La deriva dei leader e la democrazia partecipativa

ROMA – Non so se le ”larghe intese” porteranno anche alla crescita economica. Per ora la sola crescita visibile è quella di Berlusconi nei sondaggi e nella benevola attenzione dei telegiornali del servizio pubblico.Trent’anni di giornalismo in Rai mi hanno insegnato a misurare la forza di un personaggio, di un governo o di un partito, dal favore più o meno grande, più o meno tiepido, applicato nei suoi confronti dai direttori. Non c’è dubbio che quello dimostrato al cavaliere in questi giorni  nelle cronache giudiziarie di tg1 e tg2 sia stato davvero notevole.

Grazie al conflitto di interessi, Berlusconi è ancora il più forte. Nonostante tutto. Non è detto che i processi in corso riescano a indebolirlo. Che ci piaccia o no, potrebbe addirittura avvenire il contrario. Comunque ha già messo le mani avanti: “resterò alla guida del centrodestra anche se riuscissero a cacciarmi dal parlamento, non è cosí che mi elimineranno”. L’interdizione dai pubblici uffici? Grillo propone l’ineleggibilitá? Ma è proprio lui a dimostrare che si può continuare a comandare pur restando fuori dalle istituzioni.
Il potere di B. dipende dal suo enorme potenziale mediatico e da un’ indiscussa capacitá di usarlo. Anche se, giorni fa, ”la guerra dei vent’anni ” su canale 5 – appena il 5,8% di share –  è stato un flop. ”Che fiasco, ha commentato Lerner, gli italiani non se la bevono” . Forse. Secondo me gli italiani che lo seguono se la sono giá bevuta da un pezzo, tanto che non hanno interesse alla rievocazione. Oppure, se non se la bevono, neppure si scandalizzano come noi e ci passano volentieri sopra.
Il potere di B. dipende dalla sua capacitá di vendere e di comprare. Tutto e tutti. Con il permesso della legge o senza. Anche per questo viene processato, ma anche per questo riuscirá probabilmente ad evitare una condanna definitiva. Se il suo “giudice a Berlino”, come lui intende la Cassazione, non desse garanzie sufficienti in tal senso, tra i suoi già si parla di un diabolico piano B. che prevede, prima della sentenza decisiva, crisi di governo ed elezioni anticipate. Grazie al porcellum, a una candidatura  alla Camera e alla maggioranza assoluta di seggi che per ora i sondaggi attribuiscono al centrodestra, il cav sfuggirebbe pure alla conferma eventuale dell’interdizione dai pubblici uffici da parte della Cassazione.
Ma il potere di B. non dipende soltanto dalla capacità di mobilitare il partito-azienda a tutela dei suoi interessi privati. Molto deve purtroppo all’inettitudine dell’opposizione ed in particolare, come é riconosciuto da molti, del partito democratico. Prima e dopo le elezioni politiche di febbraio. Se perfino il gruppo parlamentare rinnovato per etá e per genere – ma in realtá tuttora alquanto subalterno alle vecchie logiche correntizie – ha potuto dare uno spettacolo indecente con le votazioni per il Quirinale, ciò vuol dire che l’inefficienza non ê occasionale ma strutturale.
Un passaggio del manifesto-memoria che Fabrizio Barca ha intitolato “un partito nuovo per un buon governo” mi ha confermato nelle convinzioni che ho più volte provato a comunicare con i miei articoli. Eccolo. “Quando si è predicato il bipolarismo mutuando impropriamente dall’economia che la concorrenza migliora l’efficienza, si è attribuito all’alternanza la dote taumaturgica di curare i partiti, mettendo da parte i temi della loro organizzazione e democrazia interna, e arrivando a tollerare la deriva leader-clan anche in forme estreme e degenerate“. Ora, ditemi: la candidatura di Marini e la bocciatura di Prodi non sono forse anch’esse una conseguenza di questa deriva?
Le primarie non bastano ad evitarla, spiega Barca. “Al contrario, se non sono accompagnate da una radicale separazione fra partito e Stato e dalla ricostruzione di un rapporto continuo, teso, denso di contenuti pratici e di visione, fra un ristretto gruppo dirigente nazionale e gruppi dirigenti locali e iscritti, le ‘primarie del popolo’ tendono a dare legittimitá al cesarismo, appagando a poco prezzo la domanda di democrazia dei cittadini, e accentuano il tratto personalistico dei partiti”.
Concludendo, una democrazia interna non può funzionare con assemblee pletoriche fatte solo per misurare il consenso dei leader. Serve, in qualsiasi partito democratico, una comunicazione bidirezionale permanente fra elettorato, iscritti e gruppi dirigenti, che assicuri uno scambio di conoscenze e di idee in assoluta trasparenza. In un partito così, dove l’agenda fosse quella dettata dal bene comune dei cittadini e scritta con loro, l’incursione anonima di 101 franchi tiratori o misteri come quello sulla presunta proposta a Bersani da parte di D’Alema per una candidatura al governo di Rodotá (voce raccolta dal Fatto Quotidiano) non sarebbero  concepibili.
Solo se cessa di rappresentare interessi personali, di partito o di casta, la democrazia rappresentativa conserverà un ruolo insostituibile. Mentre la vera democrazia diretta non è quella delle piazze di Grillo, ma quella cantata da Giorgio Gaber, della partecipazione e del controllo vigile sul potere.  Con la rete oggi è più facile. Impariamo anche noi ad usarla. Prima cominciamo e meglio sará.

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