La questione morale non è se sia lecito o meno manifestare contro un governo o contro un qualsivoglia potere, la questione morale non è neanche se sia legittimo se uomini in divisa siano o meno legittimati ad usare la forza per sedare una manifestazione ed i suoi manifestanti – al momento risulta una questione primaria di second’ordine -; la questione morale di questo paese è molto più intima e semplice, quanto è legittimato un governo ed il suo rappresentante massimo davanti alle parti sociali?
Al di là di questioni filosofiche, che rientreranno giocoforza nel nostro ragionamento, la domanda che ci poniamo è pervasa da uno spirito di osservazione critico nei confronti di una paese che oltre a vacillare nelle sue classi dirigenti e politiche, vacilla nei suoi principi primi, ovvero il diritto di governare – diritto dei cittadini prim’ancora che dei suoi rappresentanti eletti -, diritto che non è solo il primo passo di una sana democrazia ma è l’unico concordato che vede la vera legittimazione fra coloro che vengono chiamati a dettare le regole e coloro che le rispettano.
Parliamo dell’ABC della Democrazia di un qualsiasi e qualsivoglia paese civile in cui l’eredità fra le parti, ovvero i soggetti giudicanti e i giudicati, è sancita dalle regole condivise e dal comune sentire, e quando queste vengono meno è doveroso cambiare una delle due parti – non potendo modificare l’intera popolazione pare evidente e logico cambiare i suoi rappresentanti, si veda ad esempio quanto Platone scriveva nella Repubblica, IV, 420c :
« …noi pensiamo di modellare una polis felice non prendendo pochi individui separatamente e rendendoli tali, ma considerandola nella sua interezza».
In sintesi: Io posso essere espertissimo nel farmi i miei interessi, ma questo non implica affatto – anzi, fa presumere il contrario – che sappia amministrare con giustizia gli interessi degli altri, qualcosa a noi famigliare!
Ed è il comune sentire la vera questione etica di questo periodo storico italiano, al di là delle parti sociali in causa, al di là delle scelte che verranno prese, al di là di ogni ragionevole compromesso atteso!
Ma se il collasso fra regno e popolo è sempre più evidente, è altrettanto evidente la rottura all’interno della maggioranza, è di ieri la notizia che una piccola frangia abbia chiesto il fatidico passo indietro al primo ministro; un richiamo alla responsabilità individuale per il bene della collettività, l’idea di un possibile governo tecnico che si scontra con le sempre più improbabili garanzie provenienti da palazzo Chigi.
È il fallimento di un politico e della sua politica, ultimo baluardo di una prima repubblica ancora operante.
Rimangono alcune strane anomalie della vicenda di quest’oggi: perché i poliziotti hanno bloccato gli studenti alla stazione tiburtina? Perché schedarli prima di qualsiasi evento futuro? Prevenire scontri sul modello del 14 dicembre 2010, o peggio non avere sacche di black block presenti come nell’ottobre scorso?
Qualcosa in questo pensiero non torna! E non torna perché dopo i primi tafferugli, un poliziotto urla in faccia agli studenti:
“Oggi non si può. Lo capite si o no?”
Viene da chiedersi intanto cosa significhi oggi non si può e poi perché gli studenti oggi lo debbano/possano capire o meno? il quesito potrebbe nascondere l’orgoglio di una classe politica che chiede alla classe sociale più indigente, gli studenti appunto – coloro che nella storia sociale detengono il più forte dei poteri – ancora del tempo ed una rinnovata fiducia.
Fiducia non solo nella lettera presentata alla BCE qualche giorno fa ma anche alla coesione all’interno del Parlamento con le stesse parti sociali, un po’ utopico come ragionamento, ma verisimile! resta la questione principale sul significato di simili parole del poliziotto, il quale non potrà smentire di errata interpretazione perché i video lo inchiodano; spieghino costoro il significato di questa frase, perché solo così potremo capire il senso di una mattinata di scontri e parole al vento.
Non sarà che forse il timore del governante fosse quello di presentarsi al G20 con un malcontento generale visibile anche all’esterno e che quindi almeno oggi fossero privati i cittadini del loro sacrosanto diritto di replica al detto governante?
Non sarà che l’umana e miserrima figura del popolare conduttore agli occhi dei rappresentanti del G20, rappresenti il vero motivo di disonore per il primo ministro?
Ma a costoro era necessario un simile evento per conoscere quanto il Paese sia lontano dal suo massimo esponente?
No! indubbiamente no!
Negli ultimi mesi il fronte politico mondiale ha relegato il nostro primo ministro – e l’Italia, purtroppo – a semplice comparsa? E non ci riferiamo alle risate dei primi ministri franco-tedesco, no, perché quelle risatine erano solo lo specchio ultimo di una realtà che pare sconosciuta alla sola maggioranza parlamentare del governo italiano, non certo alla maggioranza reale del paese che non solo ha perso da tempo la sua proverbiale fiducia nei suoi rappresentanti ma ha delegittimato appieno la funzione di questi signori in giacca e cravatta.
Lo palesano le piazze, già, le piazze! sono oramai l’unico vero sentore del malessere costante e corale nei confronti di un governo in balia dell’ultimo viaggio verso la sua conclusione; una via crucis intrapresa mesi fa e che non vede ancora la sua ultima stazione; questa è la vera miseria dei giorni italiani ed è a questo che ci riferiamo quando parliamo di discredito del governante e di un paese, la delegittimazione è sul fronte interno prim’ancora che su quello esterno.
Manifestare oggi forse non era possibile perché le misure anti-corteo non erano state messe in opera, ma così è stato anche il 15 ottobre scorso – inutile ricordare quel triste pomeriggio di violenza urbana -; forse la polizia conosceva ragioni a noi tutti sconosciute! Allora sarebbe stato d’obbligo riceverne notizia, ma permettermi di dire che ogni più umana spiegazione si sarebbe infranta in quel “oggi non si può, lo capite si o no?”
Perché noi lo non avremo capito, così come non capiamo quale valore abbia agli occhi del mondo intero una maggioranza parlamentare che non rispecchia alcuna parte sociale in causa, sia all’interno del suo consesso sia all’interno del stesso congresso del G20; non capiamo perché la questione de-legittimazione rimbalzi come una trottola nei vari talk politici e il parlamento invece ne rimane esentato, forse la paura di cedere lo scranno del potere ad altri vale più di una nuova maggioranza responsabile e legittimata dalla volontà dei cittadini?
Il vitalizio permane comunque!
Ultima questione fondamentale: il paese non sta bene, è malato e gli inutili balsami edulcoranti risultano insufficienti e poco deterrenti per il paziente.
Lo avvertono tutti, o quasi, è il monito che il neo presidente della BCE, Mario Draghi, impietosamente sentenzia in questi suoi giorni nel nuovo mandato, o i continui richiami del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sempre più incline alla formale richiesta di buon senso dei ministri, delle opposizioni e dei sindacati nei confronti dei cittadini, perchè il tempo delle belle parole e dei buoni propositi deve lasciare spazio ad una operante e salvifica missione risanatrice.
Esausti di questi rituali politici da poltrona i cittadini chiedono garanzie per il futuro ed un governo stabile, certo rimane la domanda: ma chi è capace di una simile impresa? Perché di impresa si tratta!
Mentre la frattura di quest’anima pare insanabile, a Cannes, Berlusconi continua a rassicurare i rappresentanti del G20 con l’adempimento dei doveri, mentre due esponenti della maggioranza abbandonano la causa, prima del nuovo voto di fiducia – chiesto dallo stesso Berlusconi -, e dopo, ahimè, che un sessantenne pugliese si è dato fuoco davanti a palazzo Chigi.
Non sia questo il La per una in-attesa primavera italiana!