Articolo 18. Il Partito democratico si gioca il suo futuro nella sinistra europea

 

Il bivio oramai ce l’ha di fronte. Potrà fermarsi a riflettere ancora un po’, magari chiedere la direzione a qualche viandante, ma dovrà poi pur imboccare una strada. E quale potrà mai essere la strada giusta per il principale partito della sinistra italiana? Quella che accolla ancora una volta l’onere del risanamento sulle spalle dei lavoratori, che fino ad ora non hanno fatto altro che pagare una crisi che non hanno provocato? Ma davvero, gli Enrico Letta, i Morando, i Veltroni credono che gli elettori democratici capiranno un voto favorevole al disegno di legge governativo che stravolge completamente la normativa sui licenziamenti individuali, arretrandola di quarantadue anni e spacciandola per “riformista”?

Oggi, lo stesso Veltroni, in un’intervista al Tg3 di Bianca Berlinguer ammette con molta franchezza che ha fatto bene il segretario Pierluigi Bersani a ribadire che il suo partito non è disposto ad accettare alcuna intimazione da Mario Monti, che il disegno di legge si discuterà in Parlamento ed eventualmente saranno apportate alcune modifiche reputate necessarie. Già, perché così com’è, il testo di riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori produrrà in Italia un danno enorme agli attuali lavoratori con contratto a tempo indeterminato, gli unici che ancora potevano contare sulla tutela, non di un posto garantito da tutto e da tutti, ma di una occupazione che non avesse nulla da temere dal punto di vista delle garanzie giuridiche. Se il datore di lavoro non ha una vera esigenza economica o disciplinare, il licenziamento deve essere annullato con la reintegrazione, cioè come se non fosse avvenuto. Così funziona la “stabilità reale” del posto di lavoro in Germania, cioè nel Paese europeo dove il tasso di disoccupazione è ai minimi da decenni. È proprio su questo modello che il Partito democratico, o almeno una parte di esso, punta per modificare il disegno di legge governativo.

La questione dell’articolo 18, insomma, sta diventando il vero e proprio spartiacque per il Partito democratico fra la sua anima progressista e le spinte di destra che la dissennata unione con i post-democristiani della “Margherita” ha fornito in eredità. Ha ragione Nichi Vendola quando parla di “schifezza” riferendosi al testo di legge elaborato dal governo. Mai possibile che proprio questa “schifezza” debba decidere le sorti di un partito determinante per la sinistra italiana?

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