Il nuovo record di Wall Street salva Milano e trascina l’Europa

TRIESTE – La situazione da guerra civile vissuta dall’Ucraina, declassata dall’agenzia di rating Standard & Poor’s al livello speculativo “CCC”, e le aspettative per una rapida conclusione della crisi di Governo apertasi con le dimissioni di Enrico Letta sono state le principali cause del nervosismo che ha pervaso Piazza Affari la scorsa settimana, un’irrequietezza che si è concretizzata in un ribasso del FTSE Mib, il principale indice azionario di Borsa Italiana, dello 0,22%, tale da ridurre la performance da inizio anno al 7,51%.

Con l’ottava che si apre quest’oggi entra nel vivo la stagione dei bilanci (attesissimi i dati dello scorso esercizio che Fiat comunicherà giovedì) affiancata da importanti aste di titoli di Stato italiani: accanto alle decisioni di politica monetaria della Bank of Japan ed alla riunione dell’Ecofin, che caratterizzeranno la seduta di domani, mercoledì il Tesoro effettuerà un collocamento di BOT semestrali, immediatamente seguito ad un giorno di distanza da un’offerta di Btp, cornice ai discorsi di Janet Yellen (Fed) e Mario Draghi (BCE); venerdì sarà invece la volta di importanti dati macroeconomici: il tasso di disoccupazione mensile a gennaio e quello dell’inflazione (preliminare) a febbraio in Europa ed in  Italia, il PIL del quarto trimestre 2013, l’Indice PMI di Chicago e quello di fiducia delle famiglie dell’Università del Michigan (finale) a febbraio per gli Stati Uniti.

In attesa di vedere l’impatto sui mercati di questi importanti “market mover” e prima di commentare l’odierna seduta di Borsa, è doveroso fare un minimo accenno ai contenuti della riunione del G-20 dei Ministri e dei Governatori delle banche centrali apertosi a Sydney venerdì scorso con un obiettivo ambizioso: cercare una risposta più coesa e coordinata al problema del basso sviluppo internazionale mediante un accordo sulla quantificazione di un target sulla crescita economica globale.

In realtà l’idea è mediata da un documento del Fondo Monetario Internazionale (FMI) stilato per questo summit, secondo il quale le riforme strutturali dovrebbero aumentare la crescita mondiale di circa 0,5 punti percentuali all’anno per i prossimi cinque anni: la previsione è di una crescita globale del 3,75% per quest’anno e del 4% per il prossimo.

Pur in presenza della volontà unanime di ridurre l’estrema volatilità che sta caratterizzando questo periodo, è bene ricordare che la fissazione di un obiettivo numerico corrisponde esclusivamente ad indicare la forte determinazione e l’impegno politico che i Paesi membri profonderanno nel suo raggiungimento e nulla più, anche se l’Australia, padrona di casa, aveva proposto singoli (e quantificati) piani d’azione che fossero parte di una più ampia politica generale; per contro l’idea di chi, come la Germania, preferiva limitarsi a stabilire una generica “raccomandazione” sulla “traiettoria di crescita”.

Alla fine hanno prevalso le ragioni a favore del primo suggerimento (condivise, tra gli altri, da FMI, OCSE, Francia, Australia e Giappone): «Ci impegniamo ad attuare politiche che puntino a far aumentare il PIL del 2% rispetto alla traiettoria di crescita attuale nei prossimi cinque anni» si legge nel comunicato finale del vertice di Sydney, precisando inoltre che «le nuove misure saranno prese in un contesto di sostenibilità di bilancio».

Per quanti si stessero interrogando su quali siano le riforme da mettere in attuazione, queste continuano a corrispondere al così detto “Washington consensus”, un insieme di direttive di politica economica destinate a Paesi in via di sviluppo ed in crisi economica condivise sin dagli anni Ottanta da istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale ed il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America: liberalizzazioni dei mercati dei prodotti e del lavoro, riduzione delle barriere al commercio ed aumento degli investimenti in infrastrutture.

L’incontro del G-20 ha affrontato non senza preoccupazione anche l’argomento della crisi ucraina, preparandosi a sostenere la futura fase di normalizzazione. Christine Lagarde, direttore generale del FMI, si è detta pronta ad aiutare il paese «Non solo da un punto di vista umanitario ma anche da quello economico. Ci sono riforme economiche che, sappiamo tutti, erano sul punto di essere attuate, così da poter far partire gli aiuti della comunità internazionale»; anche il commissario agli Affari Economici dell’UE Olli Rehn ha confermato la valutazione in atto delle necessità finanziare di Kiev, mentre il presidente della BCE Mario Draghi ha escluso il pericolo di un contagio economico-finanziario, riconducendo la tragedia in corso ad un impatto più umano che economico.

Grande attesa in giornata per l’aggiornamento dell’indice IFO che misura la fiducia degli imprenditori tedeschi, salito a febbraio a 111,3 punti dai 110,6 di gennaio, ai massimi degli ultimi due anni e mezzo, dato migliore delle stime degli analisti; comunicata pure la variazione sull’aumento dei prezzi a gennaio, con l’inflazione dell’Eurozona allo 0,8% su base tendenziale, mentre su base congiunturale registra un -1,1%.

Prima seduta di ottava negativa per i principali listini asiatici. La Borsa di Tokyo (-0,19%) ha patito il rafforzamento dello yen nei confronti delle principali valute estere in un mercato senza direzioni precise.

Anche Shanghai (-1,75%) ed Hong Kong (- 0,86%) hanno archiviato la sessione in calo per effetto delle perdite registrate dal comparto edilizio: i rumors riportati dai giornali locali ipotizzano una stretta del credito da parte delle banche ai danni delle imprese di costruzione che, come dimostra il recente andamento delle quotazioni degli immobili, sono costrette a rivedere al ribasso i prezzi delle abitazioni.

 Avvio in ribasso anche per le Borse del Vecchio Continente, in una sessione costellata di dati di bilancio inattesi ed operazioni straordinarie, tra il colosso finanziario HSBC con risultati in crescita ma al di sotto delle attese ed i titoli Scania che a Stoccolma guadagnano poco più del 34%; la spinta prodotta dal nuovo massimo storico di Wall Street ed il buon dato della fiducia delle aziende tedesche hanno consentito di ritrovare l’orientamento agli investitori, mentre gli spiragli europeisti che si intravedono dietro la caduta del regime in Ucraina hanno prodotto la chiusura al rialzo delle principali Borse europee: Londra +0,4%, Francoforte +0,54%, Parigi +0,87%, Madrid +1,2%.

A Milano il FTSE Mib, partito in calo in avvio di contrattazioni, ha saputo sfruttare le note positive registrate sul fronte politico, che fanno sperare in una maggior spinta riformista per il Belpaese, consentendo a Piazza Affari (FTSE Mib +0,42%, FTSE Italia All Share +0,45%) di chiudere la seduta in territorio positivo.

Buona l’intonazione per i titoli del comparto bancario, grazie ai guadagni di Banco Popolare (+1,89%), Unicredit (+1,29%) e Intesa Sanpaolo (+1,82%); invariato Monte dei Paschi di Siena dopo le voci, riportate da alcune agenzie di stampa, delle indagini della Procura su dipendenti ed ex dipendenti accusati di aver truffato l’istituto per un ammontare di 47 milioni di euro, mentre i rumor legati a una possibile dismissione da parte di Finmeccanica (+0,7%) di Ansaldo Sts (+1,41%) e Ansaldo Breda hanno trainato al rialzo i titoli della capogruppo e delle due controllate.

Sul fronte del debito sovrano, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza chiude in lieve rialzo a 194 Bp (Basis point, punti base) dopo aver toccato i 190 in giornata, con il tasso sul decennale del Tesoro portatosi al 3,62%.

Lo spread tra titoli decennali spagnoli e tedeschi si porta a 187 Bp dai 188 di venerdì, con il tasso dei Bonos al 3,55%.

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