Porcellum e Mattarellum pari sono

ROMA -Per esprimere una valutazione e un giudizio sul Porcellum basterebbe ricordare l’ apoftegma latino: nomen omen! Peraltro un “nome” affibbiatogli dallo stesso proponente, il famigerato Calderoli. Che comunque non è stato il solo responsabile del misfatto: sia nella genesi che nella sua sperimentazione e attuazione, durata ben otto anni. Esso infatti fu sostanzialmente condiviso da tutte le parti politiche che in ben tre legislature hanno governato, dal 2003 fino ad oggi, dichiarato e fiat ora! incostituzionale in riferimento al premio di maggioranza assegnato e all’impossibilità per l’elettore di fornire una preferenza.

Bene. Oggi tutti dicono di non voler più quella “porcata”. Ma vogliono ritornare al Mattarellum e al feticcio dell’uninominale e del maggioritario, su cui quel sistema elettorale si fonda.

Evidentemente niente hanno imparato dalla sperimentazione di quella legge elettorale come niente hanno appreso dalla storia. Occorre infatti ricordare che il sistema maggioritario e uninominale, nonostante la retorica e le chiacchiere che si fanno sul “nuovismo” e sul rinnovamento, è un vecchio arnese dell’Italia prefascista, uno dei principali strumenti di potere del Partito liberale di allora, dato che i suoi esponenti, in genere appartenenti alle élites locali, riuscivano a raccogliere senza troppe difficoltà – grazie anche a rapporti personali, di amicizia e di clientele – l’appoggio di un esiguo manipolo di elettori.

Con l’introduzione del suffragio universale (maschile) nel 1913 e del sistema elettorale proporzionale nel 1919, il vecchio sistema politico finì gambe all’aria e si affermarono proprio quei grandi Partiti democratici e di massa, quello Socialista e quello Popolare, che si erano battuti contro il Partito dei notabili,  delle clientele, della corruzione e della malavita e dunque, contro il sistema uninominale e maggioritario che lo favoriva.

Fu il Fascismo – non a caso – da meno di un anno al potere, ad abolire il sistema proporzionale e a reintrodurre un particolare maggioritario. Il Governo di Mussolini infatti, fra il Luglio e il Novembre del 1923, fece approvare alla Camera e al Senato una nuova legge elettorale – detta Legge Acerbo, dal nome del proponente ed estensore, un sottosegretario – che introdusse un premio di maggioranza: avrebbe ottenuto i 2/3 dei seggi 356 (alla Camera) la lista che avesse ottenuto il maggior numero dei voti e il restante terzo, da ripartire su base proporzionale, alle liste rimaste soccombenti.

Il disegno era chiaro: eliminare di fatto ogni ipotesi di opposizione parlamentare, assicurarsi una maggioranza assoluta, accrescere l’indipendenza del potere esecutivo, preparare un regime a partito unico. Esattamente ciò che tragicamente si avvererà e si realizzerà.

Caduto il Fascismo e ritornata la democrazia, ancora una volta non a caso si opterà di nuovo per il sistema proporzionale. Cercò di attentare a questo sistema nel 1953 De Gasperi, che per garantire alla DC e ai suoi alleati una maggioranza in grado di mantenere la stabilità governativa su una linea centrista, fece approvare in Parlamento una legge che assegnava il 65% dei seggi alla Camera, al partito o al gruppo di partiti che avessero raggiunto il 50% più uno dei voti. I risultati elettorali impedirono lo scatto di quella legge (i quattro partiti di centro, apparentati, ottennero solo il 49,85% dei voti)  ma i partiti di sinistra la battezzarono ugualmente legge-truffa.

Ebbene oggi, la parte maggioritaria dei nipotini di quella sinistra che allora innalzò le barricate contro De Gasperi, pare disponibile, pur di interrare il Porcellum, a riesumare il Mattarellum, una legge centomila volte più truffaldina di quella del 1953.

Ubriacati ancora dalle mirabolanti promesse di Segni e del suo Referendum del 9 Giugno del 1991, quando più del 90%  degli italiani – ma al Sud votarono solo il 55,3% degli elettori e al Nord il 68,3 –  si espressero a favore di un sistema maggioritario corretto (il 25% dei seggi veniva assegnato ancora su base proporzionale) e uninominale.

 

Segnatamente su tre punti si scatenò allora la propaganda e la demagogia dei referendari: la lotta alla partitocrazia, il rapporto diretto fra eletto ed elettore, e la“governabilità”.

 Bene: a 22 anni di distanza, visti i risultati, possiamo fare un bilancio spassionato in merito ai miracoli che il nuovo sistema elettorale, incarnato proprio nel Mattarellum  del 1993, avrebbe dovuto compiere. I dati sono davanti a tutti: il nuovo sistema elettorale maggioritario e uninominale ha incoraggiato e ingrassato la partitocrazia. Ma non solo: lungi dal favorire un rapporto diretto fra eletto ed elettore, lo ha eliminato del tutto, impedendo a chi vota qualunque scelta. Nella scheda infatti troviamo già deciso e stampigliato il candidato, un solo candidato, deciso da pochi gerarchi di partiti e partitini, piccole e grandi lobby che aggregatisi in una coalizione, semplicemente per motivi di interesse e di potere, decidono chi candidare e dunque – a priori –  si spartiscono i seggi. All’elettore solo il compito di segnare con una croce e di avallare quanto è stato deciso in qualche stanza segreta dai capibastone. Che candideranno – manco a dirlo – amici, famigli, portaborse, funzionari-dipendenti di partito – e di azienda berlusconiana –  purché tutti siano fedeli e servili nei confronti dei rispettivi “capi”. Certo, ci sarà pure qualche eccezione, ma solo per confermare la regola.

Infine la “governabilità”. Ebbene, a parte che al cittadino interessa che si governi bene e non comunque, ci siamo dimenticati che, vigente quel sistema elettorale, in tre legislature abbiamo assistito a crisi provocate da partitini facenti parte dei due poli?

Che si ritorni dunque al proporzionale puro e alle liste, con la preferenza. Una testa, un voto: e niente più truffe e imbrogli di premi di maggioranza o sbarramenti di sorta, comunque motivati. Perché le elezioni si fanno soprattutto per esprimere, da parte dei cittadini, i loro rappresentanti in Parlamento.

E soprattutto che si inizi a combattere la cultura del capo, del “governatore”, del “presidenzialismo”, dell’uomo della provvidenza, sottesa all’uninominale e al maggioritario. Lasciamo questo ciarpame di incultura e di perversione della rappresentanza, della democrazia e della libertà, a chi, storicamente, né è stato il titolare e il depositario: la Destra. Non risolveremmo certo la crisi dei Partiti e della politica ma sicuramente potremmo mettere una diga perché essa non si inabissi definitivamente nella melma.

Condividi sui social

Articoli correlati