OSLO – Breivik, l’uomo della strage dell’isola di Utoya, avrebbe chiamato la polizia, usando il telefonino di una vittima, per ben 10 volte dall’isola, durante la sparatoria, per offrire la sua resa. Lo ha dichiarato oggi il suo avvocato, Geir Lippestad. Questo apre nuovi scenari sul comportamento della polizia norvegese in quel tragico giorno. Molti si erano chiesti infatti se un intervento più rapido ed efficiente avrebbe salvato le vite di alcuni dei 69 ragazzi assassinati a Utoya.
Il legale ha narrato al quotidiano Aftenposten che Anders Behring Breivik ha cercato più volte di telefonare alla polizia, ma è riuscito ad entrarvi in contatto solo due volte. Breivik si sarebbe identificato come “comandante, usando anche il suo nome completo”, ha riferito l’avvocato Lippestad. Inoltre ha raccontato che il suo assistito voleva consegnarsi, e al telefono ha detto di volersi arrendere.
Per alcuni minuti, in attesa di essere richiamato dalla polizia, Breivik avrebbe sospeso la carneficina. Poi, dice l’avvocato, l’assassino, dopo essersi chiesto “se suicidarsi o continuare quella che chiamava la sua operazione, ha deciso di proseguire fino all’arrivo della polizia”.
Il quotidiano fa notare che alcune testimonianze concordano con queste affermazioni: alcuni sopravvissuti hanno parlato di una pausa negli spari. La polizia ha ammesso che esiste una registrazione che potrebbe essere di Breivik, ma non ha potuto o voluto confermare se vi siano state altre telefonate.
Proprio oggi il governo norvegese si è riunito per il suo consiglio settimanale e giornali norvegesi hanno già anticipato di una probabile commissione d’inchiesta, indipendente, per verificare la risposta delle autorità e della polizia durante i fatti drammatici del 22 luglio, in cui, tra il massacro di Utoya e la bomba di Oslo, morirono 77 persone.