TRIESTE – Lo scorso venerdì la chiusura della settimana di Borsa coincideva con quella del mese di agosto: nel periodo compreso tra lunedì 25 e venerdì 29 il FTSE Mib, il più rappresentativo indice azionario di Borsa Italiana, ha guadagnato il 2,67%, chiudendo a quota 20.450 punti e portando il rialzo da inizio anno al 7,82%; a causa del calo agostano dello 0,58%, quarta performance mensile consecutiva in rosso, Milano ha dovuto così cedere il primato europeo a Madrid (+8,2%).
Con la nuova ottava apertasi due giorni fa i mercati tentano di riprendersi dai recenti nervosismi che li hanno percorsi, sostenuti dai cospicui aggiornamenti macroeconomici in agenda e dall’ottimismo portato dalla sospensione delle ostilità nel bacino minerario del Donbass nell’est Ucraina, raggiunta grazie ad un accordo telefonico tra il presidente Petro Poroshenko ed il leader russo Vladimir Putin.
La settimana è iniziata con la pubblicazione dei dati sulla manifattura delle principali economie globali, fatta eccezione per gli USA: l’indice PMI per il settore manifatturiero elaborato da Markit Economics ha toccato i minimi da 13 mesi per l’Eurozona, da 11 mesi in Germania, da 14 mesi in Italia e da 15 mesi in Francia, con le prime due a mantenersi in fase di espansione (letture superiori ai 50 punti) e le seconde in una situazione di contrazione (letture inferiori ai 50 punti).
In questo difficile periodo per la locomotiva d’Europa il PIL (Prodotto Interno Lordo) tedesco ha confermato un calo dello 0,2% su base trimestrale ed un rialzo dello 0,8% rispetto allo scorso anno, avvalorando tanto le stime preliminari quanto le attese del consensus.
Dal Ministero dell’Economia e delle Finanze è arrivato invece il dato del fabbisogno statale del Belpaese, indicatore particolarmente interessante in questi tempi di intenso lavorio ai documenti finanziari dello Stato (Documento di Economia e Finanza e Legge di Stabilità): nei primi otto mesi del 2014 si è attestato a circa 50,4 miliardi di euro, un progresso di oltre 10,6 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2013, mentre il miglioramento registrato nel fabbisogno di agosto, pari a circa 7,5 miliardi rispetto ai 9,42 dello stesso mese dell’anno precedente, è ascrivibile a minori pagamenti dal bilancio dello Stato, tra cui quelli per interessi sul debito pubblico, a fronte di una sostanziale invarianza degli incassi fiscali.
Oggi sono stati diffusi i dati delle vendite al dettaglio a luglio della Zona Euro che segnano una contrazione dello 0,4% su base mensile ed una crescita dello 0,8% su base annuale, ma ben più attese erano le comunicazioni riguardo al PMI composito, che sintetizza l’andamento del settore manifatturiero assieme a quello del terziario. L’economia europea resta in fase di espansione (indici confermati sopra quota 50) anche se il risultato del mese di agosto è stato anche peggiore dell’indicazione preliminare diffusa nei giorni scorsi, così come in Germania, Francia ed Italia, quest’ultima passata addirittura in fase di contrazione.
Sulla scorta di questi aggiornamenti sull’andamento economico del Vecchio Continente siamo così arrivati ad oggi, giro di boa dell’ottava e vigilia di grandi appuntamenti: stasera la Fed americana diffonderà i dati relativi alla pubblicazione del “Beige Book”, il rapporto sulla congiuntura a stelle e strisce, ma l’attesa dei mercati è da tempo focalizzata sulla riunione della Banca Centrale Europea (BCE) in programma giovedì.
A questo proposito ed all’indomani del rimpasto di governo in Francia che ha visto l’entrata nel nuovo esecutivo di Emmanuel Macron, un fedelissimo del presidente Hollande, come ministro dell’Economia, e delle parole pronunciate da Mario Draghi al summit dei banchieri centrali di Jackson Hole qualche giorno fa, non sembra un caso che i massimi esponenti economici europei si siano messi a ragionare sulla possibilità di concedere ai singoli governi degli spazi di manovra in cambio di riforme strutturali, in linea con quanto rivendicato da tempo proprio dalla Francia di Hollande e dall’Italia di Renzi.
Rivendicazioni che sia in termini di scelte monetarie ed interventi straordinari («Il rischio di fare troppo poco è maggiore di quello di fare troppo») sia in termini di politiche economiche e vincoli di bilancio («La flessibilità presente nelle norme europee potrebbe essere utilizzata per affrontare meglio la debole ripresa economica e per concedere margini per coprire i costi delle riforme strutturali») traggono forza da alcune recenti affermazioni del numero uno della BCE, la cui interpretazione ha riacceso i toni del confronto sul rigore e sull’austerità di bilancio imposti dai vincoli delle norme comunitarie sui conti pubblici, note anche come Six Pact.
Il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaüble in settimana aveva già provato a parlare di una “mala interpretazione” del discorso del Governatore nel tentativo di frenare la crescente esuberanza dei mercati, ammaliati dalle parole di Draghi accolte come un preludio ad azioni straordinarie da parte dell’Eurotower, nello specifico un programma di allentamento quantitativo (Quantitative Easing) sul modello di quello felicemente adottato dalla Fed americana.
Sicuramente nell’Eurozona l’inflazione oggi si attesta su livelli molto bassi, fattore al quale si combina una crescita economica al di sotto delle attese che, a sua volta, produce una revisione al ribasso delle aspettative di medio termine dell’inflazione stessa, tuttavia è difficile pensare che giovedì la BCE possa annunciare l’adozione di ulteriori misure di politica monetaria prima di aver valutato l’effettivo impatto dei TLTRO, l’extra ammontare di liquidità che l’Istituto di Francoforte fornirà il mese prossimo alle banche per rivitalizzare il credito alle famiglie ed alle imprese. Nonostante ciò più di un analista inizia a credere che un taglio ulteriore al costo del denaro sia possibile, con l’obiettivo dichiarato di indebolire un euro già ai minimi da un anno ed il cui corso potrebbe scendere ulteriormente a seguito della prossima stretta monetaria negli USA, dove il consolidamento della ripresa americana rafforza progressivamente il dollaro.
Seduta positiva per i mercati asiatici, aiutati dalla corsa del biglietto verde che indebolisce le valute locali favorendo le esportazioni, alle quali la debolezza monetaria consente di piazzare i prodotti con maggiore facilità grazie alle politiche di prezzo. In mattinata la Borsa di Tokyo (+0,38%) è riuscita a toccare durante gli scambi il massimo da oltre sette mesi, per poi ripiegare nel finale. I buoni dati macro provenienti per l’economia cinese dall’indice PMI dei servizi parlano di un’espansione economica del settore, portando Shanghai (+1%) alla quarta seduta positiva consecutiva ed Hong Kong (+2,3%) a credere nella ripresa dell’economia.
Avvio positivo per le principali Borse del Vecchio Continente, positive anche a metà seduta, con gli operatori con in ansia per le decisioni della BCE, sempre più convinti che i poco esaltanti dati congiunturali dell’Eurozona possano aumentare le probabilità di un intervento straordinario dell’Eurotower; in seguito all’allentamento delle tensioni politiche tra Ucraina e Russia il clima si è disteso ulteriormente, consentendo la buona chiusura di Londra (+0,65%) e performance attorno al punto percentuale a Parigi (+0,99%), Madrid (+1,23%) e Francoforte (+1,26%).
Buona partenza di Piazza Affari (FTSE Mib +1,88%, FTSE Italia All Share +1,71), trainata da una Pirelli sugli scudi da qualche seduta grazie a una serie di report favorevoli; il giro di boa vede la corsa delle banche favorite dal buon andamento dello spread, ma anche di Eni ed Enel dopo che il premier Matteo Renzi, dalle pagine del quotidiano Sole 24 Ore, ha dichiarato che la cessione di pacchetti delle due aziende non è una priorità; la società elettrica ha anche beneficiato delle indiscrezioni che vorrebbero prossima la vendita del 17% della controllata spagnola Endesa, per un incasso stimato di circa 5 miliardi di euro.
Sul fronte del debito sovrano in leggera contrazione la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp settembre 2024) ed il corrispondente omologo tedesco, 153 Bp (Basis point, punti base) che corrispondono ad un tasso del 2,45%. Minima diminuzione dello spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, portatosi a 43 Bp per un rendimento confermatosi allo 0,40%.
Lo spread tra titoli spagnoli decennali e Bund tedeschi ha registrato una chiusura a 132 punti base, pari ad un rendimento del Bonos del 2,27%.