Sabotata la Flotilla. Israele riprende l’assedio su Gaza

ROMA – Negli ultimi dieci giorni la morsa su Gaza da parte delle forze di occupazione israeliane è notevolmente aumentata, come lo è anche l’intensità dei raid: il governo di Tel Aviv vuole chiaramente rafforzare la sua immagine di potenza dopo la vicenda della Flotilla. Due palestinesi hanno perso la vita e nove sono rimasti feriti negli ultimi raid di Israele.

Ieri inoltre alcuni civili che tentavano di far rispettare i diritti di pesca dei Palestinesi sono stati minacciati dalla marina Israeliana a largo di Gaza. Il CPS (civil peace service) è un servizio civile di pace in acque territoriali palestinesi, composto da 10 internazionali che hanno ricevuto la dovuta formazione professionale per essere osservatori nelle acque di Gaza. Viaggiano su una barca di nome “Oliva” che accompagna i pescatori palestinesi, monitorizza e riporta le violazioni dei diritti umani alle parti e alla comunità internazionale.

Intanto ieri c’è stata a Roma un’assemblea per confrontarsi sulla vicenda della Flotilla. E’ emerso come non siano stati solo i governi israeliano e Statunitense a mettersi di traverso alla Flotilla, ma c’è stata la connivenza della maggior parte dei governi europei e non: dalla Grecia alla Francia, e dalla Turchia all’Italia.Vauro Senesi, che ha partecipato alla Flotilla tenendoci aggiornati e mantenendo una corrsipondenza sul quotidiano “Il Manifesto” ha fatto notare come, per fermare qualche centinaio di pacifisti, Israele ed i suoi alleati siano stati costretti ad una mobilitazione senza precedenti sul terreno politico, su quello della propaganda,su quello economico ed anche su quello militare. Per mesi, il governo di Tel Aviv ha dovuto spedire il premier ed i suoi ministri in giro per il mondo,  per negare ogni approdo alle navi della Flotilla, ha impegnato legioni di giornalisti e diplomatici nella guerra di propaganda, ha mobilitato i riservisti come se uno dei Paesi più armati e potenti del mondo fosse sotto attacco da parte di un formidabile esercito. Per fermare quelle navi, Atene è ricorsa ad una legge che si applica solo in caso di guerra.

Naturalmente il ricordo più intenso va a Vittorio Arrigoni, protagonista in prima fila l’anno scorso in occasione della prima Flotilla, che terminò con l’assassinio di nove attivisti Turchi da parte delle truppe speciali israeliane. A tre mesi esatti dalla morte di Arrigoni per mano di una cellula salafita estremista, si attendono i risultati delle indagini. Hamas non ha mantenuto la promessa di consegnare alla famiglia Arrigoni il fascicolo riguardante l’inchiesta sulla morte dell’attivista italiano. L’avvocato e legale della famiglia Arrigoni, Davide Tundo (per mesi a Gaza come consulente per il “Centro per i diritti umani”) ha raccontato come il fascicolo sia stato bloccato poco prima di essere consegnato a causa di una carenza legale (certi “timbri” ed una traduzione ufficiale della delegazione palestinese in Italia). A fermare il documento un funzionario di Hamas, dietro richiesta del procuratore capo. Evidente il non coinvolgimento di Hamas nell’omicidio di Arrigoni, sembra che esso voglia invece sfruttare tutta la vicenda per ottenere riconoscimenti politici.

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