Prese di profitto in Europa. Già finita la tregua dei mercati?

TRIESTE – Settimana all’insegna dei forti guadagni quella conclusasi venerdì scorso, con Borsa Italiana protagonista assoluta della scena: dal buon risultato dell’asta Bot che, nonostante una domanda scarsa, è riuscita a far scendere il rendimento dei titoli a 12 mesi al livello minimo dalla nascita dell’euro, alla migliore performance europea di mercato, trainata dal rialzo di Unicredit (+2,36%), oggi la banca in Italia con la minor esposizione complessiva sul debito sovrano del Paese (44% del portafoglio totale), e di Mediobanca (+5,7%), beneficata dalla positiva evoluzione del proprio rating a seguito del miglioramento delle stime sull’utile d’esercizio.

Così, periodo compreso tra il 6 ed il 10 maggio scorsi, abbiamo potuto assistere ad un rialzo del 2,14% del FTSE Mib, il più significativo indice di Piazza Affari che ricomprende le azioni delle 40 maggiori società italiane ed estere per capitalizzazione, tradottosi in un progresso da inizio anno del 6,21%.
Questo fine settimana è stato avaro di dati macroeconomici di particolare rilievo, eccezion fatta per il meeting del G7  tati Uniti,  Giappone,    Germania,   Francia,    Regno Unito,  Italia,   Canada) apertosi venerdì scorso ad Aylesbury, località nella campagna inglese del Buckinghamshire, ad un’ora da Londra: una due giorni di  vertice a porte chiuse dei ministri e dei governatori dei Paesi più industrializzati con l’unico obiettivo di trovare soluzioni per creare lavoro. Secondo Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, la “job creation” (creazione di occupazione) è un problema strutturale risolvibile con la ripresa dell’economia, mediante una svolta congiunturale che punti sull’istruzione, sul cambiamento delle strutture produttive, sul miglioramento dei servizi. Il G7 si è chiuso dunque con l’impegno di crescere per alleviare la piaga della disoccupazione e favorire la ripresa economica globale che, tanto per il numero uno dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale) Christine Lagarde quanto per il segretario al Tesoro USA Jacob Lew, non può prescindere da una mediazione tra rigore e ripresa, perché troppa austerità fa male all’economia: allentare la prima per rilanciare la seconda.
Purtroppo dal summit non è emersa alcuna indicazione relativa alle politiche valutarie, lasciando così lo yen libero di deprezzarsi nei confronti del dollaro Usa ed alimentando le aspettative sugli utili delle società maggiormente dipendenti dal commercio estero (Toyota, Panasonic), in una continua spinta della Borsa di Tokyo ai massimi degli ultimi cinque anni e mezzo. L’indice Nikkei ha guadagnato l’1,2% mentre il dato della produzione industriale cinese, inferiore alle aspettative, ha portato le Borse di Shanghai ed Hong Kong a cedere rispettivamente lo 0,21% e l’1,2%: a livello macroeconomico il Celeste Impero invia segnali di crescita, che tuttavia non convincono del tutto gli osservatori ed i mercati.
Il Vecchio Continente ha iniziato la nuova ottava con gli indici in territorio negativo, quasi in ossequio al vecchio adagio («Sell in may and go away», vendi a maggio e vattene) che, almeno quest’oggi, sembra confermare la propria efficacia. In attesa di indicazioni dalla riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurozona che oggi discuteranno delle situazioni di Cipro e Spagna, un sondaggio fra gli investitori condotto dall’agenzia di rating Fitch ha evidenziato come il peggio della crisi del debito non sia affatto alle spalle: il rally a cui abbiamo assistito sinora sarebbe soltanto una tregua offerta dai mercati, con il grave pericolo che la volatilità torni a colpire in estate, come già accaduto nel 2011 e nel 2012.

La cautela dettata dai forti guadagni realizzati nella scorsa settimana e dall’andamento delle vendite al dettaglio negli Usa ha quindi determinato l’odierna incertezza in cui sono incappate Piazza Affari e le principali Borse europee: Milano (Ftse Mib -1,12%, FTSE Italia All-Share -0,71%) è la peggiore, anche per il ritorno di qualche tensione sui titoli di Stato, seguita dai frazionali ribassi di Parigi (-0,39%) e Francoforte (-0,16%) e dalla sostanziale parità di Londra (+0,03%).
Sul fronte del debito sovrano lo spread tra il Btp e il Bund con scadenza a dieci anni ha chiuso a 253 Bp (Basis point, punti base) dopo aver a lungo oscillato attorno a quota 260, portando il rendimento del decennale (Btp maggio 2023) al 3,95%; in crescita anche il differenziale tra titoli con scadenza a due anni, ora salito all’1,35%.
Riflettori puntati sull’odierno collocamento di titoli di Stato: in mattinata il Tesoro ha fatto il pieno dell’intero ammontare previsto per l’asta (8 miliardi di euro) anche se, come venerdì scorso, la domanda degli investitori è stata inferiore rispetto ai precedenti appuntamenti; secondo quanto riportato dal quotidiano finanziario Il Sole 24 Ore, la visione degli esperti di IG Markets è tale per cui «man mano che i rendimenti scendono, sempre meno investitori sono disposti ad assumersi il rischio di investire sul debito italiano. Arriveremo ad un punto in cui gli investitori non saranno disposti più a comprare Italia al di sotto di determinate soglie di rendimento, e lì avremo forse la reale percezione di rischio sul nostro Paese».
I tre titoli oggi in offerta, un Btp triennale (maggio 2016), un Btp a 15 anni (marzo 2026) ed un CctEu (titolo a 7 anni a tasso variabile indicizzato all’andamento dell’Euribor), hanno tutti registrato un calo dei rendimenti.

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