Il si’ del parlamento al nuovo governo, scaturito dalle elezioni generali (legislative, presidenziali e municipali) del 6 maggio scorso, e’ giunto al termine di un dibattito in aula di quasi dieci ore, cominciato ieri sera dopo il discorso programmatico del premier Dacic e proseguito fino alle 5 di stamane.
Dacic – leader del Partito socialista serbo, lo stesso del defunto uomo forte jugoslavo Slobodan Milosevic, ma che si e’ notevolmente riformato in chiave piu’ democratica – ha illustrato ieri la sua piattaforma programmatica basata sull’accelerazione del processo di integrazione europea, il risanamento economico, il prosieguo del dialogo con Pristina per risolvere la crisi del Kosovo e gli sforzi di riconciliazione regione nei Balcani. ”Il nostro governo guarda al futuro e non al passato…La Serbia vuol essere fattore di pace e stabilita’ nei Balcani, risolvendo ogni disputa con metodi pacifici”, ha detto fra l’altro Dacic, che sara’ anche ministro dell’interno. Il nuovo governo, ha detto stamane in una intervista, non vuol essere ne’ filo-russo, ne’ filo-americano, ne’ filo-Ue, ma solo filo-serbo.
Il nuovo governo fra nazionalisti e socialisti – che sostituisce un’alleanza di centro-sinistra fra Partito democratico e lo stesso Partito socialista di Dacic (che era gia’ ministro dell’interno) – e’ formato da una coalizione a tre fra Partito del progresso serbo (Sns) del nuovo presidente Tomislav Nikolic, Partito socialista (Sps) di Dacic e Partito delle Regioni (Urs) di Mladjan Dinkic, che sara’ il nuovo ministro dell’economia e finanze. Agli esteri e’ stato designato Ivan Mrkic, un diplomatico di carriera, indipendente dai Partiti, alla Difesa Aleksandar Vucic, leader dell’Sns. L’integrazione europea e’ stata affidata a Suzana Grubjasic, dell’Urs.
Il nuovo governo – il 12/mo dall’introduzione a Belgrado del sistema multipartitico nel 1990 – conta 17 dicasteri e quattro uffici governativi: Kosovo, minoranze e diritti umani, chiese e affari religiosi, diaspora. L’opposizione ha protestato per l’abolizione del ministero per il Kosovo, segno a suo avviso di una minore attenzione per una questione di grande importanza nazionale.