Sblocca Italia sì, Sblocca Italia no: vantaggi e svantaggi per un Paese al tracollo

ROMA – Il decreto legge n° 133/2014, cd. Sblocca Italia, è l’ultimo “nato” del Consiglio dei Ministri a seguito della deliberazione del 29 Agosto 2014. 44 articoli studiati per riqualificare le sorti del Paese e rilanciare l’economia italiana. 

In generale, il decreto prevede “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e la ripresa delle attività produttive”.

In pratica, sono stati stanziati 3,9 miliardi di euro per far ripartire le opere in Italia e sbloccare i cantieri già finanziati ma incagliati da tempo, potenziare la rete autostradale e ferroviaria, realizzare reti di comunicazione a banda ultralarga, defiscalizzare gli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto, incentivare al finanziamento con project bond e pianificare strategicamente il sistema portuale e logistico.

Diversi i vantaggi che dovrebbero derivare dal provvedimento. Lo snellimento burocratico delle opere di riqualificazione, dalle autorizzazioni ai permessi, dagli oneri alle agevolazioni, fa sì che il settore edilizio esca dalla situazione di difficoltà cronica dell’ultimo decennio. L’obiettivo è quello di continuare sul sentiero degli interventi che negli ultimi anni hanno cercato di aumentare la semplificazione delle procedure.

Novità interessanti nelle opere domestiche. Il decreto infatti consente l’avvio ai lavori solo presentando la dichiarazione e la certificazione tecnica che attesti che l’intervento non coinvolgerà parti strutturali.

Importanti modifiche anche nelle certificazioni relative ai lavori: in particolare, la Scia è destinata a sostituire la vecchia Dia, tranne che in qualità di sostituzione del permesso effettivo.

Misure innovative sono state poi introdotte in merito alla destinazione d’uso, in particolare la possibilità di assegnare un edificio a differente categoria funzionale, che sia residenziale, turistico-ricettiva, produttiva, commerciale o rurale.

Come ogni decreto che si rispetti non mancano i danni e le problematiche varie come conseguenza dell’attuazione del provvedimento o, meglio, della non-attuazione. E’ pensiero comune, infatti, che il Decreto difficilmente riuscirà a sbloccare la situazione italiana.

Innanzitutto, per quanto riguarda le Infrastrutture, deiquasi 4 miliardi stanziati per sbloccare le “opere indifferibili, urgenti e cantierabili per il rilancio dell’economia”, circa 3 e mezzo saranno disponibili solo a partire dal 2017 (articolo 3 comma 1). Quanto alla scelta delle opere “urgenti e indifferibili”, prima su tutte l’alta velocità Napoli-Bari, il governo invece di puntare esclusivamente al potenziamento e alla modernizzazione della rete ferroviaria per adeguarsi agli standard europei, stanzia metà dei soldi per strade e autostrade, opere sicuramente poco utili a smuovere l’economia e a migliorare la vita degli italiani.

Relativamente all’Edilizia, invece, mancano nel decreto le misure di proroga e stabilizzazione degli ecobonus che hanno consentito a milioni di famiglie di ridurre notevolmente la spesa per elettricità e gas, con effetti importanti anche sulla riduzione delle emissioni inquinanti. Anche in questo caso, il governo ha scelto la continuità con “l’illegalità del passato”, quello dei condoni edilizi, dei piano casa, etc…, varando una normativa che permetterà di trasformare, senza controllo alcuno, la destinazione d’uso degli immobili. Ne vedremo delle belle!

Infine, dal punto di vista energetico, ci troviamo di fronte al via libera incondizionato delle trivellazioni petrolifere in mare e per terra. L’unica conseguenza allo sfruttamento del sottosuolo sarà il danno ambientale e non ne deriverà alcun vantaggio economico. Si pensi infatti che il petrolio disponibile basterebbe a soddisfare soltanto poche settimane del nostro fabbisogno energetico. La ricerca di nuove fonti rinnovabili ed inesauribili è sì necessaria all’Italia per progredire nella rivoluzione energetica già in atto e per raggiungere la tanto agognata indipendenza energetica, ma sicuramente puntare sul petrolio non è la scelta migliore.

E’ realmente questa la priorità dell’Italia? Quale rinnovamento deriva dal decreto Sblocca Italia?

Le politiche di un Paese al tracollo come il nostro dovrebbero puntare a soddisfare e a regolare il malessere cronico ed i punti critici di un paese arretrato rispetto al resto d’Europa. Tante risorse sprecate per un programma obsoleto che punta a rafforzare i campi dell’illecito e non quelli dell’innovazione. Nel mese di Luglio l’Italia ha registrato un tasso di disoccupazione pari al 12,6% della popolazione in forza lavoro, con uno 0,5 percentuale in più rispetto allo scorso anno, ed ha presentato un PIL pari a -0,2%, entrando a pieno diritto nella recessione.  Questi dati sconvolgenti dovrebbero far riflettere sulla necessità di nuove idee e nuovi piani di sviluppo per riqualificare un paese “vecchio” che non apre il proprio sguardo e la propria mente alla new economy del futuro,  puntando a “sbloccare” i veri punti di forza del nostro paese quali la cultura, il turismo, il paesaggio ed il made in Italy. Soltanto così potremmo dirci realmente “liberalizzati”!

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