Animals Asia denuncia le condizioni in cui versano orsi bianchi, trichechi, balene e lupi dello zoo appena aperto a Guangzhou. Anche se, finalmente, lo zoo vietnamita ha abbassato le serrande del suo circo
ROMA – È stato definito “uno degli zoo più tristi del mondo”, mentre secondo il Washington Post è “una prigione”. Il GrandView Aquarium, uno spazio espositivo recentemente allestito in un grande centro commerciale della città cinese di Guangzhou, sta vincendo tutte le sfide nell’essere considerato un fantastico esempio di come i privati possano impiegare male i loro soldi in iniziative che, in cambio di una blanda attrattiva nei confronti di turisti e appassionati di shopping da intrattenere tra un acquisto e l’altro, non solo non tengono in nessun conto il benessere animale ma anzi incentivano il mercato della compravendita e della prigionia di esseri senzienti sottratti al loro naturale stato di libertà o addirittura nati da altri animali in cattività.
Mentre proprio oggi lo zoo di Hanoi (Vietnam), finalmente ha chiuso il suo circo dove, fino a non molto tempo fa, si esibivano tigri, orsi, macachi e tanti altri animali selvatici in umilianti spettacoli per intrattenere i visitatori, Animals Asia, una delle più importanti organizzazioni internazionali non governative che si occupa di animal welfare nel continente asiatico nonché il principale interlocutore dei governi cinese e vietnamita in materia di diritti animali, ha lanciato una sfida allo zoo del centro commerciale cinese, realizzando un reportage che, grazie anche a Facebook e a Weibo (il suo corrispettivo cinese) ha già toccato quasi 700 mila persone. La vicenda è stata poi trainata dalle denunce del Washington Post, di Inside Edition e del South China Morning Post, raggiungendo milioni di persone in tutto il mondo.
« Abbiamo denunciato questa orribile crudeltà in occasione dell’apertura ufficiale della struttura Quella che avevano sperato fosse una partenza con il botto, si è rivelata gravida di spiacevoli conseguenze. Le accuse internazionali hanno avuto riverbero anche in Cina, e i social media hanno fatto sentire la propria voce» spiega Dave Neale, Responsabile Animal Welfare di Animals Asia che sottolinea il ruolo che possono avere nella sopravvivenza di queste strutture le associazioni che lavorano in difesa dei diritti degli animali. Proprio come Animals Asia che ha firmato un accordo con lo zoo di Hanoi nel 2014, impegnandosi a offrire consulenza e supporto pratico per migliorare il benessere degli animali ospitati nello zoo. «Proprio perchè ci opponiamo al circo con animali, non vediamo di buon occhio neppure la detenzione degli animali per l’intrattenimento umano – spiega Neale – La nostra collaborazione con lo zoo di Hanoi è finalizzata al miglioramento delle condizioni di vita degli esemplari ospitati, per quanto possibile. Se ci rifiutassimo di cooperare con loro, non avremmo nemmeno la possibilità di promuovere ciò in cui crediamo. Parte importante di tutto ciò è ovviamente la fine delle performance animali. Grazie alla nostra assistenza, alla professionalità e ai nostri consigli, siamo riusciti a convincere lo zoo che il circo non aveva senso. Questo non è un momento nel quale indugiare con le celebrazioni – ma dobbiamo ringraziare pubblicamente la struttura per questa scelta coraggiosa. Si tratta di un’iniziativa che altri zoo terranno sicuramente in considerazione»
Due orsi bianchi – in realtà si tratta molto probabilmente di esemplari ibridi nati dall’incrocio di un orso polare e di un orso bruno – cinque cuccioli di tricheco, sei giovani balene beluga e due lupi artici: sono loro i “prigionieri” che invece rimangono ancora rinchiusi nello zoo cinese. Tutti miseramente reclusi in spazi angusti e inadeguati che, come si vede chiaramente dalle foto, non possono considerarsi neanche lontanamente adatti ad una dignitosa vita animale.
Denunciato chiaramente da Animals Asia anche il solito “trucchetto” di mascherare lo zoo con un fantomatico “progetto di conservazione”. «Ovviamente è irrilevante il fatto che l’apertura di tale struttura sia avvenuta millantando un sedicente progetto di conservazione – aggiunge infatti Dave Neale – Si tratta di un vecchio trucco, che chi specula sulla pelle degli animali ha imparato a padroneggiare bene – essenzialmente si vuole spacciare la crudeltà per educazione. Speriamo che questa protesta scoraggi quelli che hanno deciso di seguirne l’increscioso esempio. In collaborazione con i gruppi locali, lavoreremo duramente per chiudere questi terribili luoghi».