Governo appeso al voto su Berlusconi. Il cavaliere, io sono il capo

ROMA – Anche oggi restano indissolubilmente legati i  destini del governo istituzionale di Enrico Letta e quello politico di Silvio Berlusconi, quest’ultimo sarà deciso il prossimo 9 dicembre, giorno i cui si riunirà la giunta per le immunità.

Berlusconi, dal canto suo,  torna a rivolgersi ai suoi sostenitori con l’assicurazione: “Io resisto! Non mollo”. Le stesse frasi che il leader del Pdl aveva pronunciato in un video per i militanti riuniti sulla riviera romagnola. Oggi ripete: “State tranquilli che non mi faccio da parte, resto io il capo del centrodestra”. E aggiunge: “Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani. Andate avanti con coraggio” e promette: “Non vi farò fare brutte figure. Prepariamoci al meglio”.

Intanto alle parole del Presidente del Consiglio pronunciate ieri all’inaugurazione del meeting dell’amicizia che aveva invitato il Pdl a non interrompere questo percorso istituzionale, arrivano le frecciate di Renato Schifani che minaccia la caduta dell’esecutivo. “Se su questo  percorso si registrerà il no politico pregiudiziale del Pd  sarà impossibile proseguire con questa maggioranza”, ha precisato  il capogruppo del Pdl al  Senato da Rimini.
Insomma, l’eventualità  della decadenza da senatore per Silvio Berlusconi per  ‘incandidabilità sopravvenutà per effetto della legge  Severino trova la netta opposizione di  Schifani, che chiede approfondimenti
sull’interpretazione della legge. “Illustri costituzionalisti  oggi su diversi quotidiani pongono una serie di quesiti circa  la presunta incostituzionalità della Legge Severino. Noi non  chiediamo alcun baratto – sottolinea Schifani in una nota –  ma un approfondimento relativo all’interpretazione di una  legge che, peraltro, si applicherebbe per la prima volta ad  un leader storico di un partito importantissimo. Perciò  porremo questi temi all’attenzione della Giunta delle  elezioni del Senato, affinchè venga investita direttamente  la Corte Costituzionale sull’interpretazione esatta della  legge e dei suoi ambiti di applicazione”.
E poi Schifani sottolinea che dal messaggio del presidente della Repubblica sulla vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi “da Napolitano ci aspettavamo di più”. “Nel messaggio del capo dello Stato, – ha aggiunto –  che non commento, non ho trovato quello che avevamo chiesto. Non entro nel merito, le posizioni del capo dello Stato si rispettano, ma ci aspettavamo di più”.

Riforma elettorale mancata. Botta e risposta
Ma non è tutto. Renato Schifani non ritiene che ci siano le basi per considerare prossima la riforma della legge elettorale auspicata ieri dal premier Enrico Letta al meeting di Rimini: «Non vedo questi margini di avvicinamento, le distanze rimangono, noi siamo contrari al ritorno del Mattarellum» ha detto il senatore. «Per il resto, siamo per un ridisegno della legge elettorale» ha detto Schifani, solo in seguito a una riforma costituzionale «che darà una nuova forma di governo» all’Italia. Questa «fretta» ha detto Schifani «da un lato è apprezzabile dall’altro vogliamo capire cosa c’è dietro».
La replica arriva a Schifani arriva direttamente dalla  presidente della commissione Affari istituzionali del Senato Anna Finocchiaro: “Ricordo agli esponenti del Pdl e a tutte le forze politiche che il Senato ha votato la procedura d’urgenza per la discussione sulla legge elettorale che deve sostituire il Porcellum. Su questo tema non si può più traccheggiare e bene ha fatto ieri il Presidente del Consiglio ieri a sottolineare la necessità di affrontare con urgenza la questione della riforma della legge elettorale che deve mettere in sicurezza il Paese dal rischio di tornare al voto con il Porcellum, testo che, ricordo, il Pd non ha mai votato. Io credo che serva responsabilità di fronte agli italiani. Tutti hanno detto che è necessario cambiare il Porcellum». E poi: «Noi sosteniamo che la legge vigente vada cancellata. Vedo che nel PdL c’è chi frena e parla di correzioni e chi dice che non  c’è fretta – aggiunge -. Io penso invece che sia urgente per il Paese, certo affrontando e risolvendo insieme le criticità economiche che assillano le famiglie italiane, dotarci di una
nuova legge elettorale. È anche questa una questione di credibilità per la politica.”

Insomma la tensione all’interno della compagine governativa è un dato di fatto che apre l’ipotesi  di una impossibilità a continuare questo percorso comune.
Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato: “Hanno parlato in modo esemplare sia il presidente Letta che il presidente della Repubblica: le sentenze si rispettano, comprendiamo le difficoltà del Pdl ma ci sono atti dovuti a cui il parlamento non si può sottrarre, l’interesse del paese va messo davanti agli interessi personali, prima l’Italia”. E poi “Le tensioni nel governo?  Nel lavoro quotidiano di ministro non ho il tempo di accorgermene, quando mi trovo in Cdm vedo solo gente che ha voglia di fare e non ha mai in mente i conflitti”.

Per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, invece, corrono troppi pareri fuori di giunta. “Ieri al Meeting di Rimini il premier Letta ha dato agli italiani speranze: la classe dirigente di questo Paese dovrebbe essere all’altezza di questo nuovo corso e guardare a riforme,contenuti,prospettive e progetti per l’Italia. Invece il dibattito è purtroppo ingessato su una vicenda che corre il rischio di trasformarsi nel cane che si morde la coda da solo. Sono molti i giorni da qui al 9 settembre. Eppure da troppo tempo sui giornali si rincorrono pareri e sentenze da parte di personale politico non abilitato a dipanare una questione cosi delicata che va affrontata esclusivamente nella sede deputata a farlo e cioè la Giunta per le elezioni al Senato. Inviterei pertanto i colleghi ad abbandonare esasperazioni e inopportuni bracci di forza. Esiste un organo
deputato a dirimere questa questione ed è giusto che non subisca pressioni. Da nessuno schieramento politico”.

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