Borse a picco: riuscirà la BCE a sconfiggere il panico Ucraina ?

TRIESTE – Dopo aver chiuso l’ultima ottava di febbraio sui massimi dall’estate del 2011, con il FTSE Mib, principale indice di Borsa Italiana, in rialzo dello 0,25% negli ultimi sette giorni e del 7,77% da inizio anno, frutto di una strepitosa prima metà di febbraio conclusasi con una performance del 5,27%, Piazza Affari affronta la nuova settimana borsistica concentrata sulle evoluzioni della crisi politica in Ucraina.

Nonostante il via libera alla dislocazione di militari in Crimea da parte del Parlamento russo gli operatori sembrano convinti che l’impatto sui mercati azionari globali si limiterà al breve periodo; nel frattempo contraccolpi record si registrano a Mosca: dalla caduta a doppia cifra del listino azionario Micex (-10,8%), peggior ribasso in oltre 5 anni, al deprezzamento del rublo, ai minimi dal 2009 rispetto all’euro, alla Banca Centrale russa a rialzare inaspettatamente il tasso di riferimento al 7% a causa dei «rischi per l’inflazione e la stabilità finanziaria», maggior rialzo dal 1998, due mesi prima che il paese finisse in default.

La possibilità di un’escalation militare contribuisce ad alimentare le incertezze sul mercato, generando movimenti tipici di un periodo di crisi: salgono le quotazioni dell’oro, bene rifugio per eccellenza, così come a guidare le vendite sono soprattutto i titoli delle società che hanno forti interessi in Russia.

In questo fragile e difficile contesto i mercati guardano alle mosse della BCE (Banca Centrale Europea): il suo presidente Mario Draghi, nel corso dell’audizione tenutasi lunedì davanti alla Commissione degli Affari economici e monetari del Parlamento europeo, ha voluto confortare gli animi affermando che «L’Ucraina conta per meno dell’1% dei flussi commerciali dell’Eurozona e meno dell’1% delle transazioni bancarie riguardano soggetti con sede in Ucraina, quindi l’impatto economico per l’Eurozona dovrebbe essere relativamente limitato». Ricondotta così ad una più mite prospettiva la reazione veemente ed istintiva dei mercati, le successive parole riguardano gli indirizzi assunti da Bruxelles: «Stiamo andando nella giusta direzione, il bicchiere è mezzo pieno, contrariamente al pallido quadro che molti dipingono, la zona euro è in una forma migliore rispetto all’inizio della legislatura di questo Parlamento» anche se i cittadini soffrono perché «la disoccupazione è ancora troppo elevata, gli Stati devono correggere gli squilibri».

Queste le premesse con cui ci si avvicina l’appuntamento principale dell’ottava, la riunione della BCE in agenda per giovedì 6 marzo; in un clima che vede gli analisti convinti che non verrà attuata alcuna variazione dei tassi interesse, appaiono deboli le aspettative riguardo a possibili azioni sui depositi delle banche presso la BCE che possano aumentare la liquidità in circolazione.

A condizionare la settimana una pioggia di nuovi dati macroeconomici, prima fra tutte la leggera frenata del settore manifatturiero: a febbraio l’indice PMI manifatturiero in Europa è sceso a 53,2 punti rispetto ai 54 punti del mese precedente, così come è calato a 54,8 punti in Germania ed a 52,3 punti in Italia, dati che confermano ancora la fase di espansione del comparto, mantenutosi sopra quota 50. Migliore delle indicazioni preliminari e manifattura prossima all’espansione in Francia, dove l’indicatore è salito a 49,7 punti rispetto ai 48,5 punti del mese precedente.

Per quanto riguarda il Belpaese, l’Istat ha reso noto che nel 2013 il PIL (Prodotto Interno Lordo, il valore totale dei beni e servizi prodotti in una nazione) è diminuito dell’1,9%, scendendo leggermente al di sotto del livello registrato nel 2000 (-1,7% le previsioni ufficiali del Governo), con  il deficit attestatosi al 3% ed il debito pubblico al nuovo record storico del 132,6% (133% le previsioni del Governo).

L’onda lunga delle crescenti tensioni politiche tra Russia e Ucraina e la nuova flessione del comparto manifatturiero in Cina hanno condizionato i listini asiatici, reduci da una seduta negativa. Il nuovo apprezzamento dello yen nei confronti del dollaro ha pesato sulle previsioni degli utili societari contribuendo al calo della Borsa di Tokyo (-1,27%), mentre la più forte contrazione degli ultimi sette mesi dell’indice produzione manifatturiera cinese pubblicato da HSBC ha frenato Hong Kong (-1,47%); il dato in controtendenza della Borsa di Shanghai (+0,92%) potrebbe invece trarre origine dall’ottimismo con cui gli operatori attendono il prossimo congresso del Partito comunista, dal quale si aspettano maggiori chiarimenti sulle prossime riforme in tema di liberalizzazione del mercato.

Avvio in forte ribasso anche sulle principali piazze finanziarie del Vecchio Continente, in una seduta proseguito con il segno meno che si acuiva al crescere della pressione internazionale su Mosca: a Parigi sotto pressione le azioni di Société Générale e di Renault, la prima che detiene una quota nella russa Rosbank e la seconda che controlla la casa auto Avtovaz; a Copenaghen scivola Carlsberg a causa della forte esposizione verso la Russia, così come a Francoforte sono andate male le Metro ed a Vienna si sono vendute le azioni della Banca Raiffeisen, che registra una grossa fetta del proprio fatturato in Russia. In chiusura forte ribasso per tutti i principali listini europei, da Londra (-1,49%) a Madrid (-2,33%), da Parigi (-2,66%) a Francoforte (-3,44%).

Giornata pesante anche per gli indici americani dopo il nuovo massimo storico fissato dall’S&P500 lo scorso venerdì, con gli investitori a vendere i titoli che fanno affari con Russia ed Ucraina per spostarsi su titoli considerati più sicuri, ad esempio le azioni delle società minerarie specializzate nell’estrazione di oro.

A seguito della cattiva intonazione del comparto finanziario anche Milano ha aperto in caduta, in una seduta difficile soprattutto per Unicredit, penalizzata dalla forte esposizione dell’istituto in Russia, portando Piazza Affari (FTSE Mib -3,34%, FTSE Italia All Share -3,25%) a concludere la giornata con uno scivolone.

Lunedì nero per i bancari, influenzati dal crollo di Unicredit (-6,16%) riconducibile alla forte esposizione dell’istituto in Russia e dal fatto che la banca italiana è il secondo istituto europeo a livello di esposizione in Ucraina; in rosso anche Monte dei Paschi di Siena (-3,32%) sui rumors di un’azione di responsabilità da 750 milioni di euro contro gli ex vertici dell’ente che la Fondazione MPS potrebbe intentare per le operazioni condotte nel periodo 2008/2011.

Tra i titoli a maggior capitalizzazione calo del 2,06% per Eni sulle voci che Tesoro e Cassa Depositi e Prestiti potrebbero cedere il 3% del capitale sociale senza attendere il termine del piano di riacquisto di azioni proprie; Fiat Chrysler (-1,25%) sul dato delle immatricolazioni di automobili in Italia a febbraio, anche se le vendite di Chrysler negli Stati Uniti hanno registrato un aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo nel 2013.

Sul fronte del debito sovrano, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza chiude in rialzo a 190 Bp (Basis point, punti base), con il tasso sul decennale italiano fissato al 3,45%.

Lo spread tra titoli decennali spagnoli e tedeschi attesta il tasso dei Bonos al 3,49%, con un differenziale di 195 punti base. 

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