Pirateria marittima: New Delhi ordina di non arrestare i pirati somali

ROMA – Nel braccio di ferro in atto nell’Oceano Indiano tra India e pirati somali, il primo ha perso. L’India di fatto ha ceduto. Dopo aver arrestato centinaia di pirati somali, condotti in ‘catene’ in India. Dopo essersi imposto, per settimane, dall’aprile scorso, come capofila dei Paesi che sono fortemente impegnati militarmente, perché è questo quello che è in corso, nel contrasto alla pirateria marittima somala nel mare del Corno D’Africa e Oceano Indiano.

Un fenomeno che sta gettando nel caos il trasporto marittimo internazionale lungo una delle vie d’acqua più importante per la navigazione commerciale. Attraverso il Golfo di Aden vi transitano la metà dei traffici commerciali, a mezzo di container e il 70 per cento del traffico di petrolio mondiali. Il governo di New Delhi ha ‘alzato le braccia’. Da ora in avanti la marina militare indiana ha l’ordine di non arrestare più i pirati somali che intercetta compresi quelli colti in flagrante ossia mentre attaccano un mercantile. Ai comandanti delle navi da guerra indiane è stato impartito l’ordine che, nel caso in cui dovessero catturare dei predoni del mare, si devono limitare solo a disarmali e metterli poi, in condizione di poter tornare sulla terraferma in Somalia. Nel dispaccio inviato ai vertici della Marina Militare indiana viene anche indicata la procedura da seguire. Una procedura che prevede che se la nave pirata non è più in grado di tenere il mare, i comandanti delle navi da guerra indiana hanno l’ordine di accompagnare i pirati in Somalia, dove saranno poi, lasciati liberi sulla spiaggia. Quella indiana di fatto equivale ad una resa incondizionata ai pirati somali.

 

Questo soprattutto dopo che la marina militare indiana aveva, nelle ultime settimane, intensificato la propria azione di contrasto alla pirateria marittima. Un aumento di attività che era stata indotta dal fatto che sempre di più mercantili legati, in un modo o in un altro, ad interessi indiani venivano assaltati dai predoni del mare. Oltre al fatto che un consistente numero di marittimi di nazionalità indiana, almeno 60, sono trattenuti prigionieri in Somalia. Le preoccupazioni per loro sono dettate soprattutto dal fatto che questi uomini di mare sono lavoratori e non sono soldati e non vanno a combattere una guerra e pertanto, non sono preparati a sopportare le angherie e le privazioni che invece, poi subiscono cadendo nelle mani dei pirati somali. Un’esperienza che poi segna la vita di molti di loro e dei loro familiari. In risposta a questa azione i moderni filibustieri somali, per nulla spaventati e basando la loro forza sulla spavalderia e la quasi certezza di impunità, per le tante ragioni finora sempre esposte in altri articoli, nelle ultime settimane hanno dato vita ad una escalation di assalti alle navi indiane. In sfida anche all’intera comunità internazionale e in ‘barba’ alla flotta navale militare che ha inviato nel mare al largo della Somalia per combatterli.

 

Però, soprattutto come forma di ritorsione verso l’India. Tanto è vero che ogni volta che nelle loro mani cadono marittimi indiani, costoro non hanno vita facile. Un motivo questo, di ulteriore preoccupazione in quanto oltre  il 10 percento del totale dei marittimi che lavorano per le compagnie di navigazione di tutto il mondo sono indiani e quindi sono esposti al rischio pirateria marittima. Come ad esempio i 17 marittimi indiani membri dell’equipaggio della petroliera italiana ‘Savina Caylyn’ ancora nelle mani dei predoni del mare dopo essere stata catturata lo scorso 8 febbraio nell’Oceano Indiano. Le trattative sono in corso e forse per fine mese potrebbe risolversi il tutto dopo, ovviamente, il pagamento di almeno una decina di mln di dollari come riscatto. Perché così andrà a finire, l’Italia pagherà eccome se pagherà! Finora hanno pagato tutti anche se ufficialmente alcuni Paesi come l’Italia hanno dichiarato di aver scelto di affrontare l’emergenza pirateria marittima con i metodi della trattativa diplomatica. Però, non è mai successo che i pirati abbiano rilasciato una nave e il suo equipaggio senza ottenerne in cambio il pagamento di un riscatto.

 

Anche se lo nega l’Italia ha finora sempre pagato! Per i marittimi indiani però, non sempre il pagamento del riscatto è equivalso al rilascio.  Come nel caso della MT Asfalto Venture e del suo equipaggio. Sebbene il 16 aprile scorso sia stato pagato il riscatto per il rilascio di nave e uomini i pirati somali non hanno ancora rilasciato 7 dei quindici membri dell’equipaggio perché di nazionalità indiana. Si sono poi, registrati anche casi in cui i pirati somali, dei membri dell’equipaggio della nave catturata, hanno trattenuti solo i marittimi indiani rilasciando tutti gli altri di diversa nazionalità. Uno di questi casi è quello relativo alla MV SUEZ  catturata insieme all’equipaggio il 2 agosto del 2010. I suoi sequestratori hanno poi, rilasciato un marittimo cingalese e 11 egiziani, senza un valido motivo, trattenendo invece, 4 pachistani e 6 indiani. Per questi ultimi i predoni del mare hanno chiesto un riscatto di 3,6 mln di dollari.

 

Questo porta a credere che questi marittimi non siano stati rilasciati se non nell’intento di voler far ‘pagare’ all’India il suo impegno nella lotta alla pirateria marittima. Purtroppo, danno nel danno, la scorsa settimana l’intera somma del riscatto è stata confiscata dal governo somalo all’aeroporto di Mogadiscio. Ora si teme per la vita dei sei marittimi indiani in mano ai banditi del mare da quasi un anno. Negli ultimi sette anni i predoni del mare somali hanno incassato milioni e milioni di dollari in pagamento come riscatto per ottenere il rilascio di navi ed equipaggi sequestrati al largo della Somalia. Ufficialmente il governo somalo si oppone al pagamento di questi riscatti ai pirati somali perché ritiene che i milioni di dollari dati ai pirati non fanno altro che alimentare la minaccia del fenomeno. Di recente il governo di Mogadiscio ha invece, chiesto alla comunità internazionale ulteriori aiuti economici per poter meglio combattere il problema della pirateria marittima sulla terraferma. I principali covi pirati si trovano lungo le zone costiere della Somalia. Decine di mercantili e diverse centinaia di marittimi di diverse nazionalità, tra cui anche europei, sono tuttora in mano ai pirati somali che chiedono in cambio del loro rilascio il pagamento di forti riscatti.  A fronte del fatto che il rilascio di ogni nave catturata è successiva solo al pagamento di un riscatto viene spontaneo chiedersi: perché ancora oggi si continua a tergiversare nel pagare i pirati somali facendo così durare inutilmente, i sequestri di ogni nave mesi e mesi?

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