Crescita caotica e disoccupazione stabile. Borse europee ko

TRIESTE –  Commentiamo oggi un’ottava di Borsa che, ultima di un agosto particolarmente tranquillo a causa della scarsa liquidità, dal punto di vista macroeconomico non prevedeva spunti di importanza tale da influenzare i mercati, per l’ennesima volta dominati dal potenziale (ed imminente ?!) avvio del “tapering”, la riduzione del QE (Quantitative Easing, programma di stimoli della Fed pari ad 85 miliardi di dollari al mese), dalla questione siriana e, per quel che concerne il nostro Bel Paese, dall’instabilità politica.

Cominciamo con l’analizzare la situazione a stelle e strisce: i rendimenti decennali sono stati prossimi a superare la soglia del 3% nonostante la pubblicazione delle minute dell’ultima riunione del FOMC (Federal Open Market Committee) della Fed non contenesse nulla in grado di modificare le attese dei mercati sull’avvio del “tapering” a settembre. All’aumento dei tassi si associa quello del costo dei mutui: la vendita di case e dei finanziamenti per il loro acquisto è così iniziata a calare, registrando proprio venerdì scorso la flessione più elevata degli ultimi tre anni (-13,4% a luglio) di un settore, quello immobiliare, molto importante oltre che per la creazione di posti di lavoro soprattutto per generare fiducia nei consumatori, fattore fondamentale in un’economia, come quella americana, guidata per il 70% dai consumi; nel breve simili dati economici potrebbero portare ad una volatilità generale del mercato finanziario.
La notizia che ieri il Parlamento britannico ha respinto la mozione per un intervento in Siria ha parzialmente calmato quei mercati che ad inizio settimana avevano stornato in maniera significativa, arrestando così la corsa del prezzo del greggio, in assoluto la materia prima più sensibile alle tensioni geopolitiche di quell’area. L’inaspettata decisione inglese ha suggerito alla comunità internazionale di prendere tempo in attesa del rientro degli ispettori, spingendo sia il presidente USA Barack Obama che il suo omologo francese François Hollande a fare una sorta di passo indietro sull’imminenza dell’intervento: «Non abbiamo preso nessuna decisione, ma se e quando la prenderemo sarà un intervento limitato» ha comunicato il primo; «Bisogna fare il possibile per trovare una soluzione politica», il commento del secondo.
«Se le Nazioni Unite non ci sono, l’Italia non parteciperà» ha aggiunto il nostro premier Enrico Letta, anche se la condanna dell’Italia ai crimini del regime di Assad è ferma e la risposta della comunità internazionale dovrà essere “netta”. Dribblato così l’intervento in Medio Oriente e varato un decreto che abolisce l’IMU, istituisce una Service Tax sostitutiva (da meglio definirsi ad ottobre con la Legge di Stabilità) e consente il rifinanziamento della CIG (Cassa Integrazione Guadagni) senza il ricorso a nuove tasse, il Governo italiano sembra aver ritrovato un proprio equilibrio, a tutto vantaggio del listino di Milano.
Anche i dati comunicati in settimana dall’Istat sembrano tratteggiare un timido miglioramento di alcuni fondamentali dell’economia italiana: al calo delle vendite al dettaglio (-0,2% rispetto ad una stima nulla) a giugno si contrappongono l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+0,1%) e la stabilità del tasso di disoccupazione (12,2%) a luglio; ad agosto le stime preliminari del’indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, parlano di un aumento dell’inflazione (+1,1% rispetto allo stesso mese del 2012) che ben si coniuga con il miglioramento della fiducia dei consumatori (98,3 punti rispetto ai 97,4 di luglio) e delle imprese (salito da 79,8 ad 82,2 punti), in particolare di servizi e del commercio al dettaglio.

Anche l’Eurozona sta lentamente emergendo dalla recessione, come confermato dalla tendenza dei mercati che la compongono: le rimarchevoli performance di Spagna e Italia (sottolineate dai ricavi delle banche, rispettivamente del 17% e 19% in luglio) riflettono il miglioramento dei dati economici, mentre l’Irlanda e la Germania registrano la maggiore variazione trimestrale delle revisioni degli utili.
La Spagna ha confermato il risultato preliminare di una flessione del PIL (Prodotto Interno Lordo HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/PIL” \l “cite_note-pil-1” , il valore totale dei beni e servizi prodotti) dell’1,6% su base annuale; in Germania e nella Zona euro frenano le stime sull’inflazione, rispettivamente all’1,5% ed all’1,3% anno su anno, mentre risultano stabili i dati sulla disoccupazione: 6,8% per il Governo di Berlino, 12,1% per l’istituzione di Bruxelles.

Seduta poco mossa per i listini asiatici, nervosi attorno alle voci di un possibile attacco militare alla Siria che, quando sfumato, ha ridimensionato il prezzo del greggio a beneficio dei settori dei trasporti e delle utility ed a scapito di quello energetico. Tokyo, dopo una partenza positiva, ha ceduto lo 0,53% nonostante una crescita della produzione industriale ed un calo della disoccupazione superiori alle aspettative; piatta in chiusura Shanghai, Hong Kong in ribasso dello 0,1%.
Avvio negativo per l’ultima seduta di ottava nel Vecchio Continente in attesa degli indicatori macro della giornata, poi proseguita con il segno meno a seguito della comunicazione di dati deboli e contrastanti; in chiusura Piazza Affari (FTSE Mib -1,32%, FTSE Italia All Share -1,07%) e le principali Borse europee non migliorano, complice una debole Wall Street sulla quale pesa la flessione dell’indice sulla fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan, comunque migliore delle attese: Londra (-1,10%), Francoforte (-0,95%) e Parigi (-1,10%) allineate attorno al punto percentuale negativo, Madrid (-1,60%) peggior performance continentale.
A Milano sotto i riflettori Telecom Italia (+ 9,36%), protagonista di uno stop per eccesso di rialzo in avvio di contrattazioni: beneficiata dal giudizio degli analisti di Bernstein cresciuto da  “market perform” (neutrale) ad “outperform” (farà meglio del mercato), vola sulle voci di mercato su di un possibile interesse da parte di Vodafone, Telefonica e At&T. Male Mediaset (-2,57%) dopo i buoni risultati di ieri e Gtech (-1,80%), quest’ultima vittima di prese di beneficio ma anche sotto la spada di Damocle della sanatoria da 26 milioni di euro per la multa alle società delle slot machine. Tra i titoli a maggior capitalizzazione segnaliamo ancora i ribassi di Eni (-2,04%) e Fiat (-2,64%); in rosso anche tutti i principali titoli bancari (Intesa Sanpaolo -0,87%, Unicredit -1,88%, Montepaschi -2,10%).
Sul fronte del debito sovrano in leggero aumento lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni: frazionale rialzo a quota 253 Bp (Basis point, punti base) per un tasso del titolo italiano (Btp maggio 2023) stabile sotto al 4,4%.

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