Ricorso OMT, l’Europa rischia un nuovo attacco speculativo?

TRIESTE –  Piazza Affari in gran spolvero e sotto i riflettori venerdì scorso, complici una brillante ottava di Borsa e l’agenzia Moody’s, che ha confermato l’Italia tra gli emittenti non speculativi: a seguito della possibilità di una stabilizzazione del rapporto debito/PIL nell’esercizio in corso e di un limitato rischio di ricapitalizzazione delle banche italiane, la società ha confermato a “Baa2” (media qualità, qualche elemento speculativo, rischio d’insolvenza medio, accettabili capacità di far fronte agli impegni di breve periodo) il rating sul debito sovrano italiano.

«Le dimissioni di Enrico Letta e l’attesa per un nuovo governo guidato da Matteo Renzi non alterano le nostre aspettative», hanno affermato gli analisti nel commentare la decisione legata al miglioramento dell’outlook dell’Italia da negativo a stabile, maturata soprattutto grazie alla rinnovata resistenza del nostro sistema finanziario ed alla riduzione dei rischi sul fronte del bilancio, conseguenza delle misure per la ricapitalizzazione delle banche e della rete di protezione messa in campo per i Paesi dell’Eurozona con lo European Financial Stability (EFS) e lo European Stability Mechanism (ESM), i cosiddetti “fondi salva Stati”.

Europa anche al centro degli appuntamenti macroeconomici più attesi della settimana entrante, con la riunione dell’Eurogruppo in calendario lunedì a far da contrappeso alla chiusura per festività di Wall Street, seguita martedì dalla riunione dell’Ecofin a rubare spazio alle decisioni di politica monetaria della Bank of Japan (BoJ) ed all’andamento dell’indice ZEW in Germania; mercoledì pubblicazione dei verbali della riunione di fine gennaio della Fed, seguita giovedì dalla riunione del G-20 dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali e dalla diffusione di numerosi indici andamentali del PMI manifatturiero e dei servizi.

Se oggi possiamo guardare con serenità a questi appuntamenti è anche grazie alla BCE (Banca Centrale Europea) ed alla rete di protezione da questa intessuta che, assieme all’ormai celeberrima frase di Mario Draghi «difenderemo l’euro ad ogni costo», sembrano aver messo all’angolo il tanto paventato mostro dello spread, nemico sconfitto ma non morto, pronto a risorgere con la benedizione della speculazione globale per attaccare i titoli di Stato italiani o spagnoli.

L’occasione potrebbe avvenire a seguito del ricorso alla Corte europea di Giustizia di Lussemburgo sulla legittimità del piano OMT (Outright Monetary Transactions) inoltrato dalla Corte Costituzionale tedesca, che «vede importanti ragioni per ritenere che il piano OMT ecceda il mandato di politica monetaria della BCE e quindi violi i poteri degli Stati membri ed il principio che proibisce il finanziamento monetario dei bilanci nazionali»: quella che a prima vista sembra la richiesta di pronuncia di una più autorevole carica, nasconde invece un’insidiosa richiesta di sanatoria per quelle che ai magistrati tedeschi paiono evidenti illegalità.   

Al di là di quello che sarà il probabile epilogo della vicenda, con il ricorso lasciato cadere e la Germania  costretta ad adeguarsi a tale risoluzione, la paura è che Karlsruhe voglia imporre alla Bundesbank (che, è bene ricordarlo, aveva promosso il ricorso all’Alta Corte contro il parere del proprio Governo) di astenersi dagli acquisti di titoli, vera arma contro la speculazione, rendendo di fatto inutilizzabile il piano OMT.

Di fronte ad un nuovo attacco speculativo, oggi meno probabile grazie al miglioramento delle condizioni generali ma non per questo impossibile, ci troveremmo nuovamente ad affrontare il paradosso di un’area monetaria priva di una Banca Centrale che svolga il ruolo di prestatore di ultima istanza, aggravato dalla necessità di inventare nuovi strumenti sostitutivi degli OMT per colmare tale lacuna. 

Seduta positiva per i mercati asiatici in una sessione priva di aggiornamenti  macroeconomici europei e con Wall Street chiusa per il “President’s day”. La Borsa di Tokyo (+0,56%) è riuscita a chiudere in progresso bilanciando il rafforzamento dello yen nei confronti del dollaro con il quarto trimestre di fila di crescita del PIL, che ha segnato un rialzo congiunturale dello 0,3% ed uno annualizzato dell’1% quasi a sancire il trionfo della “Abenomics”, portatrice di uno sviluppo dell’1,6% nel corso del suo primo anno di applicazione.

Anche i dati relativi ai prestiti finanziari in Cina indicano che il rallentamento della seconda economia del mondo pare scongiurato, con le imprese che non sembrano soffrire di una stretta del credito nonostante l’intervento del Governo per controllare la liquidità sul mercato; a guidare i rialzi i titoli del comparto minerario, beneficiati dalla risalita del prezzo delle commodity, che hanno permesso alle Borse di Shanghai (+0,92%) ed Hong Kong (+1,07%) di chiudere in territorio positivo.

Avvio al rialzo anche per i principali listini europei che, nonostante i guadagni registrati la scorsa settimana, non sembrano interessati da prese di beneficio; a spingere gli acquisti nel giorno di chiusura di New York sono il miglioramento del mercato del credito in Cina e le positive trimestrali di importanti market mover che, al giro di boa di metà seduta, continuano a sostenere gli acquisti, soprattutto di titoli legati alle materie prime; inversione di tendenza e netta perdita di slancio in chiusura di sessione, con la sola Londra (+1,09%) a capitalizzare la giornata e Francoforte (-0,06%) sostanzialmente invariata, deboli Parigi (-0,11%) e Madrid (-0,14%).

Inizio di settimana con variazioni minime per Piazza Affari (FTSE Mib +0,11%, FTSE Italia All Share +0,19%), parzialmente distratta dall’incarico per formare il nuovo Governo, accettato con riserva, conferito a Matteo Renzi dal Presidente della Repubblica.

Spunti interessanti sui bancari, dove spicca l’ottima performance della Popolare di Milano (+2,74%) dopo che gli analisti hanno migliorato il giudizio da “Underperform” (farà peggio del mercato) ad “Outperform” (farà meglio del mercato); leggero progresso anche per Monte dei Paschi di Siena (+0,22%), con la  Fondazione MPS a vendere il 2,02% del capitale della banca per un controvalore di 43,66 milioni di euro; segno più anche per Unicredit (+0,08%) ed Intesa Sanpaolo (+1,39%). 

Tra i titoli a maggior capitalizzazione seduta brillante per Mediaset (+3,41%) in attesa di novità sul dossier pay-tv e balzo del Gruppo l’Espresso (+8,17%), protagonista anche di uno stop per eccesso di rialzo: la forte generazione di flussi di cassa permetterà al gruppo di ridurre l’indebitamento, tanto che gli esperti hanno ribadito il giudizio “Outperform” (farà meglio del mercato).

Telecom Italia (+1,53%) in rialzo dopo che gli analisti di Barclays hanno incrementato il prezzo obiettivo e confermato il giudizio “Equalweight” (neutrale), mentre Kepler Cheuvreux ha inserito la compagnia telefonica nella propria lista dei titoli preferiti; il gruppo automobilistico Fiat Chrysler (-0,13%) dovrebbe chiudere l’esercizio in corso con un aumento del 7% dei ricavi, ma pesa la crescita  dell’indebitamento industriale netto, che dovrebbe collocarsi tra i 9,8 miliardi e i 10,3 miliardi di euro rispetto ai 6,6 miliardi di fine 2013; in coda al listino realizzi su Pirelli, Yoox e Bper.

Sul fronte del debito sovrano, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza archivia la seduta in ulteriore calo a 193 Bp (Basis point, punti base), con il tasso sul decennale del Tesoro ridottosi al 3,61%, ai minimi da gennaio 2006. 

Lo spread tra titoli decennali spagnoli e tedeschi si porta a 185 Bp, con il tasso dei Bonos al 3,53%.

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