Il bracconaggio insieme a tutte le forme di appropriazione illegale di risorse naturali con un fatturato annuale di 213 miliardi di dollari rappresenta il quarto mercato criminale del Pianeta
ROMA – Il bisogno di proteggere la flora e la fauna del Pianeta dalla predazione del crimine organizzato è diventata una priorità mondiale. L’Ufficio Drugs and Crime delle Nazioni Unite (UNODC) ha pubblicato in questi giorni il rapporto annuale “World Wildlife Crime Report” dove sono illustrati con estrema chiarezza analisi e dati relativi ai “Crimini di Natura” che insanguinano e condannano all’estinzione specie uniche per il valore ecologico e cruciali per lo sviluppo sostenibile di paesi fragili dal punto di vista politico ed economico ma ricchi di biodiversità.
L’emergenza bracconaggio ha raggiunto un livello di attenzione talmente elevato da avere targets dedicati nell’importante Agenda 2030 con gli obiettivi di sviluppo sostenibile approvati da tutti i paesi del mondo lo scorso anno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite la cui implementazione è stata oggetto della seconda United Nations Enviroment Assembly (UNEA2), tenutasi a Nairobi presso la sede dell’UNEP dal 23 al 27 maggio scorsi dove è stata lanciata la campagna “Wild for Life” dedicata ad arrestare il traffico di specie che a livello mondiale rischiano l’estinzione.
Proprio l’assemblea ambiente delle Nazioni Unite è stata un’importante occasione per ricordare che ogni anno in Africa vengono bracconati più di 30.000 elefanti e che paesi come la Tanzania e il Mozambico hanno perso in soli 5 anni tra il 50 e il 60% della loro popolazione di questi straordinari pachidermi. Ogni anno viene ucciso il 10% dei gorilla di pianura. In Zimbabwe è scomparso in pochi anni il 60% della popolazione di rinoceronti e in 10 anni è scomparso quasi il 70% degli elefanti di foresta del bacino del Congo. Anche gli squali sono in drammatico declino (alcune specie in pochi anni hanno subito una riduzione del 98%) mentre in alcune regioni abbiamo perso il 90% delle popolazioni di pangolini. Si è ridotto del 40% il territorio in cui prima viveva la vigogna, un meraviglioso animale sud americano. La tigre dell’Amur è stata ridotta dal bracconaggio a non più di 540 esemplari, in via di estinzione mentre i leoni in Africa occidentale hanno a disposizione solo l’1% del precedente territorio di diffusione.
Secondo le Nazioni Unite il bracconaggio e il commercio illegale di natura non si ferma alle specie carismatiche: l’indagine dell’UNODC analizzando 164.000 sequestri in 164 paesi diversi ha riscontrato la presenza di ben 7000 specie oggetto di crimini. La cattura, l’uccisione, la trasformazione e la commercializzazione illegale di queste specie contamina un’infinità di prodotti e settori: dalla moda (come pelli e avorio) all’arredamento (come alberi e altre piante in via d’estinzione), dal cibo (come scimmie e pangolini) ai prodotti farmacologici tradizionali (come parti di tigre e corna di rinoceronti) e agli animali domestici (come pappagalli e rettili). Sempre secondo l’ufficio UNODC tutti siamo potenzialmente complici del bracconaggio e tutti abbiamo la responsabilità di agire, anche attraverso la diffusione della consapevolezza, dell’informazione e delle pratiche di un consumo responsabile.
Purtroppo anche in Italia la piaga del bracconaggio fa strage di animali protetti. Milioni di uccelli ogni anno vengono uccisi da doppiette, trappole e reti. Le 300 guardie del WWF, in prima linea nella lotta ai crimini di natura italiani, ogni anno sequestrano migliaia di richiami, munizioni, armi illegali. Il WWF chiede per la giornata dell’ambiente che l’Italia si doti di un piano nazionale per fronteggiare il fenomeno illegale della cattura, uccisione e importazione di specie selvatiche. Non solo a difesa degli uccelli (rispetto ai quali il ministero dell’Ambiente ha appena avviato un processo di consultazione per la redazione di un piano, su sollecitazione dell’Unione Europea), ma a difesa di tutte le specie vittime di lacci, trappole, veleno e armi da fuoco. Fra questi, è doveroso ricordarlo, ci sono ogni anno centinaia di lupi. Il WWF chiede, inoltre, un maggiore coordinamento tra le forze dell’Ordine per rafforzare l’efficacia della sorveglianza, accurate indagini, condanna dei responsabili e un inasprimento delle sanzioni e delle pene per i reati contro la fauna selvatica. Proprio in questi giorni si è concluso lo storico campo anti-bracconaggio WWF sull’Isola di Ischia, una delle “aree trappola” per i migratori primaverili che sostano sulle isole tirreniche esausti dopo il lungo viaggio, e dove da sempre il bracconaggio è esercitato con tutti i mezzi a disposizione. I risultati sono stati importanti: in collaborazione con la Polizia di Stato sono stati sequestrati 4 fucili da caccia, di cui 2 rubati (uno clandestino e un altro con la matricola abrasa); 3.800 cartucce, 6 richiami acustici, 56 trappole per uccelli e 5 tagliole. Una persona è stata arrestata e 4 denunciate.
Fermare il traffico di specie selvatiche e dei prodotti che da queste derivano, alimentato dal bracconaggio, è una responsabilità anche europea. Il WWF sta interloquendo, proprio in questi giorni, con i ministeri dell’Ambiente dei paesi membri dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, in vista dell’approvazione, il 20 giugno prossimo a Bruxelles, del Piano d’azione europeo sul traffico di specie selvatiche in coerenza con gli obiettivi della Convenzione CITES (Convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione). Negli incontri avuti recentemente con gli uffici competenti della Direzione Protezione della Natura e del Mare del Ministero dell’Ambiente italiano il WWF ha auspicato che al più presto vengano impiegate al meglio le risorse derivanti dal gettito fiscale generato dai diritti di prelievo, opportunamente adeguati, che gravano sulle attività commerciali consentite per finanziare le attività di contrasto all’illegalità (finanziamento per i nuclei specializzati del CFS, conservazione degli esemplari confiscati, marcaggio, controlli delle certificazioni) e ha chiesto che l’Italia valuti un inasprimento del quadro sanzionatorio, definito nel nostro Paese a partire dal 1992, per chi violando le leggi vende, espone o detiene per la vendita, o trasporta specie selvatiche in via di estinzione introducendo pene più severe per le attività che vedono il coinvolgimento della criminalità organizzata o di gruppi terroristici (in linea con la Convenzione ONU contro il Crimine Organizzato Transnazionale). Su scala europea il WWF ritiene che nel contrasto ai traffici illegali in ogni paese membro, oltre a garantire adeguati finanziamenti, debbano essere coinvolte nelle attività di prevenzione e contrasto dell’illegalità tutte le amministrazioni competenti che si occupano di giustizia e ordine pubblico, crimine organizzato, commercio, affari esteri. Infine, per il WWF è importante che tutti i Paesi europei garantiscano il supporto ai Paesi Terzi.