Tfr. Se il risparmio diventa eresia

VENEZIA – La questione del Tfr  (trattamento di fine rapporto ) in busta paga ogni mese non è solo un provvedimento o una misura economica intesa a rilanciare i consumi. La proposta segna anche un’importante svolta nella considerazione del lavoro e della persona del lavoratore. 

In una economia totalmente radicata nel principio di “rapina” (non solo delle risorse materiali, ma anche di quelle umane) ed in quello del “consumo”, il concetto e la pratica del risparmio diventano “eresie”, ovvero scelte (eresia significa proprio “scegliere”) centrifughe rispetto alle logiche che devono continuare ad imperare, se non si vuole che il sistema del consumo collassi.

Altre soluzioni ci sarebbero, e darebbero risultati strepitosi, prima fra tutte un seria politica volta a combattere l’evasione fiscale. Ma su questo campo, in Italia, non si può metter mano perché gran parte del consenso politico, anche della cosiddetta sinistra, si fonda proprio sulla precisa volontà di non intervento. Demolire il concetto e la pratica del risparmio è quindi l’ultima spiaggia. Se valutata con attenzione, si tratta di una proposta davvero oscena in quanto ridisegna (o vorrebbe farlo) il profilo etico del lavoratore, che diventa virtuoso non se investe sul proprio futuro pianificando un “progetto di vita” a lungo termine, ma se, e solo se, accetta di vivere il solo presente come consumatore immediato del proprio salario. 

L’oscenità della proposta del tfr in busta paga sta proprio in questo tentativo di riscrittura etica del “capitale umano”. Che questa proposta poi  venga da un governo presieduto da un leader  del Pd, completa perfettamente la misura dell’oscenità.

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