Il “ posto fisso” di Mario Monti. Una stupidaggine tira l’altra

 

Oggi ha cercato di centrare maggiormente il tiro, anche se la frittata oramai l’aveva già fatta e mangiata. “La mia frase serviva a dire che i giovani devono abituarsi all’idea di non avere un posto fisso per tutta la vita, come capitava alla mia generazione o a quelle precedenti, un posto stabile presso un unico datore di lavoro o con la stessa sede per tutta la vita o quasi” ha dichiarato il premier Mario Monti a “Repubblica tv”. Insomma, il bocconiano assurto alla guida del Paese ha cercato di riprendere le cuciture che nel frattempo si erano scucite. Ma non è che l’opera sia riuscita alla perfezione.

Man mano che continua nel suo lavoro a Palazzo Chigi, chiamato a suturare le ferite inferte dal berlusconismo al corpo del Paese che l’opposizione non è ancora in grado di eseguire, il premier mostra idee sempre più di destra e sempre più in linea con quelle dei pestiferi Brunetta e Sacconi. Quanto di meno adatto per avviare realmente l’Italia su una strada di equità e redistribuzione delle risorse. E la polemica sul “posto fisso” è stata di quelle che denotano anche la presenza di concezioni del tutto sballate, come capita sovente anche ai migliori economisti bocconiani. Già, perché affermare che è meglio “abituarsi a cambiare spesso luogo o tipo di lavoro e Paese” è una frase senza senso compiuto e senza logica, a meno che non si ritenga che la maggior parte degli individui in età di lavoro nel nostro Paese sia destinata ad emigrare. Inoltre, perlomeno a livelli medio-alti, come suggeriva a “Servizio pubblico” Susanna Camusso, un medico è un medico, così come un insegnante è un insegnante e un avvocato un avvocato. Quale tipo di lavoro dovrebbero cambiare, secondo la sconclusionata considerazione del nostro premier?

Se poi Monti si riferiva al fatto che un lavoratore debba abituarsi a cambiare datore di lavoro più spesso nel corso del suo ciclo produttivo, si tratta di una considerazione perfino più malferma dell’altra. Se il lavoratore è bravo e contendibile, sarà lui a indirizzarsi dove riceve una migliore remunerazione, in base alle condizioni del mercato e nessuno potrà mai contestargli nulla. Altrimenti non si capisce perché mai rimanere a lavorare in Fiat o in Daimler Benz, a fabbricare sapientemente Mercedes, per 35 anni dovrebbe essere interpretato come un fatto negativo.

D’altronde, la stessa carriera lavorativa di Mario Monti lo dimostra. A 26 anni ha il primo contratto come ordinario di Economia a Trento, poi all’Università di Torino, poi alla Bocconi, poi addirittura “a vita” al Senato. Lo ammetta, senatore: ha detto una emerita stupidaggine e noi non l’abbiamo fraintesa. D’altronde, abbiamo fatto il callo a diciassette anni di Silvio Berlusconi.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe