BCE. QE contro austerity e deflazione

 

Contro ogni attesa l’Eurotower ha sorpreso i mercati: taglio dei tassi, acquisti di ABS e covered bond. Draghi ammonisce: «a questo punto le riforme strutturali devono chiaramente prendere slancio»

TRIESTE . Ad una settimana di distanza e contro ogni aspettativa, tanto di cappello a quello sparuto numero di analisti (sei esperti su un panel di 57) che prevedeva il taglio del costo del denaro che, in maniera sorprendente ed inaspettata, la Banca Centrale Europea (BCE) ha attuato giovedì scorso, portando il tasso di riferimento ad un nuovo minimo storico.

La persistenza della bassa inflazione nella Zona Euro ed i nuovi tagli sulle stime di crescita dei prezzi al consumo per quest’anno hanno infatti indotto il board dell’istituto guidato da Mario Draghi a ridurre di 10 punti base i saggi d’interesse, portando il tasso di rifinanziamento principale allo 0,05% (dallo 0,15%), quello sui depositi a -0,20% (da -0,1%) ed il tasso di rifinanziamento marginale allo 0,3% (dallo 0,4%), nel tentativo di migliorare la congiuntura e sostenere le aspettative di inflazione.

La riduzione del tasso di rifinanziamento principale è finalizzata all’ottenimento di una svalutazione dell’euro nei confronti del dollaro, obiettivo che dovrebbe spingere le istituzioni finanziarie a sovvenzionarsi in moneta unica a costi praticamente azzerati per poi investire la liquidità così ottenuta  in altre valute più redditizie; l’indebolimento della divisa comunitaria aiuterebbe le esportazioni dell’Eurozona, che a loro volta ridarebbero fiato all’inflazione. Il peggioramento della remunerazione sui depositi comporta invece maggiori oneri per quelle banche che preferissero mantenere le proprie disponibilità “parcheggiate” presso l’istituto di Francoforte, rendendo loro preferibile impiegare tali risorse nel ben più remunerativo circolo economico.

Decisioni assunte dal board della BCE «in modo non unanime», come ha avuto modo di spiegare lo  stesso Mario Draghi nella conferenza stampa a corollario delle decisioni di politica monetaria, così come senza unanimità si è deciso di avviare dal prossimo mese di ottobre un programma di “Credit Easing” (CE, alleggerimento creditizio) tramite acquisti di Asset Backed Securities “semplici e trasparenti” (ABS, titoli obbligazionari emessi a seguito di un processo di cartolarizzazione – cessione di attività o beni di una società attraverso l’emissione ed il collocamento di bond – poi ceduti a terzi, che recuperano il proprio investimento attraverso la garanzia del capitale, costituita dal valore degli asset cartolarizzati; solitamente i beni ceduti sono costituiti da crediti, ma possono essere anche immobili, strumenti derivati od altro, da cui la precisazione riguardo alla loro complessità) e covered bond (obbligazioni garantite, solitamente emesse da una banca e caratterizzate da un profilo di rischio molto basso ed elevata liquidità; il loro rimborso, in caso di fallimento dell’emittente, è assicurato dalla possibilità di rivalersi su attività di elevata qualità appositamente accantonate: crediti fondiari ed ipotecari, crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni o garantiti dalle medesime) per un controvalore totale indicato da parte della stampa in circa 500 miliardi di euro per tre anni: in questo modo gli istituti di credito avranno tutti i mezzi e le garanzie per prestare soldi all’economia reale, stante la possibilità di “impacchettare” i nuovi prestiti in titoli derivati che la BCE si impegna a riacquistare secondo un piano programmato.

Ritornando al livello dei tassi, Draghi ha testualmente affermato che «ora è chiaro che abbiamo raggiunto il livello minimo», specificando così che il limite inferiore è stato toccato e che da qui in avanti non saranno più possibili ulteriori aggiustamenti, forse una mossa “tecnica” per potenziare l’impatto delle TLTRO (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, piani di rifinanziamento vincolati a lungo termine) di settembre e dicembre, ben 400 miliardi di euro di prestiti a lungo termine assoggettati al loro riutilizzo per l’erogazione del credito a famiglie ed imprese.

Il termine più adatto per descrivere la somma delle decisioni prese, taglio dei tassi ed insieme dei piani di acquisto, è “imponenti”: Draghi stesso ha confermato la volontà della BCE di incrementare la propria situazione patrimoniale per riportarla a quei 1.000 miliardi di euro che rappresentano i livelli di fine 2012, equamente ripartiti tra TLTRO ed acquisto diretto di titoli; le modalità di attuazione del piano di acquisto di ABS saranno illustrate il 2 ottobre, in occasione della prossima riunione dell’Eurotower, mentre la portata dello stesso sarà funzione dell’andamento delle imminenti aste TLTRO.

Le decisioni di politica monetaria assunte dall’istituto di Francoforte costituiscono un compromesso tra quanti, all’interno del board, ritenevano che il rischio deflazione si dovesse arginare adottando una strategia simile a quella della Fed (ma anche della Banca d’Inghilterra e di quella del Giappone) e quelli che invece nutrono dubbi sull’efficacia di un Quantitative Easing “puro”, senza contare i malumori ed i disagi che una simile decisione potrebbe generare in paesi come la Germania: la soluzione è stata quella di incrementare in misura massiccia la situazione patrimoniale della BCE attraverso l’assunzione di rischi maggiori (ABS) pur senza raggiungere l’acquisto di titoli di Stato. Se queste misure non dovessero bastare a riportare l’inflazione verso l’obiettivo istituzionale del 2%, Draghi ha assicurato che la BCE è pronta a nuove «misure straordinarie che rientrano nel suo mandato», anche se di un vero e proprio “Quantitative Easing”, il massiccio acquisto di attività finanziarie (azioni o titoli, anche “tossici”) dalle banche per fornire liquidità al sistema quando famiglie ed imprese sono vittime di una stretta creditizia (“credit crunch”), nel Consiglio si discute nonostante sia assodato che «alcuni sono contrari a fare di più».

Il crescente disagio per il declino delle prospettive di sviluppo e delle aspettative di inflazione hanno determinato l’ultimo intervento dell’Eurotower, con Draghi in conferenza stampa a sottolineare come i «rischi al ribasso» ed i dati del terzo trimestre indichino una «perdita di slancio della crescita» mentre «l’alta disoccupazione frena la ripresa; pur tuttavia la BCE prevede non una fase di deflazione quanto un periodo prolungato di bassa inflazione: non a caso a settembre aveva rivisto la stima per il 2014 allo 0,6% confermando invece quelle 2015 e il 2016 all’1,1% ed all’1,4%.

Con l’inflazione dell’Eurozona sempre più piatta e tendente allo zero ed una ripresa economica che latita, la posizione dell’istituto di Francoforte appare alquanto delicata, tanto da spingere il proprio governatore a chiarire quanto affermato nell’assai dibattuto intervento a Jackson Hole: l’interpretazione autentica subordina il ritorno dell’inflazione al 2% ad un riattivazione della crescita, concretizzabile affiancando alla politica monetaria l’aiuto della politica fiscale e delle riforme. Per quanto riguarda il riferimento «molto dibattuto» alla flessibilità sul fronte della politica fiscale, Draghi ha ribadito che «a questo punto le riforme strutturali devono chiaramente prendere slancio», specificando che l’allentamento del rigore da lui sostenuto prevede l’utilizzo di quella «flessibilità che già esiste nel Patto» e che «permette ai Paesi di sostenere i costi delle riforme strutturali e sostenere la domanda» dei consumatori, anche se un maggior coordinamento tra gli Stati membri sarebbe auspicabile.

L’Eurozona sta attraversando una crisi gravissima che richiede una totale rivoluzione sia nelle politiche dei governi che in quelle monetarie, nonché la loro combinazione. «Occorre passare senza più reticenze né preoccupazioni a un mix decisamente espansivo, in una misura mai vista prima» è stato il commento di Nouriel Roubini, docente ed economista statunitense della New York University, noto ai più per le sue previsioni sulla crisi finanziaria anticipate al Fondo Monetario Internazionale (FMI) nel 2006 accolte con scetticismo. «Il giudizio sulle misure intraprese da Draghi non può essere che positivo. Ha avuto coraggio, ha fatto un passo nella direzione giusta. – ha proseguito lo studioso – Però una vera svolta, e la possibile soluzione duratura al dilemma della crescita europea, verrà solo in presenza di un vero e proprio Quantitative Easing, l’acquisto massiccio e generalizzato di titoli privati e pubblici da parte della BCE».

 

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