Senza tempo indeterminato non c’è “buona” flessibilità

ROMA – Non condivido il dogma secondo il quale se un decretoè del governo lo dobbiamo approvare a scatola chiusa. Il lavoro parlamentare può aggiustare, correggere, cancellare. A mio avviso quando si parla dicontratto a termine i  3 anni con 8 rinnovi e senza alcuna causale sono francamente troppi.

Inoltre se mettiamo adisposizione delle imprese questo nuovo contratto e un apprendistato che nonfissa più alcuna percentuale di stabilizzazione, mi domando a che cosa serveuna delega che contiene l’istituzione di un contratto di inserimento a tutele crescenti. Con questa “liberalizzazione” dei contratti, quello di inserimento è bello che morto, perché non converrebbe alle imprese.  La mancanza di causale prima era di un anno,ora dovrebbe  essere portata a tre:pensiamo a una via intermedia, peraltro già proposta in passato. Così perl’apprendistato: se la quota del 30% da stabilizzare è ritenuta eccessiva si può trovare compromesso. Ma non rinuncerei comunque al principio secondo cui la buona flessibilità, anche attraverso un lungo periodo di prova che dura fino a tre anni, mantenga l’obiettivo di una conversione nel tempo indeterminato, anche incentivato. Altrimenti condanniamo le giovani generazioni alla precarietà in eterno.

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