Alcune considerazioni sul turismo

L’alta stagione turistica volge al termine, ed è il momento di alcuni bilanci

Lo leggiamo nei giornali e lo sentiamo ripetere da politici e giornalisti: dopo la flessione dovuta alla pandemia, le ultime due estati hanno registrato un notevole aumento del turismo, in Italia e non solo.

Del resto, abbiamo anche osservato (e talvolta deprecato) le folle di visitatori che in questi mesi hanno invaso musei, monumenti e centri storici, e sono spesso gli stessi abitanti locali a lamentarsi del pesante impatto socioculturale e ambientale che questo fenomeno ha sulla loro vita quotidiana, sempre più esclusi e respinti ai margini delle loro città a causa del conseguente aumento del costo dell’abitare, della povertà dei servizi, della confusione, della conversione degli esercizi commerciali in baracchini di souvenir e altre cianfrusaglie.

Tuttavia, le impressioni empiriche sull’andamento del turismo si scontrano con dati complessi: per esempio, secondo i dati della Banca d’Italia pubblicati a giugno 2023 e relativi al 2022, rispetto all’anno precedente c’è stato, sì, un incremento della spesa dei viaggiatori stranieri in Italia e dei viaggiatori italiani all’estero, con un ritorno ai valori del PIL precedenti alla pandemia; ma in termini reali (tenendo conto, cioè, dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi) la spesa risulterebbe ancora inferiore di quasi il 10%.

A crogiolarsi nell’idea che l’Italia si stia arricchendo con il turismo si rischia, dunque, di essere superficiali e persino imprudenti. Soprattutto se non si tengono in considerazione problematiche niente affatto collaterali legate a questo fenomeno.

Ormai lo sappiamo bene: il turismo di massa e il famigerato overtourism sono conseguenze della crescente mobilità del ceto medio e di una lecita (ma non per questo meno contraddittoria e ingannevole) democratizzazione di consumi e aspirazioni; e se l’attuale inflazione economica può aver portato a una contrazione dei consumi, stando ai dati pubblicati da ENIT a marzo 2023 il turismo di lusso mostrerebbe, invece, una crescita lenta ma costante.

Del resto, proprio il sovraffollamento dà adito, paradossalmente, a una rinnovata richiesta e all’opportunità di esperienze esclusive, dalle quali, cioè, siano escluse le masse.

Il problema, però, rimane soprattutto la gestione del turismo, la mentalità dietro di essa, e serve a poco biasimare e ridicolizzare le “torme di turisti del tutto privi di rispetto e di consapevolezza” (lo ha fatto, non per primo, Aldo Cazzullo il 19 giugno sul Corriere), come se il nostro fallimento fosse imputabile a chi viene a trovarci investendo tempo e denaro.

Se i siti culturali e i musei sono spesso sovraffollati, e i servizi pubblici al cittadino e al turista spesso scadenti, è perché il patrimonio culturale e le città vengono messe a profitto (penso al Pantheon, per il quale è stato istituito un biglietto a pagamento) valutando positivamente le performance numeriche dei siti ma non la reale godibilità e il valore culturale e umano della visita, né la loro interazione osmotica con la vita quotidiana della comunità.

Durante la pandemia, da parte di alcuni osservatori si è cercato di evidenziare le criticità di questo stato di cose e di proporre soluzioni; ma le istituzioni preposte, dal Ministero del Turismo all’ENIT, non ne hanno fatto tesoro, mirando più alla promozione (con quali risultati, lo mostra senza troppi commenti la parabola della Venere influencer) che comportandosi come attori politici il cui scopo sia la crescita culturale, sociale e, certo, anche economica del Paese, e quindi tesi a elaborare interpretazioni complesse della realtà e cavarne propositi e indirizzi.

A lungo andare, ad attrarre le persone nel nostro Paese sarà soltanto quel letto di allori su cui riposiamo da secoli, costituito dalle nostre amenità e da ciò che i nostri antenati hanno fatto per noi, più che politiche consapevoli di sviluppo culturale.

Mariasole Garacci è una storica dell’arte e da più di dieci anni esercita la professione di guida turistica a Roma. Scrive su MicroMega, Artribune e altre testate giornalistiche.

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