Nessuno è in grado di spiegare il particolare accanimento con cui l’attuale governo tratta i dipendenti pubblici, gli stessi che ogni giorno fanno lavorare – nel bene e nel male, esattamente come in tutti i settori produttivi – la macchina dello Stato. Per la prima volta nella storia patria, sono stati trattati come reprobi, untori, creatori del secondo debito pubblico in Europa dopo
La strage dei travet-kulaki è condotta con scientifica sistematicità, al pari di quella che condusse con uguale rigore Stalin nella Russia sovietica degli anni Trenta. Gli attuali satrapi della destra non saranno contenti fin quando non avranno visto stesi per terra decine di migliaia di impiegati e insegnanti, asfissiati dalle rate del mutuo e sull’orlo del suicidio di massa. Mentre loro, i politici, si guardano bene dal decurtarsi stipendi e prebende anche soltanto di cento euro, assegnano ai nuovi kulaki colpe che non sono loro, partecipazioni allo sfascio dei conti pubblici che sono da imputare esclusivamente ai democristiani e ai socialisti craxiani nelle cui file militavano quasi tutti i membri dell’attuale esecutivo, come Maurizio Sacconi e Renato Brunetta. Il loro furore ideologico assomiglia a quello dei Berjia e dei Molotov; essi sono le vere e oramai ultime (si spera) reincarnazioni del comunismo e delle sue devastazioni sociali.