Giornalismo, quale futuro? I costi dell’informazione

ROMA – Quanto costa allo stato la produzione dell’informazione? Secondo alcune stime, le risorse da destinare al finanziamento pubblico delle testate giornalistiche si aggirano intorno ad una cifra complessiva, ma  riscontrabile solo a grandi linee,  di 150 milioni di euro che è più o meno quella messa a disposizione nel 2010 (e a cui andrebbero aggiunti i contributi per le radio e le televisioni locali e quelli, sia pur di minore entità, per i giornali italiani all’estero).

Una somma davvero consistente se pensiamo a quanto riportato da alcune fonti relative ad un’indagine del Censis, secondo il quale emerge che un italiano su due utilizza il web per informarsi sui fatti del giorno, politica e cronaca in generale e, fatto ancora più interessante, oltre il 50% degli italiani utilizza la rete ed i social network  per orientarsi nelle decisioni politiche.
Diventa, giocoforza, utile chiedersi quanto questo modello adottato dallo stato italiano sia ancora compatibile con le nuove forme di comunicazione e informazione, dove la domanda – la richiesta finanziamento – è basata non sul venduto del giornale, quanto sulla produzione stessa che la redazione dichiara di produrre.
Per fare un esempio sulla portata delle risorse assegnate alle singole testate elenchiamo qui di seguito le cifre relative al 2010 e che pare non saranno abbassate nel corso del 2011:

 

  • •    Gruppo RCS (Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport): 23 milioni e mezzo di euro
  • •    Sole 24 ore: 19.222.787 euro
  • •    Espresso-La Repubblica: 16.186.244 euro
  • •    Libero Quotidiano: 7.794.367,53
  • •    L’Unità: 6.377.209,80
  • •    Avvenire: 6.174.758,70
  • •    Italia Oggi: 5.263.728,72
  • •    Manifesto: 4.352.698,75
  • •    Radio Radicale: 4.153.452,00
  • •    La Padania: 4.028.363,82
  • •    Liberazione – Giornale Comunista: 3.947.796,54
  • •    Il Foglio: 3.745.345,44
  • •    Cronaca Qui.it (Già Cronaca Più): 3.732.669,02
  • •    Europa: 3.599.203,77
  • •    Nessuno Tv: 3.594.846,30
  • •    Ecoradio: 3.354.296,64
  • •    Conquiste Del Lavoro: 3.346.922,70
  • •    Il Secolo D’Italia: 2.959.948,01
  • •    Corriere Canadese: 1 2.834.315,47
  • •    Cavalli e Corse: 2.530.638,81
  • •    La Discussione: 2.530.638,81
  • •    Il Riformista: 2.530.638,81
  • •    Roma: 2.530.638,81
  • •    La Provincia Quotidiano: 2.530.638,81
  • •    Corriere di Forli: 2.530.638,81
  • •    Il Corriere Mercantile: 2.530.638,81
  • •    L’Avanti!: 12.530.638,81
  • •    La Voce Di Romagna: 2.530.638,81
  • •    Il Cittadino: 2.530.638,81
  • •    Linea: 2.530.638,81
  • •    Oggi Gruppo Ed.le America Oggi: 2.530.638,81
  • •    Rinascita: 2.530.638,81
  • •    Il Globo: 2.530.638,81
  • •    Giornale Nuovo Della Toscana: 2.530.638,81
  • •    Notizie Verdi: 2.510.957,71
  • •    Italia Democratica: 1.476.783,76
  • •    Liberal: 1.200.342,31
  • •    Il campanile Nuovo:  1.150.919,75
  • •    La Rinascita Della sinistra: 934.621,50
  • •    Stiftung Sudtiroler Volkspartei Zukunft In Sudtirol: 650.081,04
  • •    Socialista Lab: 472.036,97
  • •    Le Peuple Valdotain: 301.325,06
  • •    Democrazia Cristiana: 298.136,46
  • •    Il Denaro: 2.459.799,42
  • •    Metropoli day: 2.024.511,05
  • •    L’Opinione Delle libertà: 1.976.359,70
  • •    La Voce Repubblicana: 624.111,76
  • •    Milano Metropoli: 288.532,89
  • •    Aprile: 206.317,47
  • •    Il Duemila: 178.007,45
  • •    Cristiano Sociali News: 57.717,93

 

Pare evidente che un sistema così oneroso risulti essere poco sostenibile, non solo per le casse dello Stato, alla luce di quanto il rapporto del Censis mette in evidenza, ma anche in termini d’impatto ambientale.
Quanto siano le emissioni di gas serra prodotti da un giornale è una domanda più che legittima di questi tempi.
Perchè oltre alla produzione della carta al processo tipografico e al trasporto delle copie bisogna considerare lo smaltimento. Un ciclo che se finirà in discarica, una volta incenerito produrrà metano e quindi gas serra.
Il britannico The Guardian ha calcolato che comprare sette voluminosi quotidiani alla settimana, stampati su carta normale e buttati nell’indifferenziata, causa la produzione annuale di circa una tonnellata di anidride carbonica, quanto due voli aerei a corto raggio.
Eppure basta acquistare uno tra i maggiori quotidiani diffusi lungo la penisola, molti dei quali superano abbondantemente le 70 pagine per un peso complessivo che sfiora i 500 grammi, esclusi inserti, per comprendere lo spreco eccessivo delle materie prime. Spreco che inevitabilmente grava anche e soprattutto sulle tasche degli italiani.
E a quale vantaggio?
L’alibi del pluralismo dell’informazione non sortisce più l’effetto desiderato e per di più sarà davvero difficile che il lettore riesca a sfogliare tutto il giornale leggendo gran parte delle notizie pubblicate.
Ma quanti giornali vengono venduti?
L’ultimo dato diffuso dalla Fieg, Federazione Italiana Editori Giornali, riguardo al mese di gennaio 2010 parla di 3.890.442  quotidiani venduti. Il dato si riferisce a 57 testate giornalistiche.
L’anno prima, ovvero nel gennaio del 2009 furono 4.171.230 le copie vendute, quindi il calo registrato in percentuale è pari a un -6,7%.
Anche gli abbonamenti registrano una notevole flessione che tocca il -11,2% passando da 413mila del 2009 a 367mila abbonamenti nel 2010, sempre nel mese di gennaio.
Ma non è tutto.
Perchè c’è da considerare anche il rapporto – come accennato precedentemente – del Censis sulla Comunicazione dal quale emerge che prima della crisi economica gli italiani avevano un contatto stabile con i quotidiani.
Ora  l’utenza si è ridotta dei 2/3; questo significa che prima 9 persone leggevano il quotidiano cartaceo, compreso quelli sportivi,  adesso lo fanno solo in tre.
L’Osservatorio nazionale Demos in collaborazione con Coop, Associazione Nazionale cooperative di consumatori,  che vede la partecipazione anche dell’Università di Urbino, nel suo rapporto 2010 ci fa notare un altro dato alquanto significativo, ovvero che è sempre più crescente il numero di persone che s’informa attraverso internet.
Se dovessimo stilare una classifica la rete sarebbe la terza opzione scelta dagli italiani per colmare le proprie lacune, preceduta da radio e televisione.
La domanda quindi è quale futuro si appresta per l’informazione, quali nuove direttive si dovranno adottare per garantire un pluralismo che non pesi sulle tasche degli italiani e che preveda il rispetto della professionalità di chi esercita la professione di cronista.

E da questa domanda/riflessione inizia l’inchiesta della nostra redazione sulle nuove direttive imposte dall’Unione Europea e inserite nel piano di stabilità varato dal neo governo Mario Monti.
Altra questione perché ad esempio l’Autorità Garante consente solo da pochi mesi di accedere al registro degli operatori di comunicazione? – con il solo scopo di far sapere se un editore è iscritto o meno, non permettendo però l’accesso ad altre aree quali ad esempio il registro relativo alla titolarità delle quote degli editori di giornali? -.
Ancora: che senso ha pubblicare i dati relativi ai contributi all’editoria senza porre i cittadini nella condizione di conoscere le dimensioni del fenomeno? Ad esempio, quali sono i criteri attraverso i quali ingenti somme di denaro pubblico finiscono nelle tasche di questo o quell’editore?
Nel tempo in cui la Rete ha soppiantato di gran lunga l’informazione attraverso i classici mezzi di comunicazione, e laddove i costi di produzione risultano essere più contenuti ha ancora validità l’onere del sostentamento pubblico per i giornali cartacei?
Si attendono sviluppi concreti in materia, alla luce della grave crisi economica che investe il paese e alla luce dei dati fin qui emersi.
In sostanza: quale futuro si concretizza per gli operatori dell’informazione?  

(fine 1° parte – continua)

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