Riforestazione in Italia: perché piantare alberi non basta

Negli ultimi anni l’Italia sta accelerando il proprio impegno verso la riforestazione e la creazione di nuove aree verdi. Milioni di alberi vengono messi a dimora ogni anno grazie a programmi nazionali e locali, ma esiste un punto chiave che troppo spesso viene ignorato: piantare alberi è solo il primo passo. Il vero risultato ambientale si misura nel tempo, attraverso monitoraggio, manutenzione e verifica scientifica dei benefici reali.

Il rischio, altrimenti, è quello di confondere il gesto simbolico con l’effetto concreto: un albero piantato non equivale automaticamente a un albero cresciuto, né a una tonnellata di CO₂ assorbita. Senza un sistema di controllo strutturato, la riforestazione può trasformarsi in una statistica rassicurante solo sulla carta.


Il legame con la Agenda 2030 dell’ONU

L’azione di piantare alberi è pienamente inserita nel quadro dell’Agenda 2030, il piano globale delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. In particolare, la riforestazione contribuisce a tre Obiettivi di Sviluppo Sostenibile:

  • SDG 13 – Lotta al cambiamento climatico, perché gli alberi rappresentano uno dei principali strumenti naturali di assorbimento della CO₂.
  • SDG 15 – Vita sulla Terra, che tutela gli ecosistemi terrestri e la biodiversità.
  • SDG 11 – Città e comunità sostenibili, nei casi in cui la forestazione riguarda contesti urbani e periurbani.

Secondo le analisi sullo stato di attuazione degli SDG, l’Italia per rispettare gli impegni internazionali dovrebbe aumentare in modo significativo le superfici verdi e migliorare la capacità di assorbimento del settore foreste e uso del suolo. Il solo atto di piantare nuovi alberi non è sufficiente se non è accompagnato da una strategia di lungo termine, misurabile e verificabile.


Perché il monitoraggio è indispensabile: prima, durante e dopo

Un progetto di piantumazione serio non si esaurisce nel giorno in cui gli alberi vengono messi a dimora. Una riforestazione davvero efficace deve essere strutturata in tre fasi:

1. Prima della piantagione

  • Analisi del suolo, del clima e della biodiversità presente.
  • Scelta delle specie più adatte, preferibilmente autoctone.
  • Definizione della baseline: quante piante, dove, con quale obiettivo di assorbimento di CO₂.

2. Durante la piantagione

  • Controllo della corretta messa a dimora.
  • Monitoraggio delle prime settimane di attecchimento.
  • Interventi di irrigazione, protezione e manutenzione.

3. Dopo la piantagione

  • Verifica della sopravvivenza dopo 1, 3 e 5 anni.
  • Misurazione della crescita della biomassa e stima reale della CO₂ assorbita.
  • Valutazione dei benefici aggiuntivi: ombreggiamento urbano, biodiversità, qualità dell’aria, servizi ecosistemici.

Senza queste verifiche, parlare di “compensazione delle emissioni” o di “assorbimento di CO₂” non è scientificamente fondato. La differenza tra annunciare 100 000 alberi piantati e certificare 100 000 alberi cresciuti può essere enorme: in molte piantagioni non monitorate, le perdite possono superare il 50%.


Cosa si rischia senza un piano di controllo

  • Fallimento dell’investimento ambientale: gli alberi muoiono e l’obiettivo climatico non viene raggiunto.
  • Greenwashing involontario: numeri dichiarati ma non verificabili.
  • Mancanza di credibilità nelle politiche ambientali, soprattutto in ambito ESG e rendicontazione di sostenibilità.
  • Perdita di dati preziosi: senza monitoraggio non si accumula conoscenza sulla forestazione efficace, sulle specie più resilienti o sui territori più idonei.

Come strutturare un sistema di monitoraggio moderno

  • Geolocalizzazione precisa delle aree piantumate.
  • Utilizzo di sensori ambientali, telerilevamento, droni, immagini satellitari.
  • Report periodici pubblici con indicatori verificabili.
  • Coinvolgimento di enti scientifici e università per validare i dati.
  • Tracciabilità anche in ottica di carbon accounting.

Tecnologie come sensori IoT per il monitoraggio del suolo e dell’umidità, sistemi di calcolo della biomassa e piattaforme di analisi dati permettono oggi una misurazione molto più precisa dell’assorbimento di CO₂ rispetto a stime teoriche generiche.


La riforestazione è uno strumento fondamentale per la lotta alla crisi climatica, ma non esiste beneficio ambientale reale senza misurazione scientifica dei risultati.

Piantare alberi è un atto necessario, ma non sufficiente: conta ciò che resta in piedi dopo anni, non ciò che viene piantato in un giorno.

L’Agenda 2030 ci chiede non solo di agire, ma di dimostrare con dati trasparenti che le nostre azioni funzionano.
Il futuro delle politiche di forestazione non sarà fatto di fotografie al momento della piantumazione, ma di dati certificati sugli assorbimenti reali.

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