Spread Bpt-Bund alle stelle, crisi economica senza sbocchi se non si inverte la rotta

In poche ore, questa mattina, il differenziale fra i nostri Bpt e i bund tedeschi decennali, è volato oltre la soglia dei 460 punti base, essendo partito da 436, vale a dire il livello più alto dal 19 gennaio. Il rendimento dei Bpt decennali è oramai al 5,93%, un livello che si avvicina pericolosamente alla soglia critica del 6%. Lo spread fra i titoli spagnoli e tedeschi è arrivato questa mattina ai 520 punti; gli interessi sui Bonos a cinque anni hanno superato il 6%.

Altri indicatori congiunturali diffusi questa mattina dall’Istituto centrale di Statistica mostrano un’accentuazione della recessione, che inciderà negativamente sulla consistenza del nostro debito sovrano. Nel primo trimestre del 2012, l’indice aggregato del fatturato dei servizi registra una diminuzione tendenziale del 4,4%. A calare sono un po’ tutti i settori dei servizi, dalla ristorazione, alla riparazione degli autoveicoli, al commercio.

Di fronte ad uno scenario del genere, il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, molto saggiamente, dichiara: «Questo Paese deve ritrovare la via della crescita perché solo attraverso questa potrà combattere contro quello che è il più grave problema sociale, la disoccupazione e in modo particolare quella giovanile».

Per quanto concerne i conti pubblici, il Presidente dei commercialisti italiani Claudio Siciliotti, questa mattina ha affermato che sarà impossibile il pareggio di bilancio nel 2013, così come nel 2014 e nel 2015. Per confermare le sue affermazioni ha anche asserito che il prossimo anno si chiuderà con un deficit di 8,6 miliardi (0,56% del Pil), il 2014 con un deficit di 1,8 miliardi (0,11%) e nel 2015 con 0,6 miliardi (0,006%). La considerazione inevitabile da farsi è, dunque, che nonostante i tagli forsennati alle pensioni, al Welfare e ai servizi pubblici, non riusciremo a centrare il pareggio di bilancio se non nel 2016.

Dopo di che, con il tanto agognato bilancio in pareggio, non ci resterà che ascoltare il sempre più rumoroso respiro di un moribondo (l’Italia, perché quello di altre Nazioni sarà già cessato da tempo), oramai in procinto di sparire definitivamente dalle Nazioni sviluppate perché gli insani governi di centro-destra e il pensiero unico neoliberista l’hanno curata con dosi di antibiotici in grado di far sparire la malattia nel modo più rapido: l’eutanasia.

Forse un giorno ci si renderà conto della follia che ha albergato nei cervelli della grande stampa nazionale e internazionale, delle principali cattedre universitarie e fra gli analisti dei mercati finanziari, per non dire fra gli speculatori di Borsa e i grandi manager dei fondi sovrani, ci si renderà conto come fosse necessario (noi diremmo: improcrastinabile) un cambio di passo, una riforma strutturale del sistema, con l’apposizione di rigidi limiti alle transazioni finanziarie e alle cartolarizzazioni (cioè alla trasformazione delle attività in titoli e alla loro commercializzazione, che crea un profitto fittizio a breve termine), alle vendite allo scoperto (cioè, senza movimentazione effettiva di denaro), per salvaguardare l’economia reale, cioè salari, stipendi e investimenti, gli unici in grado di propagare il benessere economico. Ma, a quel punto, una resipiscenza tardiva non servirà più a niente, se non a ridisegnare il mappamondo e a redistribuire la povertà.

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