertirlo completamente ci si deve, in primo luogo, rimpadronire della propria identità umana, e, in secondo luogo, trovare una prassi di lotta che si potrebbe definire sinteticamente con la parola ‘Partecipazione’. Questo è stato capito: migliaia di associazioni culturali no profit hanno sostituito la sede del partito, dove si andava a cervello spento a prendere le ‘idee’ dal caposezione a sua volta indottrinato dal dirigente di partito o dal sindacalista. Orti di quartiere stanno nascendo in tutte le città. In questi giorni i cittadini dei quartieri Spagnoli di Napoli si stanno inventando una raccolta rifiuti autogestita, dove professori universitari a fianco delle massaie lavorano per il bene comune. Da tempo vengono organizzate dai cittadini domeniche di pulizia delle spiagge o dei quartieri degradati. Siti web autogestiti  dove ognuno mostra al mondo la sua poetica ovvero la propria visione del mondo nascono come funghi, e se è vero che su internet si trova di tutto è anche vero che quel tutto è il ritratto del mondo di coloro che non stanno davanti alle televisioni a vedere ‘Ballando sotto le stelle’ o cose del genere con la mente assente, ma di coloro che pensano e si confrontano e hanno una dialettica con il mondo. Il popolo di face book ha dimostrato che sa usare politicamente questo strumento, che qualcuno ha definito ‘diabolico’ forse proprio perché è difficilmente controllabile. Infine ci sono giornali e riviste stampate o web come il nostro che sono divenute sentinelle della democrazia partecipata, strumenti di conoscenza e precorritori culturali.

Sempre Gaber cantava “La libertà non è star sopra un albero,/non è neanche il volo di un moscone,/la libertà non è uno spazio libero,/libertà è partecipazione”. Sembra che solo i poeti siano in grado di vedere la realtà. Ma forse, questa volta, Giorgio ci perdonerà, se rovesciamo le parole dell’ultima strofa, perché dire “libertà è partecipazione” suona troppo astratto; dire invece che con la partecipazione si può riprendere in mano i fili della storia e quindi essere liberi suona meglio. Perché partecipando alla storia,  la storia se la fa ognuno di noi, senza partecipazione attiva e costante la storia ce la fanno gli altri dicendoci che rimanere ancorati, come cozze allo scoglio, al ‘Sistema’, è  il nostro destino, il cammino terreno che un dio globalizzato ha pensato per ognuno di noi.

Ciò che terrorizza i sacerdoti del ‘Sistema’ e i loro servi assiepati attorno al castello del potere oligarchico, è la partecipazione non inquadrata istituzionalmente dei cittadini; è la partecipazione politica fuori dai partiti, è l’energia autoprodotta, è l’acqua piovana raccolta, è il consumo responsabile delle risorse, è la realtà che fa urlare a sempre più persone che si deve per forza fermare lo sviluppo economico globalizzato. Soprattutto perché è un ‘Sistema’ disumano.
Ciò che terrorizza i sacerdoti del ‘Sistema’ e i loro servi è che la gente si liberi da condizionamenti consumistici e religiosi, e che inizi a pensare che ciò che viene loro ‘donato’ è un elemosina data dalla mano sporca di sangue umano di pochi che hanno tutto a molti che non hanno niente.
Ma l’aria sta cambiando,  politici dei partiti di sinistra dovranno tenere ben conto di tutto questi movimenti politici e trovare, in fretta perché non c’è più tempo, un modo per far diventare realtà le istanze degli ‘indignati’. Gli ‘indignati’ per ora dovranno continuare a votare il meno peggio, chi dice e fa cose di sinistra, per poi dettargli ogni santo giorno, con il movimento della strada e della piazza, un’agenda politica che abbia come finalità la giustizia sociale, la ridistribuzione della ricchezza, la salvaguardia del bene pubblico che è terra, acqua, aria, mare, spiagge, territorio, beni culturali, ecc..

Sono passati quarant’anni, forse questa volta la ribellione fatua e anaffettiva sessantottina è veramente finita. I suoi ultimi epigoni, i black bloc vestiti di nero, sono spariti come neve al sole o sono entrati nel loro elemento naturale come tifoserie degli ultras che alla domenica vanno a spargere la loro rabbia nei pressi dei campi di calcio. Anche altri epigoni ‘culturali’ hanno mostrato il loro vero volto: Giuliano Ferrara, come i protagonisti di Arancia Meccanica, ha trovato sedi televisive e padroni per continuare a esercitare nel grembo istituzionale la sua violenza interna che ora ha il vestito buono del politically correct, che nasconde la camicia maleodorante del servo. L’ultimo dei paladini del sessantotto, Piero Sansonetti, prima sessantottino Doc e adesso, da quando il precedente direttore è stato estromesso perché parlava troppo di ‘ndrangheta, direttore del quotidiano Calabria Ora, lancia i suoi strali contro i giudici definiti, in un’intervista, ‘golpisti’: “bene il garantismo di Berlusconi e la sua lotta contro il potere dei giudici”. Questa è stata la fine di uno di “quelli che guai a toccargli il sessantotto”. Sansonetti, con i trenta denari che gli hanno dato per tradire quegli ‘ideali’, si è comprato la corda per il suo suicidio etico.
Ma sono passati quarant’anni, e da qualche settimana si respira un’aria nuova … “I giorni crescevano/maturando/ come i meloni”. Vladimir Mijakovskij

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