Profughi. La leggenda degli “scafisti”

MILANO – Arrivano i barconi. Il Gruppo EveryOne sta cercando di evitare che si verifichino altri drammi del mare e dell’abbandono. Riceviamo appelli disperati e mettiamo in moto senza esitare i soccorsi, che sono palesemente inadeguati, ma che è tutto ciò su cui può contare un natante alla deriva.

E pensare che la Commissione europea ci aveva promesso, per iscritto, un programma di civiltà adeguato a monitorare le acque in cui si avventurano i rifugiati e ad assistere in modo moderno e veloce le barche in avaria! Alle parole, però, non ha fatto seguito alcun fatto e i morti che vengono dall’Africa sembrano irrealmente leggeri, sulla coscienza di chi li rifiuta o non fa nulla per accoglierli. Ovviamente, anche nel caso dei barconi da noi segnalati, la prima cosa a cui penseranno le autorità è la solita: arrestare un profugo che a loro avviso possa essere accusato di avere avuto il ruolo di “scafista”. Che ipocrisia e che ingiustizia. I governi fanno di tutto per ostacolare la partenza dei profughi verso l’Unione europea. Quindi, li costringono a ricorrere a mezzi costosi e pericolosi per tentare il viaggio della speranza. I migranti mettono insieme un mucchio di denaro per acquistare un barcone ed essere messi in mare, eludendo il controllo delle coste. Trattandosi – nei viaggi verso la Sicilia o Malta – di “carrette del mare”, a bordo non vi è alcuno “scafista”, che non potrebbe di certo tornare indietro a nuoto! Il capro espiatorio, però, bisogna trovarlo, per terrorizzare coloro che in futuro, fuggendo guerre e persecuzioni, affronteranno il mare. Chi ha prodotto questo atroce sistema di rifiuto dei profughi non ha un solo nome e non appartiene a un solo schieramento. Ecco perché, quando un potente cade in disgrazia, come accade in questi giorni, non provo alcuna soddisfazione, perché il mostro dalle molte teste, l’idra delle persecuzioni e delle crudeltà, rimane ben vivo e potente.

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