“Indignati” uguale violenti? Una semplificazione che non regge e deve far riflettere. LE FOTO

ROMA – Fermiamo per un attimo la cronaca e tutto ciò che ci viene propagandato dai media. I dati di cronaca che possediamo sono quelli a disposizione di chi ha partecipato direttamente, come testimone oculare.

Eravamo presenti a Roma, ieri, nel corso della manifestazione degli indignati. 
Conta la testimonianza diretta, di chi non si è davvero divertito, di chi ha sofferto, costretto ad aver paura, ma egualmente animato dalla voglia di gridare la propria rabbia, il proprio malcontento e la propria convinzione che l’alternativa al momento socio-economico ed ovviamente politico attuale, sia possibile!  

Nessuna voglia di ripercorrere le fasi o i momenti di quella che è stata una giornata dura, drammatica, dai tratti già conosciuti, quasi fosse un film già visto. In molti si erano posti questo problema ancora prima di partire dalle loro città. Le premesse per possibili “incidenti” c’erano tutte. Come nel G8 del 2001, all’indomani di Porto Allegre, anche Roma era e si è dimostrata a rischio. Sebbene la stessa “cosa” avvenisse contemporaneamente anche in moltissime altre città del Mondo. Ma non distogliamo l’attenzione dalla Nostra realtà. Un dato deve prevalere: la verità e la volontà di combattere l’arte mistificatoria e strumentalizzante. Il corteo di Roma era stato strutturato attraverso una meticolosa organizzazione dallo stesso Comitato organizzatore, per altro nato spontaneamente, attraverso una sorta di tam-tam recepito e rilanciato. Alla testa del corteo dovevano esserci i movimenti, poi i gruppi di “semplici Cittadini”, tutti coloro i quali si riscontravano nell’espressione di un dissenso e di un malcontento alternativo e non violento, poi a seguire “la sinistra che non molla”, i cosiddetti partiti oggi fuori dall’opposizione parlamentare. Poche le divisioni, molte le condivisioni; la vicinanza ci permetteva di capire il minimo comune denominatore che animava la manifestazione. Qualche cenno di cronaca vissuta è indispensabile, tanto per far comprendere la tempistica, e quanto poco abbiamo dovuto attendere prima di venire a conoscenza della cruda realtà. Appena partito il corteo, “l’organizzazione” veniva avvertita in tempo reale della presenza, già in Via Cavour, di scontri e atti di violenza (punti nevralgici di cui tutti erano già stati messi a conoscenza fin dal mattino!). La coda del corteo ha così dovuto aspettare molto prima di partire. Riecheggiavano termini ormai famosi e conosciuti quali black blok; cosa che, le immagini e lo sguardo diretto ci avrebbe poi confermato portandoci a contatto della veridicità di una violenza ormai dilagatasi.

Da quel momento un martellante e tambureggiante aggiornamento riportava continuamente un vero e proprio bollettino di guerra, culminato poi negli eventi di Piazza San Giovanni. Non vogliamo nascondere od ovattare i particolari di cronaca, quanto semmai puntare a capirne il senso e l’origine. Chi scrive ha camminato per chilometri, in avanti e indietro, tra la coda e il resto più avanzato del corteo dei manifestanti. Occhi che hanno visto donne e soprattutto giovani (moltissimi), intonare cori e canzoni di protesta; la sola arma di cui erano dotati, il solo mezzo usato per gridare il rifiuto verso una vita imposta dalla scelleratezza politica di governi non all’altezza della situazione venutasi a creare. Non meno il rifiuto verso un sistema socio-economico che è allo sfascio. Tante bandiere, molti e rigidi cordoni di “servizi d’ordine” attentamente organizzati per non tollerare violenze e impedire intrusioni di soggetti fomentatori. Nessuna voglia di fare elenchi di formazioni politiche o organizzazioni sindacali presenti e altrettanto attente. In sintesi un corteo dall’anima abbrutita dalla rabbia ma allineato sul fronte della non violenza.  Già in Via Cavour le incursioni di frange violente provocava un doppio, e forse da qualcuno auspicato risultato, che nei fatti vedeva abbinarsi al danno materiale la reazione da parte delle Forze dell’ordine, a cui probabilmente sarebbe potuto sfuggire il vero esecutore della violenza.

 

Ripetiamo un film già visto! La domanda corre d’obbligo. La partecipazione alla manifestazione contava su una cifra stimata in circa duecentomila partecipanti. In considerazione di questo dato ci resta difficile fare di tutta l’erba un fascio e additare la massa dei partecipanti come portatrice di violenza!  Non sarebbe dunque il caso di fare un’analisi più attenta e meno strumentalizzante di quanto accaduto?? Perché non fare anche un passo indietro per capire quali siano o possano essere state, le cause che hanno condizionato l’atmosfera ed il panorama in cui tutto questo si è svolto??  Ancora una volta a pagare sono stati semplici Cittadini e lavoratori delle Forze dell’ordine!

Ci sono altre responsabilità da ricercare? Questo è ciò che molto semplicemente ci viene alla mente e vorremo davvero che la riflessione fosse fatta in questa direzione e non in altre!  Nulla può essere portato come prova, ma almeno la voce di chi era presente (come il sottoscritto) può confermare che ragazzi, donne addirittura con bambini, anziani, lavoratori e molti altri, sfilavano tra cori e folclore che nulla aveva a che fare con la voglia di distruzione che oggi la destra governativa addita come segno ispiratore di una manifestazione violenta!  Nessuno si permetterebbe mai di inneggiare alla violenza, anche se la violenza si può portare attraverso diverse forme che con il tempo distruggono con altrettanta efficacia!  Abbiamo il dovere di volare più in alto e riflettere, sapere e conoscere il motivo e le dinamiche che hanno permesso, come già avvenuto in altre drammatiche occasioni del passato, come possa aver preso forma una fluidità inconcepibile che ha permesso la presenza e l’azione criminale di soggetti dai connotati ambigui e non ancora ben identificati!  Vorremo conoscere le dinamiche che hanno permesso a squadre “militarizzate”, accompagnate da segni distintivi che rimandano ad atteggiamenti esperti e professionali, di trovarsi nei punti “giusti” al momento “giusto”. Già dalle 11 del mattino (se non prima) si sapeva quali sarebbero stati i punti critici.

 

Ne erano a conoscenza tutti, dai giornalisti ai partecipanti, dai più accorti fino alle forze politiche; ed ovviamente è impensabile che i vertici delle Forze dell’ordine ne fossero all’oscuro! Le dichiarazioni dei politici sono state conseguenti a ciò che portano avanti, niente quindi di cui scandalizzarci. Resta un dato di fatto: un movimento di pensiero che aveva deciso di prendere forma reale, indignato, stanco, propositivo verso un futuro di rinnovamento, alternativa e cambiamento, è stato imprigionato in una morsa inaccettabile. Media e stampa non parlano che di violenza, senza nessun cenno sui contenuti che animavano e animano lo spirito della manifestazione avvenuta a Roma.  Duecentomila Persone chiedevano e chiedono un segno di discontinuità. Questa è la vera chiave di lettura. La violenza è ovviamente da condannare ma non è la stazione d’arrivo. Capire questo significa comprendere la situazione attuale e pretendere risposte. Non farlo equivarrebbe a subire ancora, e per l’ennesima volta, un cortometraggio già visto e riproposto fino alla nausea!

 

Le foto

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