Rinviato il default Usa, la crescita della Cina sostiene le Borse

TRIESTE – Settimana di Borsa caratterizzata dalla notizia più attesa dai mercati finanziari:  gli Stati Uniti hanno scongiurato il default ! Lo scorso 16 ottobre si è posto fine allo “shutdown” con un accordo tra Repubblicani e Democratici che ha superato brillantemente la prova del voto sia al Senato (81 favorevoli contro 18 contrari) che alla Camera dei Rappresentanti (285 “sì” e 144 “no”), innalzando il tetto sul debito (“debt ceiling”) sino al 7 febbraio 2014 e garantendo (sino al 15 gennaio) al governo federale nuovi fondi per la riapertura degli uffici e dei servizi non operativi.

In un mercato fortemente influenzato dalle aspettative (non sempre razionali) degli operatori, la data ultima di giovedì scorso rappresentava il punto di svolta per un accordo, termine ultimo oltre al quale l’emotività avrebbe potuto prendere il sopravvento e generare imprevedibili quanto disastrose corse alle vendite; fortunatamente, come peraltro da noi ipotizzato, la ragione (politica) ha prevalso su di ogni altra questione, placando gli animi e favorendo il compromesso quanto più ci si avvicinava alla ferale scadenza.

Ora il Tesoro Usa è in possesso della cosiddetta “flessibilità di emergenza”, la possibilità di emettere titoli fino a febbraio 2014 che permetterà di evitare il default per un certo lasso di tempo oltre questa data, consentendo ai dipendenti delle amministrazioni federali di tornare subito al lavoro con gli stipendi normalmente assicurati. Casa Bianca e Senato si troveranno a ridiscutere il budget il 7 dicembre, mentre per quanto concerne la modifica dell’Obamacare non vi saranno modifiche ma solo una revisione delle procedure di calcolo dei redditi minimi per accedere all’assistenza sanitaria gratuita.

Il fatto che tra pochi mesi si dovrà ridiscutere la questione traccia una sorta di orizzonte temporale per i mercati, anche se quello che veramente sta influendo sulla loro tenuta è la continuazione del piano di Quantitative Easing (QE, modalità di creazione e trasferimento di moneta da parte della Fed nel sistema finanziario ed economico), in grado di sostenere i listini sui massimi livelli nonostante la crisi in cui si trovano a versare.

Quello che invece si pone nell’immediato è un problema di credibilità della politica e di conseguente solvibilità degli Stati Uniti: la Cina detiene infatti oltre tre trilioni di dollari di debito americano e, in virtù di questi fatti, potrebbe cominciare a dismettere gradualmente diverse scadenze per alleggerire la propria posizione, evento che a sua volta porterebbe ad un rialzo degli obbligazionari a stelle e strisce e ad un raffreddamento dell’azionario, seppur sostenuto da una possibile perdita di valore del dollaro americano, il cui status di unica vera valuta di riserva a livello mondiale andrebbe a perdersi.

Un quadro che certamente non gioverebbe ai lenti tentativi di ripresa del Vecchio Continente, la cui bilancia commerciale ad agosto ha registrato un surplus di 7,1 miliardi di euro contro un attivo di 18 miliardi di euro del mese precedente, mentre i prezzi al consumo (dato finale mese di settembre) sono in crescita dello 0,5% su base mensile e dell’1,1% su base annua, rispetto al +1,3% di agosto; in Germania l’indice ZEW (che misura le aspettative degli analisti sullo sviluppo dell’economia per i successivi sei mesi) è migliorato a 52,8 punti rispetto ai 49,6 di settembre; buone notizie anche dal Bel Paese, dove la Banca d’Italia ha comunicato che ad agosto il debito pubblico è calato a 2.060 miliardi di euro rispetto ai 2.074 miliardi di luglio, al di sotto del massimo storico (2.076 miliardi) raggiunto a giugno ma ancora molto lontano dai 1.989 miliardi di fine 2012.

Decisamente positive le notizie che giungono dall’altra parte del globo, all’insegna di una vigorosa crescita: in Cina il PIL (Prodotto Interno Lordo , il valore totale dei beni e servizi prodotti dal paese considerato) ha registrato nel terzo trimestre dell’anno una crescita del 7,8% incrementando il già consistente saggio registrato tra aprile e giugno (7,5%). Si tratta della migliore lettura di quest’anno, che colloca al 7,7% il consuntivo dei primi nove mesi; sono cresciute anche produzione industriale (+10,2% annuo a settembre) e vendite al dettaglio (+13,3%), creando ulteriore stimolo per l’intera regione.

Seduta positiva quindi per i listini asiatici, dove l’indice MSCI ha guadagnato lo 0,4%, grazie a tali positivi dati macroeconomici ma soprattutto ai titoli legati alle materie prime, che scommettono sulla continuità dell’espansione dell’ex Celeste Impero.

Seduta contrastata invece per la Borsa di Tokyo (-0,2%), dove sono pesate le prese di beneficio conseguenti ai recenti rialzi e l’apprezzamento dello yen nei confronti del dollaro, successivo all’archiviazione  dei timori per il rischio di default degli Stati Uniti.

Ultima seduta di ottava all’insegna del rialzo per le principali piazze europee, sostenute dai buoni dati macroeconomici cinesi; a spingere gli acquisti anche l’attenzione degli operatori sulla stagione delle trimestrali d’Oltreoceano, dove oggi hanno pubblicato i propri conti Morgan Stanley e General Electric, che hanno fatto preferire gli acquisti alle prese di profitto dopo i forti guadagni realizzati nella settimana: Francoforte ha chiuso in rialzo dello 0,6%, Londra dello 0,71%,  Madrid ha guadagnato lo 0,84% portando il proprio indice Ibex 35 oltre la soglia psicologica dei diecimila punti, infine Parigi ha raggiunto l’1,09%.

A Piazza Affari (FTSE Mib +0,38%, FTSE Italia All Share +0,43%) seduta poco movimentata, con l’indice principale ad oscillare attorno alla parità per quasi tutta la giornata, quasi alla ricerca di nuovi spunti; due i titoli sotto i riflettori: Autogrill (+3,91%) e Telecom Italia (+3,46%). A spingere la prima l’aggiudicazione di due nuove concessioni nel Regno Unito, subito seguite dal concreto apprezzamento degli analisti; anche la società di telecomunicazioni ha beneficiato dei positivi giudizi delle società di rating, questa volta dovuti a rumors che vorrebbero un ostacolo nella scalata di Telefonica al gruppo nella Findim di Marco Fossati.

Tra i bancari progresso di Unicredit (+0,27%) e sostanziale parità per IntesaSanpaolo (-0,06%), mentre Monte dei Paschi di Siena (-3,93%) è stata sospesa per eccesso di ribasso: pesano la revisione, con implicazioni negative, del rating e l’ultimatum, smentito in una nota ufficiale, del Tesoro riguardo la cessione della quota ancora detenuta dalla Fondazione MPS.

Sul fronte del debito sovrano stabile lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che chiude a 233 BP (Basis point, punti base) per un tasso in calo al 4,16%, legato alla discesa del rendimento del Bund; il differenziale tra il Bonos spagnolo (decennale) ed il Bund tedesco avente stessa scadenza è passato a 242 Bp, con un rendimento del titolo iberico del 4,25%.

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