TRIESTE – Piazza Affari al centro del palcoscenico continentale nella settimana entrante, ricca di semestrali “di peso” (Mediaset, Saipem, Fiat Chrysler, ENI, Enel, Finmeccanica, Generali) e di aste di titoli di Stato (BOT a sei mesi e BTp a 5 e 10 anni), dopo la comunicazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, in considerazione dell’ampia disponibilità di cassa, non si effettueranno i collocamenti di titoli a medio-lungo termine e di BTPei previsti per il 13 e 26 agosto 2014 prossimi.
Gli investitori hanno mantenuto finora la calma contenendo il “fear factor”, cioè il fattore-paura, legato alle ripercussioni geopolitiche della crisi in Ucraina e dell’invasione israeliana in Palestina, lasciando prevalere su di esso la ripresa economica globale, la liquidità delle banche centrali e la crisi nell’Eurozona; certo è che le nuove tensioni amplificano le incertezze di un mercato che si muove da troppo tempo sulla sola spinta della liquidità straordinaria delle banche centrali e del sostegno offerto dalle trimestrali americane, ambito dall’equilibrio complessivo quanto meno precario.
È dunque la ricerca di stabilità la causa dei continui alti e bassi che hanno caratterizzato la precedente ottava, nonostante i quali il FTSE Mib, indice azionario di riferimento per Borsa Italiana, ha conseguito un guadagno dell’1,57% che, sommato ai precedenti risultati, ha portato il rialzo da inizio anno all’11,05%.
Tutto sommato un risultato apprezzabile che indica una certa qual tenuta del Belpaese, anche se la vera resa dei conti si avrà il prossimo settembre con la nota di variazione del DEF (Documento di Economia e Finanza) seguita, a metà ottobre, dalla presentazione a Roma ed a Bruxelles della Legge di Stabilità. Con l’Italia a viaggiare pericolosamente tra una crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) prossima allo zero (o pochissimo più) ed un’inflazione bassissima, non stupisce che l’elevatissimo debito pubblico, il secondo in rapporto al PIL dopo quello greco, releghi la terza economia d’Europa nella scomoda posizione di osservata speciale dell’Unione: sembra proprio giunto il momento che il nostro Governo realizzi che per avviare il Paese verso una qualche forma di ripresa non servono riforme annunciate od in gestazione, ma realizzate.
I modelli a cui ispirarsi non mancano: la Spagna ha richiamato rilevanti investimenti esteri puntando sul binomio “riforma del lavoro (privato e pubblico)/riduzione delle tasse”, mentre la Gran Bretagna si è dedicata a significativi tagli della spesa pubblica (“spending review”) ed aggiustamenti della fiscalità, mutando in un sistema capace di una crescita del PIL senza uguali nella classifica del G7: il 3,2% stimato per quest’anno. Considerato che il Jobs Act è finito in coda alle priorità del nostro Governo e che una crescita del PIL delle proporzioni di quella di Londra risale alla caduta del Muro di Berlino (1989), c’è da chiedersi con quale faccia si possa pretendere da Bruxelles maggior flessibilità nello scambio con le riforme.
All’insegna di questi dubbi si apre oggi una settimana così carica di appuntamenti da potersi definire topica, dopo che lo scorso venerdì le deludenti trimestrali da parte di giganti come Visa ed Amazon hanno portato al ribasso i listini europei; un crescendo di dati macroeconomici ed appuntamenti internazionali di rilievo segnano dunque questa ottava, che avrà il suo momento clou nella giornata di mercoledì con la riunione della Federal Reserve: gli operatori valutano pressoché scontata la prosecuzione del “tapering” con un ulteriore taglio da 10 miliardi di dollari sugli acquisti di bond, considerato che in seno alla Banca centrale si discute già del timing per ricominciare ad alzare il costo del denaro. I dati sul mondo del lavoro USA che saranno pubblicati nello stesso giorno (occupazione nel settore privato ed andamento dei mutui e del PIL trimestrale) sicuramente influenzeranno la decisione, anche se l’appuntamento più importante sarà con il Job Report di venerdì prossimo.
Su questa sponda dell’Atlantico saranno invece comunicati il tasso di disoccupazione di giugno ed i dati sull’inflazione dell’Eurozona, con l’andamento dell’occupazione e delle vendite al dettaglio in Germania a focalizzare l’attenzione generale dopo i recenti segnali di debolezza palesati dall’economia tedesca, tali da far temere un inceppamento negli ingranaggi della locomotiva d’Europa.
Tra i dati macroeconomici comunicati oggi apprendiamo che a luglio l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane, la sintesi degli aumenti della fiducia delle imprese dei servizi di mercato, di costruzione, del commercio al dettaglio e della lieve diminuzione della fiducia delle imprese manifatturiere, è salito a 90,9 punti dai precedenti 88,2: sono cioè migliorate le attese di produzione (da 6 punti a 8 punti il saldo), ma sono peggiorati i giudizi sugli ordini (da -21 punti a -23 punti).
Inizio di settimana positivo per le Borse asiatiche che, grazie alla ripresa degli utili mostrata dalle aziende della regione ed a valutazioni dell’equity ritenute interessanti, hanno spinto l’indice MSCI dell’area in rialzo dello 0,5%. La Borsa di Tokyo (+0,5%) ha chiuso anche oggi in progresso, beneficiando di alcune notizie positive arrivate dal fronte societario che hanno portato l’indice Nikkei ai massimi degli ultimi sei mesi.
Gran balzo degli utili delle imprese industriali cinesi a giugno (+17,9%), rialzo più consistente da settembre,
che dopo mesi di affanni e timori sono tornate ad attrarre gli investitori grazie a prezzi di mercato a livelli quasi scontati; a mettere le ali alle Borse del Dragone sono state però le aspettative di ampie riforme nel settore bancario che ruotano attorno alla privatizzazione delle banche regionali, tali da portare Shanghai (+2,4%), Shenzhen (+2,1%) ed Hong Kong (+0,9%) a conseguire performance di tutto rilievo, con guadagni che hanno alimentato l’ottimismo degli investitori nella ripresa dell’economia.
Partenza con il freno a mano tirato per le Borse del Vecchio Continente, dove un report della banca d’affari Goldman Sachs sulle strategie di investimento consiglia di mantenere un approccio neutrale ai mercati a causa di prezzi sull’azionario ritenuti eccessivi; la seduta è poi proseguita in maniera contrastata in attesa dei dati macro in arrivo dagli USA, ma il deludente dato sull’andamento dei contratti di compra-vendita delle abitazioni e l’avvio sottotono del Dow Jones (-0,38%) hanno fatto prevalere in chiusura il segno negativo: cede Francoforte (-0,48%) mentre Londra (-0,05%) resta sostanzialmente invariata, con Parigi (+0,33%) in controtendenza.
Milano ha aperto in progresso, salvo rallentare il passo dopo pochi minuti; a riportarla in terreno positivo a metà seduta il buon esito delle aste dei titoli di Stato (i Ctz biennali hanno registrato un nuovo minimo storico), ma la cattiva intonazione del comparto finanziario e le tensioni politiche in Medio Oriente, riaccese da disordini in Libia dopo l’incendio di due grandi serbatoi di petrolio a Tripoli, hanno innervosito Piazza Affari (FTSE Mib -0,59%, FTSE Italia All Share -0,58%).
Prevalenza di vendite sui bancari, con flessioni per Monte dei Paschi di Siena (-1,87%), Unicredit (-0,33%) ed Intesa Sanpaolo (-0,78%); passo indietro di Generali (-0,2%) nonostante la conferma del rating “A-“ da parte di Fitch; debole Finmeccanica (-2,5%) nell’attesa dei conti semestrali che saranno diffusi giovedì; ancora vendite su Mediaset (-2,7%) dopo la notizia che la concorrente Sky creerà una piattaforma europea delle pay tv; Fiat (-1,86%) attorno ai valori di venerdì scorso.
Sul fronte del debito sovrano ulteriore calo della differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp marzo 2024) ed il corrispondente titolo tedesco, con lo spread sul Bund tedesco sceso a 152 Bp (Basis point, punti base) per un tasso del 2,67%.
In contrazione anche lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, portatosi a 46 Bp dai 50 della chiusura precedente per un rendimento sceso sotto allo 0,51%.
Continua a scendere anche lo spread tra Bonos spagnoli decennali e Bund tedeschi, ora a 134 punti base per un tasso del 2,49%. Come precedentemente accennato, oggi è iniziata una tre giorni di aste di titoli di Stato italiani; stamane sono stati collocati un CTZ e due BTP indicizzati all’inflazione che hanno registrato una forte domanda con rendimenti in sensibile calo.
La settima tranche di CTZ scadenti il 29 aprile 2016 è stata collocata al massimo della forchetta indicata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per un ammontare complessivo di 2,25 miliardi di euro, con un rapporto di copertura (rapporto tra titoli richiesti e titoli offerti) pari a 2, in forte aumento rispetto all’asta di giugno; il rendimento dello 0,428% ha rappresentato il nuovo minimo storico.
La diciassettesima tranche dei BTP settembre 2018 e la sedicesima tranche dei BTP settembre 2026, entrambe indicizzate all’inflazione, hanno registrato rapporti di copertura di 2,38 e 2,48 rispettivamente, in aumento rispetto alle precedenti aste di maggio ed aprile; riguardo al primo il rendimento lordo è stato dello 0,25%, mentre per il secondo corrisponde all’1,66%.